Skip to main content

Dal 30 luglio 2020 al 30 luglio 2021 il nostro Pianeta ha vissuto quasi 100.000 situazioni di conflitto, tra sommosse, scontri armati, proteste, violenze contro civili, attentati. Per l’Italia, l’ACLED ha registrato 184 scontri totali, ma nessuna vittima. Ben diversa la situazione in altri Paesi, come il Myanmar, dove oltre 3.200 situazioni di conflitto hanno causato quasi 3.500 morti dopo il colpo di stato della giunta militare, o il Messico, dove la violenza è di casa e nell’ultimo anno ha causato oltre 8.000 morti” (Fonte: Focus Storia Qui).

La situazione in Ucraina è molto difficile se non drammatica, la guerra è alle porte, anzi è iniziata, e la popolazione spaventata e pronta alla difesa armata. Il discorso di lunedì sera di Putin era prevedibile visto che aveva già definito l’Ucraina “Colonia dell’Occidente” e affermato che in realtà i suoi governi sono solo governi-fantoccio. Con quel discorso il presidente russo ha riconosciuto le regioni separatiste di Dontesk e Lugansk, che sono aree cuscinetto tra Ucraina e Russia.

In passato Putin aveva già inviato soldati nel Donbass in “missione di peacekeeping” e impresso una inevitabile accelerata all’escalation della crisi ucraina. Nel Donbass il conflitto fra ucraini e filorussi è aperto senza sconti (sono già morti due soldati di Kiev).

I mercati azionari sono crollati, mentre l’Occidente spera di indurre la Russia a maggior cautela, giocando la carta delle sanzioni. Intanto l’Ucraina è pronta alla “resistenza”, i carrarmati russi si stanno spostando per circondarla e la NATO sta inviando le sue truppe nelle basi militari dei paesi confinanti.

La crisi tra Russia e Ucraina non è scoppiata all’improvviso, ma è il risultato di un contrasto che dura da otto anni, da quando nel 2014, dopo la Rivoluzione di Euromaidan, culminata con la cacciata dell’allora presidente Janukovyč, Mosca ha invaso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale.

Un clichè già visto, una escalation di soprusi e violenza già visto, la guerra con tutto il suo orrore già vista. Eppure siamo ancora lì, tutti attoniti di fronte a un conflitto armato che sembra inevitabile quanto incomprensibile, che sembra decisa all’ultimo momento in maniera verticistica e, di fatto, non voluta da nessuno. Sicuramente non voluta dalla gente di quei territori che non riesce nemmeno più a dormire di notte.

Sta aumentando in maniera esponenziale la vendita di psicofarmaci, che aiutano a riposare, a non cadere vittima di disturbi nervosi, che diminuiscono drasticamente la possibilità di sopravvivenza in quelle terre di nessuno, dove i potenti della terra giocano con i loro arsenali mortali.

Nella Seconda Guerra Mondiale sono morti in Russia 8.000.000 di militari e 17.000.000 di civili, per un totale di 25.000.000 di persone. È morto quasi il 15% della popolazione totale, che era di 168.500.000 individui (Fonte: Wikipedia Qui).

Sono cifre esorbitanti che fanno pensare alla atrocità della morte per scontri armati, al fatto che la guerra non risparmia nessuno, che la deprivazione e la paura che da essa si genera riguarda tutti e che il numero di civili morti è sempre altissimo. Bambini dilaniati dalle bombe, la cui sepoltura nella terra non potrà dar pace a nessuno. Né a chi quella guerra l’ha voluta, né a chi l’ha solo subita.

La spesa militare mondiale è raddoppiata dal 2000 ed è in aumento in quasi tutti i paesi del mondo, ci si sta avvicinando ai duemila miliardi di dollari l’anno. I governi si sentono obbligati ad aumentare le proprie spese militari perché altri governi, percepiti come avversari, aumentano le loro.

Questo “tenersi testa” causa una continua corsa agli armamenti, con un costo immenso. Nello scenario peggiore, è un percorso che porta a conflitti devastanti.
Nello scenario migliore, è un colossale spreco di risorse.

Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), l’istituto che stila la classifica di tutti i paesi in base agli investimenti fatti nel campo della Difesa, nel 2020 la spesa militare nel mondo è aumentata del 2,6%, arrivando a 1.981 miliardi di dollari. In Italia la spesa per le armi ha superato i 25 miliardi di euro l’anno.

Faccio fatica a farmi un’idea di quanti siano tutti quei soldi, se non provando a paragonarli a qualcosa di simile e mi viene in mente Microsoft. La “capitalizzazione di mercato” di Microsoft è vicina al traguardo di 2.000 miliardi di dollari, mentre Amazon è sulla buona strada per diventare tra un anno la prossima azienda a raggiungere l’obiettivo dei duemila miliardi di dollari di capitalizzazione.

Secondo L’International Institute for Sustainable Development (IISD), che è un premiato think-tank indipendente che lavora per creare un mondo in cui le persone e il pianeta prosperino, con 12,5 miliardi di dollari l’anno (un terzo di quello che si spende ogni anno per le armi), sparirebbe il problema della fame nel mondo.

La corsa agli armamenti fa paura, il nostro pianeta è pieno all’inverosimile di armi fatte apposta per uccidere. Quando le armi per uccidere sono così tante, qualcuno sicuramente le userà. La nostra povera terra è popolata da mostri di metallo, che noi chiamiamo comunemente “carri-armati”, pronti ad invadere territori etichettati come nemici e a distruggere tutto quello che trovano sul loro cammino: vegetazione, animali, acqua e aria, persone e futuro di tutti.

L’unica strategia possibile per uscire da tutto ciò è lo stop della corsa agli armamenti, è un accordo fra tutti i potenti per diminuire la produzione e l’uso delle armi, a favore di coltivazioni, allevamenti e relazioni sostenibili, a favore dell’uso verde e pacifico di tutte le risorse, compresi i cervelli umani che usati bene possono fare tanto bene e, usati mali possono fare tanto male.

Credo che a questo proposito non si possa che citare Don Milani e la sua disputa con i cappellani militari. Si può riassumere il suo pensiero riportando una delle sue frasi più celebri:

Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.”
(Tratto dalla Lettera ai cappellani militari – L’obbedienza non è più una virtù)

Se i potenti della terra vogliono continuare a produrre armi, devono anche trovare il modo di venderle, e per trovare il modo di vendere così tante armi tutti i mezzi possibili devono essere legittimati.

Le armi servono per la difesa? La difesa che uccide è una difesa che verrà uccisa. Se spari l’unica cosa che ti puoi aspettare è che qualcuno sparerà a te. Se offendi qualcuno lui ti offenderà, se abbandoni una persona l’avrai persa per sempre … la catena deve essere spezzata, e per fare questo bisogna partire dai comportamenti quotidiani, dalla capacità che abbiamo tutti di essere altruisti e comprensivi oppure egoisti e indifferenti.

Ogni giorno della nostra vita è così, ogni momento della nostra vita è così. In tutto questo c’entra l’educazione alla pace e al rispetto, un senso di comunità allargata e tollerante come strada primaria verso la crescita, come tramite per il confronto.

Per continuare a vendere armi bisogna trovare il modo di fare la guerra (guerre piccole tra ragazzini, guerre grandi tra generazioni, guerre enormi tra Stati), altrimenti non si riescono a mantenere gli standard di produzione e vendita attuali.

Mi chiedo quanta consapevolezza ci sia sul fatto che, fino a quando si continuerà a produrre armi, si continuerà a fare la guerra, si troverà sempre il modo di innescarne di nuove, sempre più aggressive e pericolose per intere popolazioni se non per l’intero pianeta.

Attualmente la Russia è il paese con la maggiore dotazione di carri-armati militari: 15.398. Questo si spiega col fatto che la Russia, uno dei più grandi paesi al mondo, ha oltre 12.000 miglia di confine da proteggere, tutto su terra.

La forza MBT del paese è attualmente in stato di guerra, i T-90 avanzati, i T-54, i T-64 e i T-72 sono in servizio. Il nuovo MBT della Armata Universal Combat Platform ha una torretta di cannoni telecomandata. (Qui). Con questa dotazione, la Russia ha enormi potenzialità di invasione via terra.

Con vicini come il Messico e il Canada, gli Stati Uniti non sono preoccupati della minaccia di una possibile invasione di terra. Non è utile e nemmeno pratico, per un Paese come gli USA, mantenere una MBT grande come quella della Russia, mentre è più strategico allargare e continuare a potenziale la forza aerea.

Ciò non significa che gli USA non siano ben equipaggiati con veicoli militari, gestiscono infatti ancora migliaia di carri armati in tutto il mondo. Con 8.850 mezzi a disposizione, gli Stati Uniti hanno un terzo della MBT del mondo. Il paese è dotato del pauroso M1-Abrams e di molte sue varianti. Il carro armato più recente è l’M1A3-Abrams, che può rivaleggiare con l’ MBT più avanzata al mondo, quella della Corea del Sud, nota per i suoi K2-Black-Panther.

Solo pensando ai Black Panther mi vien da piangere e credo ci siano tutti i motivi per essere da una parte molto preoccupati e dall’altra consapevoli di quanto sia necessaria una inversione di rotta e una strategia di disarmo, che possa salvare il mondo.

tag:

Catina Balotta

Sociologa e valutatrice indipendente. Si occupa di politiche di welfare con una particolare attenzione al tema delle Pari Opportunità. Ha lavorato per alcuni dei più importanti enti pubblici italiani.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it