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Al rientro in Italia chissà se Renzi ha provato una qualche invidia per quel Paese, di fronte all’inverecondo spettacolo apparecchiato in men che non si dica dal circo Barnum che da sempre accompagna il Nostro ex cavaliere. L’Italia intera dopo la sentenza Ruby gli deve le scuse. Anzi Berlusconi santo subito. Per certi giornalisti, politici e “ politologi”, opinionisti un tanto al chilo, è la rivincita contro i “giustizialisti” che in questi anni hanno denunciato come soldi da Mediaset siano stati indirizzati alla mafia, a uomini politici, a giudici corrotti si sia attinto a fondi neri e praticato l’evasione fiscale.
Il Cerchio Magico che da sempre ha contornato e tutt’ora circonda il Cavaliere è composto da prostitute, affaristi, maneggioni, ricattatori etc. Tutta gente che alle parole etica o legalità viene colta da attacchi di orticaria. Fanno di tutto, costoro, per abbassare l’asticella già non altissima degli italiani sul rigore morale ed il rispetto istituzionale che il resto dell’Europa tiene invece ben fermo. Il nostro pimpante presidente del Consiglio ha voluto dire la sua scivolando su di una buccia di banana (del resto era in Africa). Ci ha immediatamente fatto sapere che anche in presenza di una condanna sul caso Ruby lui sarebbe andato avanti con il cavaliere “perché politica e giustizia debbono stare distinte”. Una enormità che non sta né in cielo né in terra!
A smentirlo basterebbero le reazioni del Cavaliere e del suo seguito che subito si sono dati da fare per portare all’incasso politicamente una assoluzione cui non si sarebbero giocato un euro. Ora ventre a terra per la grazia, prodromica alla “agibilità politica” per una nuova destra, per una ”riforma” della giustizia (di rito berlusconiano) etc.
E’ tutto un rifiorire di proposte per imporci di nuovo il caro leader. Verrebbe da dire: Renzi ci sei o ci fai? Qualunque cittadino venisse colpito da una severa condanna o esibisse una biografia come quella del cavaliere sarebbe emarginato dalla parte sana ed onesta della cittadinanza. Renzi rammenti il vecchio e saggio detto popolare: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
Le riforme innanzitutto e sopratutto. Anche se gli interlocutori sono Belzebù-Verdini (che ha più procedimenti giudiziari che capelli in testa) e quel Berlusconi che vuole riformare la Costituzione perché “troppo comunista” e che tranne una volta, rifiutò sempre di celebrare quel 25 aprile da cui essa ha attinto i suoi valori fondanti. Le regole vanno scritte con tutti. E’ il leit motiv ossessivo. Ma la domanda sorge spontanea, come il dubbio: se i miei interlocutori sono quelli sopra descritti siamo in presenza di riforme o controriforme? Altro pezzo forte: Berlusconi rappresenta sei milioni di italiani, quindi vanno coinvolti. Per Renzi un assioma.
A parte che l’uomo di Arcore ne ha persi in questi anni più della metà di elettori e sarebbe interessante discutere sui valori, le aspettative, le richieste di quelli che sono rimasti e su quale tipo di Paese hanno in mente (mi corre un brivido), per la storia ricordo che la rappresentatività di cui Berlusconi si è sempre fatto forte per chiedere un codice penale ‘ad personam’ è strettamente collegata alla qualità della stessa che prevede la diversità, ma mai contro o fuori della Carta Costituzionale.
Mussolini a metà degli anni “30 era più che mai – purtroppo – ‘rappresentativo’ del Paese. Gli antifascisti però non avvertivano la necessità di dialogare. I monarchici ebbero al referendum quasi più di 10 milioni di voti ma la Costituzione fu promulgata senza di loro. Anzi essa decretò l’esilio del Re e dei suoi familiari. Resto del parere per il bene dell’Italia che Berlusconi vada indebolito non rafforzato. Sinora però caro Renzi… Del presidente del Consiglio ammiro il dinamismo. Ho votato per lui alle primarie. La voglia di fare, innovare. Ne ho avuto abbastanza dei fallimenti della sinistra in questi 20 anni. Ma adelante Matteo con juicio. L’unità con Forza Italia si dice che c’è. Vedremo poi su cosa. Per intanto il Paese è spaccato.

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Paolo Mandini


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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