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L’idea di parlare dell’ex Congo belga, ex Zaire, attuale Repubblica Democratica del Congo, mi è venuta una sera di tanti anni fa, di rientro da un viaggio di lavoro in Nigeria, quando mi sono ritrovata a sfogliare un interessante articolo di un colorato giornale patinato italiano, non ricordo se proveniente direttamente dall’aereo che mi aveva riportato in Italia, se acquistato all’ultimo momento all’aeroporto di Linate o se semplicemente abbandonato sul mio tavolino milanese di finto cristallo sommerso dalle riviste. Fatto sta che, fra le pagine di un giornale pieno di slanciate fotomodelle, eleganti attori e noti personaggi televisivi, faceva capolino un articolo sui “bambini maledetti di Kinshasa”. Attratta ormai da qualche tempo dall’Africa e dai suoi misteri, leggevo curiosamente e avidamente (pure un po’ spaventata) quelle cinque pagine che portavano il lettore in un mondo terribile, oscuro, incredibile, e quasi fantascientifico.
Certo, fra le foto degli “enfants-sorciers” e quelle dei pastori esorcisti venivano maldestramente piazzate una pubblicità di gioielli e una del profumo “Very Valentino”. Un accostamento non proprio azzeccato, direi imbarazzante, ma la logica dei pubblicitari e di chi vuole vendere non è sempre quella che ci aspettiamo. Dicevo, dunque, che mi lanciavo nella lettura per scoprire il terribile fenomeno dei bambini stregoni della RDC.

Partenza da Kinshasa
La storia non è nuova, se ne è parlato spesso. A Kinshasa, soprattutto, molti bambini vengono accusati di stregoneria (“sorcellerie”), una maniera di spiegare disgrazie, dolori e sciagure che si abbattono quotidianamente su alcuni nuclei familiari disgraziati e diseredati. Quando non si riesce a fornire una spiegazione adeguata e ragionevole ai mali fisici, alla disoccupazione, alla povertà o ad altro evento sfortunato, spesso si accusano i figli piccoli della famiglia di possedere oscuri poteri occulti, di fare dei sortilegi, di trasformarsi di notte in animali malvagi, di essere insomma la vera causa della sventura domestica. E così questi bambini stregoni vengono picchiati e gettati per strada. Per le vie di Kinshasa, megalopoli di oltre 10 milioni di abitanti, i giovani vagabondi (“sheguè”) sono più di 30.000 e quasi tutti sono accusati di stregoneria. Una vera tragedia nella tragedia, una voragine in un paese già travolto da violenza e guerra. Abbondano i gruppi religiosi che cercano di “salvare questi indemoniati dalle fiamme dell’inferno”, per usare le parole del Pastore Onokoko, uno dei tanti esorcisti impegnati in un’operazione tanto assurda. Anche pensare di poter agire così giustifica, in qualche maniera, la credenza popolare in questa forma di stregoneria difficilmente comprensibile, non tanto nella nostra qualità di europei quanto di uomini moderni e ragionevoli. Ma anche questa è la complessa Africa, il continente di quei brusii, mormorii e cantilene uditi aldilà dei muri e delle recinzioni dove noi europei spesso lavoriamo, barricati dentro e risvegliati solo dall’odore dell’incenso.

bambini Congo
Bambini congolesi

Storie simili sono ormai all’ordine del giorno a Kinshasa e l’esistenza di questi bambini è ormai entrata a far parte della cultura popolare. C’è anche chi, come il cantante Papa Wemba (nome d’arte di Jules Shungu Wembadio Pene Kikumba), li fa salire sul palco in una sorta di provocazione pubblica che denuncia il fenomeno e esorta a credere in un destino più fortunato. E ci sono le ONG come “Save the Children” o i missionari italiani di Padre Daniele Lattuada (morto nel 2005), i Padri Bianchi che ospitano, nel centro congolese Simba Ngai (www.simba-ngai.org), bambini maltrattati e abbandonati. Stregoni di oggi, che sventura. Un’epidemia di furore superstizioso e di paura che distrugge vite giovanissime. Ma il fenomeno di oggi è anche in qualche modo collegato al passato, al momento del colonialismo europeo, belga per la precisione. Almeno nella sua dimensione di oscurità.

Gli stregoni di Conrad e di Coppola, ma non solo

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Cuore di tenebra di Joseph Conrad

L’epoca del colonialismo belga, i temibili stregoni di allora. Ci torna alla mente il 1885, gli anni in cui è ambientato il libro-cult “Cuore di tenebra”, di Joseph Conrad. Ho letto il libro con interesse e avidità, ho ripercorso su una canoa immaginaria il fiume Congo insieme all’ucraino di genitori polacchi Josef Teodor Kornad Korzeniowski (il vero nome di Conrad) e al suo Marlow, il marinaio. Ho quasi rivisto la verde e lussureggiante foresta, i suoi misteri e le sue tenebre. Ho parlato con il mercante d’avorio Kurtz, divenuto una divinità per gli indigeni, gli ho parlato poco prima che morisse colpito da una grave malattia, ho discusso con un uomo travolto dall’orrore della società in crisi del sovrano belga Leopoldo II. Ho quasi visto il nulla negli occhi di quel Kurtz che, preso da deliri di onnipotenza e travolto dal mondo “selvaggio” africano, si fa adorare come dio dai colonizzati e che, dopo averne adottato usi e costumi, muore, nel percorso verso casa, pronunciando le parole “l’orrore! L’orrore!”, quasi a volerci dire che, in quella solitudine selvaggia africana, la sua anima aveva guardato dentro di sé e, così facendo, era impazzita. Quel Kurtz mi ricorda qualcosa…

Apocalypse now
La locandina di Apocalipse now di Francis Ford Coppola

Il capitano Willard di “Apocalipse Now”? Certo, nel famoso film del regista italo-americano Francis Ford Coppola con Martin Sheen e Marlon Brando, Willard è incaricato di recuperare e, se necessario di uccidere, il capitano Kurtz, un disertore che ha creato nella foresta cambogiana un regno basato sull’idolatria della sua persona. Poco dopo, eccomi però in un negozio di fumetti alla ricerca dell’avventura dell’Agente Speciale Alfa Nathan Never, nel suo episodio “cuore di tenebra” (il n. 27 per gli appassionati e i curiosi). Faccio conoscenza con Bepi Vigna, autore dei testi di Nathan Never (i disegni sono di Stefano Casini e Claudio Castellini) e affezionatissimo alla sua creazione “cuore di tenebra”, dove Nathan si avventura con Marlowe (il nome non ci è nuovo…) nelle regioni tropicali del Margine alla ricerca del dottor Korzeniowsky (rieccoci). Lo scienziato anni prima conduceva, per un’industria farmaceutica occidentale, importanti ricerche su un nuovo vaccino per combattere la terribile malattia della kallentura e aveva trovato la soluzione miracolosa nei fiori di gromeliacea; dopo essersi dileguato nel nulla, ora si fa chiamare Amor Fati. Nathan lo trova ma, a differenza del Willard di Coppola, lo lascia vivere, facendo intravvedere una speranza di riscatto. È curioso e intellettualmente interessante passare da Conrad a Coppola a Vigna della redazione milanese della Bonelli, casa editrice del fumetto di Nathan Never. Legami, intrecci strani.

Nathan Never
La copertina di Nathan Never

Quegli stregoni passati fantasiosamente nel cinema e nei fumetti si incontrano con i presenti, in un filo conduttore sparso qua e là in una maniera un po’ disordinata ma costante. Chissà che quei poveri bambini stregoni non abbiano incontrato la salvezza in Nathan e che il cerchio si chiuda…

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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