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LA CASSIERA DELLA CONAD
Delle vicende di questi giorni ho inteso che, al tempo dei social network, occorrerebbe imparare l’arte del tacere. Non si può esprimere un’opinione su tutto. La cassiera della conad, invece, mentre lavora, sostiene che gli arabi “non si sa cosa abbiano nella testa”. Da del “tu” alla zingara, e non lo fa per confidenza. Lei ha fretta di andare, la zingara. Vorrebbe superare una cliente indecisa perché rischia di perdere il treno, e la cassiera è lì, a dirle che no, che una zingara non ha impegni, ha tutto il tempo che vuole, perché non lavora. Non ho la forza di difenderla. La collera sale in ritardo in mezzo a queste piccole rivincite di provincia.

PINO DANIELE
Pino Daniele è stato un vero artista. Negli ultimi vent’anni, abbandonando la sperimentazione, ha prodotto buoni dischi pop. Con la sua dipartita abbiamo perso l’interprete, l’icona. Quello ancora dava i brividi, non mi pare poco. Ma abbiamo tutta la sua produzione musicale, il meglio che potesse produrre. La prematura scomparsa di Troisi, a cui pure è stato associato, fece molto più male. Massimo, a circa quarant’anni, aveva tanto ancora da fare e dire. La sua è stata una carriera spezzata, fortunatamente quella di Pino no. Il clamore della morte di Daniele ha a che fare con un pezzo della nostra vita. La musica di Pino ci ha accompagnati. Nel funerale celebriamo e seppelliamo parte della nostra vita. Qualcosa ci dice che il tempo, inesorabile, passa.

L’ISLAM
Di sicuro questo periodo storico ciarliero, in cui anche la comunicazione non è altro che un modo come un altro per apparire, e spesso apparire meglio di ciò che siamo, ha come smarrito l’abitudine alla filosofia intesa come ricerca delle cause prime. Quindi il terrorismo non viene contestualizzato e bene ha fatto Massimo Fini a ricordare come mai e perché esista. Bene ha fatto Emanuele Severino sulle pagine del Corriere a ricordare come il modello capitalista, dominato dalla tecnica, abbia stroncato il sacro nell’Occidente cristiano, e altrettanto farebbe con l’islam, qualora questa parte di mondo raggiungesse l’evoluzione del nostro mondo. Questo rimastico nella mente da giorni, mentre mi dico “non aprire Facebook, non farlo”. Non staranno zitti nemmeno per la morte di Pino. Non si fermeranno di fronte all’idiozia spietata. Marceranno sull’odio, sulla paura, sul terrorismo, sulla religione. E’ la pioggia della comunicazione, così ha scritto il mio amico Domenico Carrara nel suo ultimo libro. Apro, e Salvini denigra Pino Daniele. Sì! Denigra un morto, che non potrà rispondergli.

LO SAPEVO
Piove, guarda, come piove, piovono ricordi e pareri, illazioni e distinguo. Si cerca il bandolo, il rivolo, l’equilibrio sul cordolo dell’originalità. Tutto scorre. L’importante è il commercio della parola, la raccolta dei dati, dei gusti. Si comunica più di ciò che si vive. Svuotando di significato l’una e l’altra.
Ecco! Ci sono cascato pure io. Avrei fatto meglio a tacere. Ho detto la mia su Pino Daniele, Islam, social network, la cassiera conad, ai tempi della collera.
Chiedo venia.

dal blog di Sandro Abruzzese “Racconti viandanti” [vedi]

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Sandro Abruzzese

Nato in Irpinia, vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un istituto d’istruzione superiore. Per Manifestolibri ha pubblicato Mezzogiorno padano (2015). Con Rubettino ha pubblicato CasaperCasa (2018) e Niente da vedere (2022). Sul suo blog, raccontiviandanti, si occupa di viaggio e sradicamento

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di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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