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da: Ufficio Stampa MFE

Ci sono momenti nella storia dell’umanità in cui due visioni del mondo, due paradigmi, persino due stili di vita si incarnano in due persone. Di solito accade con i grandi testimoni di valori universali: Cristo o Barabba. Talvolta succede anche in politica, in special modo nei momenti rivoluzionari. Raramente nei confronti democratici tra leader attenti alle sfumature, alle mediazioni, ai compromessi.
Negli Stati Uniti la sfida tra Biden e Trump ha assunto questi connotati, probabilmente al di là della consapevolezza degli stessi protagonisti. Entrambi sono infatti il frutto del momento storico che stanno vivendo i sistemi politici dell’Occidente sotto la spinta del grande fenomeno della globalizzazione.
Per quattro anni Trump ha rappresentato l’alternativa illiberale, autoritaria, nazionalista e persino razzista. In tale veste ha trovato molti imitatori su entrambe le sponde dell’Atlantico. Biden non poteva che diventare il portabandiera della versione liberale, democratica, costituzionale e pluralista. Anche dopo le elezioni i due hanno recitato fino in fondo la loro parte: Trump proclamandosi vincitore prima dello spoglio completo dei voti, accettando come validi solo i suffragi in suo favore, rifiutando di ammettere la sconfitta e minacciando tutte le possibili azioni legali per sovvertire l’esito elettorale; Biden attendendo pazientemente i risultati delle urne, considerando l’altro candidato come avversario e non come nemico ed infine dichiarando, una volta ottenuta la vittoria, di voler essere «un presidente per tutti gli americani, che voi abbiate votato per me o meno».

Nel 2019 le elezioni europee hanno segnato una prima sonora sconfitta del nazionalismo sovranista ed hanno creato le condizioni per una efficace risposta europea alla crisi sanitaria ed economica. A poco più di un anno di distanza, sull’altra sponda dell’Atlantico le forze reazionarie hanno ricevuto una seconda batosta. Alla fine del Settecento in un breve volgere di anni la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese misero fine all’Ancien Régime. A più di due secoli di distanza si ripresenta ora un’occasione straordinaria per far valere le ragioni della democrazia, dello stato di diritto, della società aperta e del multilateralismo come modello per il mondo intero. Con le decisioni già annunciate dal nuovo Presidente c’è motivo di credere che gli Stati Uniti riprenderanno quella strada. Se l’Unione europea non farà la sua parte, c’è il rischio che il fenomeno Trump non sia stato solo una parentesi. L’ampio consenso di cui ancora gode nella società americana è lì a ricordarcelo. Solo completando la sua unificazione, l’Europa contribuirà a sconfiggere nel suo seno e nel mondo intero i seguaci del tycoon americano.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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