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Oggi si parla sempre di più di crowdfunding, uno strumento utile che non tutti conoscono. Il crowdfunding, o finanziamento collettivo (dall’inglese crowd, “folla”, e funding, “finanziamento”), affonda le sue radici nella micro-finanza ed è un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio danaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. È, in sostanza, una pratica di micro-finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Potrebbe essere riassunto con alcuni concetti base che lo caratterizzano: strumento democratico di cooperazione per produrre valore sostenendo un processo creativo, finanziamento trasparente di idee e progetti, strumento indipendente, vettore di partecipazione qualificata, luogo di scelta della comunità, voce della rete, nuova opportunità per raccontarsi in modo creativo, espressione di chi ha idee ma non sempre i mezzi, colletta strutturata, modo per fare della solidarietà un vettore di produzione e di formazione culturale, soluzione a un sogno nel cassetto, segno di fiducia, un’espressione di emozione, un riscatto, un’innovazione sociale, una nuova frontiera.

Le tipologie di crowdfunding
Le più diffuse sono le “donation-based” (donazioni senza premio) e le “reward-based” (donazioni con premio) anche se in Italia si sviluppano sempre di più quelle ibride, ossia che prendono elementi dell’una o dell’altra. Il “donation-based crowdfunding” è utilizzato principalmente da organizzazioni no profit per sostenere le proprie cause e non prevede ricompense per i donatori se non generici ringraziamenti. Il “reward based crowdfunding”, invece, viene utilizzato per finanziare progetti, idee, eventi e, in alcuni casi, anche progetti personali e prevede delle ricompense ossia premi articolati su più livelli di contributo, che vanno da pochi euro a decine, centinaia, migliaia, a seconda delle dimensioni della campagna e della cifra che si vuole raggiungere. Una campagna normale, che va dai tre ai sei mesi, prevede tra i sei e gli otto premi. Le piattaforme si distinguono poi in “all or nothing” (tutto o niente) e “take it all” (prendi quello che c’è): nel primo caso, affinché il progetto sia finanziato occorre raggiungere l’obiettivo economico prefissato, per intero; mentre, nel secondo caso, si riceve comunque l’importo raccolto durante la campagna, anche se l’obiettivo non viene raggiunto. Non basta, però, creare una bella campagna e attendere i contributi: bisogna progettarla, seguirla, promuoverla, monitorarla, insomma curarla. Servono impegno, motivazione, costanza e, soprattutto, la creazione di una “community” che non solo sostenga con un contributo economico ma che ne parli, ne discuta, suggerisca e contribuisca in modo concreto alla campagna. Un vero “brain-storming” collettivo.
La creazione della campagna stessa, inoltre, è un momento complesso. Si devono individuare bene gli obiettivi, comprendere la strategia per coinvolgere un pubblico già sommerso dai messaggi della rete, definire i tempi (giusti e precisi), scegliere premi che siano in linea con il progetto stesso, trovare chi li metta a disposizione, preparare un video di presentazione che sia accattivante e convincente, individuare la piattaforma più adatta. Anche questa scelta è molto importante. Forse una delle più importanti. Oltre ad un’assistenza base, le piattaforme più attive si stanno attrezzando per fornire attività di supporto al progettista (anche tramite dettagliata descrizione dei servizi sul sito), contatti e collaborazioni con associazioni e comunità locali, percorsi formativi, campagne di comunicazione on e offline.

Le principali piattaforme di crowdfunding
Lo studio più recente in materia (Analisi delle piattaforme italiane di crowdfunding, a cura di Daniela Castrataro e Ivana Pais, maggio 2014) indica che, nel Paese, delle 41 piattaforme attive a quella data, 19 appartengono al modello “reward-based” (donazione con premio), 7 al “donation-based” (donazione senza premio), 2 al “lending-based” prestito fra privati, ricompensati con il pagamento di interessi che s realizza attraverso le piattaforme online) e 2 all’“equity-based” (mediante un investimento effettuato online si acquisisce un tutolo di partecipazione in una società), iscritte regolarmente nell’apposito registro Consob (non abbiamo parlato di queste ultime due perché meno legate a progetti specifici e meno diffuse). Ci sono poi 11 piattaforme ibride. Il modello prevalente resta quindi il reward-based, scelto dal 40% delle piattaforme nella sua forma pura, quota che sale al 57% se si considerano anche le ibride. Il donation based crowdfunding ha subito un lieve calo: viene scelto dal 16% delle piattaforme (35% se si considera anche chi sceglie l’opzione ibrida).
Fra le piattaforme “reward-based” si possono citare “Be Crowdy” (www.becrowdy.com, arte e cultura), BookaBook (www.bookabook.it, editoria), Com-Unity (www.com-unity.it, progetti in ambiti umanitari, sociali, culturali e scientifici, Eppela (www.eppela.com, per progetti innovativi e creativi nei campi di arte, tecnologia, cinema, design, musica, fumetto, innovazione sociale, scrittura, moda, no profit), Microcreditartistique (www.microcreditartistique.com, arte contemporanea), Schoolraising (http://schoolraising.it/, scuola), Vizibol (www.vizibol.com, arti visive), WeRealize (http://werealize.i, Design).

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La home page della piattaforma www.ideaginger.it

Fra quelle ibride (reward + donation), si segnalano Buona Causa (www.buonacausa.org, dedicata alle buone cause e ai progetti che richiedono sostegno), Crowdfunding Italia (www.crowdfunding-italia.com, generalista), Funditaly (www.funditaly.it, la prima piattaforma di crowdfunding cooperativo), Ginger / Gestione Idee Nuove e Geniali in Emilia Romagna, (www.ideaginger.it, territoriale: Emilia Romagna, che unisce allo strumento web del sito le consulenze del team e una rete di partnership strategiche al servizio dei progettisti), Produzioni dal Basso PdB (www.produzionidalbasso.com, la prima piattaforma di crowdfunding italiana, nata nel 2005 nell’ambito delle autoproduzioni digitali e del mediattivismo).
Il crowdfunding in Italia è nato proprio con Produzioni dal basso, nel 2005, cui hanno fatto seguito altre esperienze pionieristiche fino al 2011, l’anno di scoperta dello strumento, con l’avvio di 10 nuove attività, seguite da altre 5 nel 2012. Tra gennaio e ottobre 2013 nascono ben 24 piattaforme e la tendenza non accenna a fermarsi. La maggior parte delle piattaforme ha sede nel nord Italia, e Milano, sede legale di 8 piattaforme e operativa di 10 piattaforme, si conferma la capitale del crowdfunding italiano. Rispetto alle mappature precedenti, si segnala la crescita del numero di piattaforme basate nel Sud Italia (8) e nel Centro Italia (4). Assente Roma, almeno al maggio 2014.

Se si vuole donare, come si partecipa

Grafica delle ricompense della campagna 'Una redazione condivisa per Ferraraitalia'
Grafica delle ricompense della campagna ‘Una redazione condivisa per Ferraraitalia’

Donare è facile, basta collegarsi alla piattaforma del progetto, scegliere il proprio contributo e premio (se la campagna è di tal tipo) e effettiare il pagamento, che avviene principalmente con Paypal (utilizzato dalla maggior parte delle piattaforme) e Amazon payments. Alcuni siti accettano anche bonifici bancari o pagamenti con carte di credito. Per quanto riguarda la commissione alle piattaforme, essa è talora determinata come una percentuale ottenuta sui fondi raccolti dai progettisti.

Comunemente si tende a porre l’accento sul “funding” ma la parte più importante è proprio la “crowd”: senza di essa il crowdfunding non funziona, è tutta questione di engagement, coinvolgimento, partecipazione della “folla” al progetto. La comunità resta dunque la chiave principale del successo di ogni campagna. La squadra vince solo se è squadra.

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Campagna ‘Una redazione condivisa per Ferraraitalia’

Ferraraitalia ha avviato una campagna di crowdfunding [vai] con la piattaforma Ideaginger.it

Per conoscere gli obiettivi e il senso del nostro progetto clicca [qui].

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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