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Da: Gruppo PD Ferrara

PREMESSO CHE:
Patrick Zaki è un ragazzo egiziano di 27 anni, attivista e studente. Nel settembre del 2019 si era trasferito in Italia per frequentare un master internazionale in Studi di Genere presso l’Università Alma Mater Studiorum diBologna. Lavorava, inoltre, come ricercatore per i diritti umani e di genere all’EIPR – Egyptian Initiative for
Personal Rights, un’organizzazione egiziana che dal 2002 si impegna per rafforzare e proteggere i diritti e le libertà fondamentali in Egitto.
Lo scorso febbraio aveva deciso di approfittare di un breve periodo di vacanza e fare ritorno per qualche giorno in Egitto dalla sua famiglia e dai suoi amici. Il 7 febbraio, tuttavia, non appena atterrato all’aeroporto del Cairo veniva arrestato in assenza di apparenti motivi, trattenuto per 24 ore senza che ne fosse data notizia ai familiari, interrogato ed infine incriminato. L’accusa è quella di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione” per aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, per aver incitato proteste contro l’autorità pubblica, per aver utilizzato i social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza
pubblica e per aver istigato alla violenza ed al terrorismo. Eppure Patrick era soltanto uno studente ed un attivista che difendeva i diritti umani.
Successivamente al suo arresto è stato trasferito a Mansoura e poco dopo nel carcere di Tora, dove si trova tutt’ora in stato di custodia cautelare. Durante tale periodo – riferiscono i legali del giovane e l’EIPR – Patrick Zaki è stato minacciato, picchiato, torturato e sottoposto all’elettroshock. È in questo modo che la macchina della repressione egiziana reprime il dissenso. Un recente rapporto di Amnesty International, intitolato “Stato di eccezione permanente”, riferisce di continue violazioni dei diritti umani da parte delle autorità egiziane nei confronti di attivisti, giornalisti, ma anche semplici cittadini, di arresti e detenzioni arbitrarie che durano mesi e talvolta anni senza che si giunga ad un processo, di complicità delle autorità nella tortura, in omicidi e sparizioni forzate, come è accaduto a Giulio Regeni.
Dal 7 febbraio sono trascorsi oltre tre mesi e Patrick Zaki si trova ancora privato della propria libertà personale per aver espresso le sue idee e le sue opinioni. Nel corso di queste settimane le udienze che dovevano decidere sulla continuazione del suo stato di detenzione hanno subito continui rinvii, legati soprattutto al fatto che in Egitto l’attività giudiziaria è ferma a causa del coronavirus, e solo nell’udienza del 7 maggio (la quale si è svolta senza che fossero presenti l’imputato ed i suoi avvocati) è stato disposto un rinnovo della custodia cautelare in carcere. Proprio il coronavirus, inoltre, a causa dell’asma di cui è affetto Patrick Zaki, rischia di rappresentare un ulteriore pericolo se si considera che in carcere il rischio di contagio è più alto.
La storia di Patrick Zaki parla a tutti noi anche della sconvolgente storia della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni, ferita tuttora aperta, e ci ricorda di come in Egitto il dissenso e la libertà d’espressione vengano repressi col sangue, la violenza e la cancellazione dei diritti.
CONSIDERATO CHE:
Patrick Zaki ama il nostro Paese, aveva deciso di vivere in Italia, di conoscere la nostra cultura, di studiare a Bologna e formarsi nelle nostre università, pertanto concedergli la cittadinanza italiana – come da settimane chiedono numerosi intellettuali, giornalisti, accademici e parlamentari – potrebbe contribuire a fermare le
torture, restituirgli la libertà e salvargli la vita;
Alla luce di questa tremenda vicenda e nel tentativo di esercitare pressioni su chi oggi ha la responsabilità ed il compito di provare a salvare la vita di Patrick, sarebbe un atto doveroso, significativo e dal forte impatto difendere i diritti politici, i diritti individuali, la libertà di pensiero e di espressione di Patrick Zaki e concedergli la cittadinanza onoraria del Comune di Ferrara;
Altre città, Bologna per prima, seguita da Milano, Napoli e altre (circa 70 in tutta Italia) hanno avviato il percorso per il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Zaki, sul presupposto che ciò testimoni il riconoscimento dei valori di libertà di studio, di libertà di pensiero e di libertà alla partecipazione pubblica
propri del nostro paese e delle istituzioni che lo rappresentano;
RITENUTO CHE
In alcun modo debba venire meno la volontà del Governo Italiano di difendere i diritti umani, valutando la possibile sospensione degli accordi di fornitura militare in assenza di risposte immediate e concrete da parte del Governo Egiziano anche rispetto alla ricerca della verità per l’omicidio di Giulio Regeni; il conferimento della cittadinanza onoraria a Patrick George Zaki – oltre a essere un importante; attestato di vicinanza a un giovane ricercatore dell’Università di Bologna, impegnato in importanti iniziative a favore dei diritti umani – è anche un segnale di solidarietà e vicinanza nei confronti di tutti coloro che, in molte Nazioni con governi dittatoriali e antidemocratici, vengono ingiustamente detenuti e condannati in quanto anche solo semplicemente sospettati di far parte di associazioni e movimenti che si battono per i diritti civili e politici.
IL CONSIGLIO COMUNALE INVITA IL SINDACO E LA GIUNTA
Ad attivare le procedure necessarie al fine di concedere la Cittadinanza onoraria del Comune di Ferrara a Patrick Zaki.

Le consigliere e i consiglieri:
Gruppo PD:
Ilaria Baraldi
Francesco Colaiacovo
Anna Chiappini
Davide Bertolasi
Caterina Ferri
Deanna Marescotti
Simone Merli
Aldo Modonesi
Mauro Vignolo
Gruppo Azione Civica – Roberta Fusari
Gruppo Gente a Modo – Dario Maresca

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Valentina Ferraro


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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