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“Noi non siamo eroi perché ci hanno ucciso, noi siamo eroi perché abbiamo voluto accanitamente capire e conoscere, per questo siamo diventati pericolosi.”
Queste righe sono tratte da “Noi e loro”, dialogo immaginario fra Giovanni Falcone e Paolo Borsellino scritto dal magistrato Alessandra Camassa, collaboratrice di Borsellino a Marsala, messo in scena da diverse compagnie e divenuto popolare con il titolo “Giovanni e Paolo”. “Noi” e “loro” sono state anche le due espressioni più usate a Cento da Nando Dalla Chiesa, ospite del Coordinamento per la pace nel centopievese, per parlare di mafia e antimafia oggi. Un contributo prezioso perché il risultato di un lavoro teorico (come docente a Milano dell’unico corso di sociologia della criminalità organizzata in Italia), dell’esperienza sul campo (come ex componente della commissione parlamentare antimafia), giornalista e ora presidente del comitato antimafia voluto da Pisapia a Milano, e dell’impegno sul piano etico, come famigliare di una vittima di mafia e come presidente onorario di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti.

scegliere-da-che-parte-stare
Nando Dalla Chiesa

Le premesse non sono certo incoraggianti: “le organizzazioni mafiose sono arrivate molto vicino a mangiarsi l’Italia”, afferma lapidario Dalla Chiesa, “i successi giudiziari di oggi ci raccontano quanto in realtà è stata facile in questi anni la vita della criminalità organizzata, nonostante l’antimafia”, e il pensiero corre a Mafia capitale e all’operazione Aemilia. La responsabilità è anche di chi per 30 anni ha affermato che “la mafia da noi non c’è” rappresentando “una realtà infedele”, ma soprattutto “smobilitando l’attenzione dei cittadini”. Al contrario bisogna prendere atto che “il nemico c’è” e che “questa è una battaglia contro dei professionisti che pensano a fare bene i mafiosi tutti i giorni, 24 ore su 24”.
E se di una battaglia si tratta la prima regola è “studiare l’avversario”: uscire dai pregiudizi interessati sulla geografia e sull’identità del fenomeno mafioso, riconoscere le banalità sulle sue trasformazioni culturali o sui modi di penetrazione nella vita economica e sociale”. E aggiunge Dalla Chiesa, “Non è vero che la mafia al Nord fa soltanto riciclaggio: più che riciclare, conquistano territorio e controllo sociale e si impadroniscono di pezzi di economia”; senza contare che mettendo l’accento solo sui fattori economici dell’infiltrazione si rischia di insinuare l’idea perversa che sotto sotto in realtà portino ricchezza: la verità è che “prima arrivano i soldi, ma poi arrivano i loro metodi”.
Per questo noi “dobbiamo combattere la mafia sotto casa e ribellarci alle forme di presenza mafiosa che ci troviamo di fronte”, e per farlo dobbiamo capire “il loro modus operandi”, “dobbiamo entrare nella loro testa, pensare a cosa farebbero loro, studiare la loro mentalità”. Una cosa tutt’altro che facile da fare nella pratica soprattutto pensando al forte tasso di compenetrazione fra realtà legale e illegale nel nostro paese: quella famosa zona grigia in cui si creano le relazioni sociali che sono il loro vero capitale. “I nostri territori sono stati conquistati da persone con una sapienza infinita nella costruzione delle relazioni: sanno qual è l’assessore o il magistrato avvicinabile, quale il redattore coniglio e quale quello coraggioso”. Per questo Dalla Chiesa sottolinea con forza che noi dobbiamo renderci conto che “la vera forza della mafia sta fuori dalla mafia, in tutto ciò che loro riescono a ottenere dalla società non mafiosa”. Ecco perché i fronti dell’antimafia in realtà sono la connivenza e la corruzione, ed ecco perché l’antimafia è “un affare anche di chi non ha toghe e divise addosso”, una responsabilità di tutti e di ciascuno di “sentirci difensori della democrazia di questo paese e della sua Costituzione”.

In conclusione noi cosa possiamo fare? Informarci, conoscere, non accontentarci delle spiegazioni superficiali, ma prima di tutto “scegliere da che parte stare” fra “noi” e “loro”, è il monito di Nando Dalla Chiesa.

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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