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Nell’anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini

Piero Paolo Pasolini poeta visionario, giornalista e regista italiano nacque a Bologna il 5 maggio del 1922 da una maestra e da un tenente di fanteria. Si iscrisse a soli 17 anni alla Facoltà di Lettere e si laureò, con una tesi sulla poesia di Pascoli, con il massimo dei voti.

Iniziò da questo momento a lavorare con disperata passione e vitalità ponendosi interrogativi autentici sulla realtà sociale. Dedicò tutte le sue energie per cogliere gli aspetti più significativi della nostra cultura, la quale secondo il nostro poeta, aveva subito una profonda rottura con la tradizione e per tale ragione stava modificando i principi educativi, la propria religiosità e il linguaggio.

Nessuno più di Pasolini ha raccontato lo stordimento e le fragilità dell’uomo del dopoguerra che, per reagire ed andare avanti, ha scelto di pagare un prezzo troppo alto: l’annientamento dell’io e la prigione dell’omologazione di massa.

Il poeta profetico, senza alcun timore reverenziale nei confronti dei grandi della poesia che nei secoli scorsi avevano iniziato, sviluppato e concluso la Questione della lingua, individuò nel boom economico, santificato dalla logica produttiva del progresso, il vero responsabile della nascita di una neo-lingua che stava minando la semantica e la sintassi fino a semplificare e appiattire il nostro linguaggio. E questo non lo potava sopportare, il romantico difensore dei latinismi e delle sfumature dialettali. Allora come uno strillone disperato, iniziò un lavoro di protezione della lingua italiana e insieme ad essa della cultura di un’Italia smarritissima nella sua corsa verso il futuro.

E oggi, di fronte all’Opera magna di un intellettuale così completo rischiamo davvero di smarrirci anche noi, sovrastati dalla sua lungimiranza, dalla sua forza, dalla sua tenerezza, dal suo dolore, dalla sua tolleranza.

Quaderni rossi, Pagine involontarie, Il romanzo di Narciso, ma soprattutto La meglio gioventù e Ragazzi di vita sono solo una piccola parte di opere nelle quali Pasolini ha consegnato il suo talento profetico. Accanto a queste pagine vi sono poi pellicole cinematografiche alle quali, anche oggi, la critica non smette di dedicare la sua attenzione per lo straordinario messaggio profetico di cui sono portatrici. Tra queste, Uccellini e uccellacci e Medea occupano, senza dubbio, un posto di rilievo.

Il suo “fiuto sociologico” ha raggiunto certamente il punto più alto con Alì dagli Occhi Azzurri, la poesia per la quale gli è stato attribuito l’appellativo di profeta.

“Alì dagli occhi azzurri / Uno dei tanti figli / Scenderà da Algeri, su navi / A vela e a remi. Saranno / Con lui migliaia di uomini / Coi corpicini e gli occhi…”

Questa poesia del 1964, dedicata a Jean Paul Satre, sembra l’esatta descrizione di uno dei tanti drammatici sbarchi dei migranti che sperano di raggiungere il Bel Paese.

Pasolini è stato davvero l’unico poeta a narrarci, attraverso questo lampo onirico, il presente che stiamo vivendo, nel quale il gap tra mondo industrializzato e Terzo mondo impedisce qualsiasi forma di dialogo. E allora forse non c’è nemmeno più posto per un Dio portatore di amore, ma solo di uomini scellerati e ciechi, reietti e trionfatori, miseri, senza Cristo, senza fede. Ma nella loro imperfezione, uguali, vicini e capaci di comunicare e di guardarsi negli occhi.

Il 2 novembre del 1975 Pasolini fu ucciso da un ragazzo di 17 anni, Pino Pelosi, che la Giustizia indicò come unico responsabile dell’omicidio. Solo di recente, grazie alle inchieste del giornalista regista David Greco, la morte di Pasolini è uscita da quell’ombra che la relegava a un rapporto sessuale finito male.  Solo da pochi anni la sua morte viene letta, e non da tutti, come la tragica fine di un uomo vittima di un complotto a causa delle sue idee sul potere contemporaneo, delle sue accuse verso la classe dirigente dell’epoca e delle sue inchieste letterarie e cinematografiche che facevano aumentare la lunga lista dei suoi detrattori.

Il CNDDU, convinto sostenitore della rivalutazione dell’Opera di Pasolini nella scuola pubblica italiana, oggi vuole ricordare l’ultimo grande poeta del ‘900 italiano, come un uomo che mai è stato distratto dall’umanità che ha cercato di raccontare, con autenticità e disperazione. E in un mondo in cui è sempre più difficile piantare semi di tolleranza, amore e umanità, perché sempre più aridi sono i terreni, riteniamo che sia fondamentale ricordare questo autore e riflettere sul messaggio profetico che ha consegnato ai posteri.

Invitiamo, quindi, i docenti della scuola italiana a commemorare, in questa settimana, il poeta visionario che ha ancora tanto da raccontarci. L’hashtag è #InsiemeConAlì

Rosa Manco

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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