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Infuria sui giornali cittadini la polemica provocata dalla risposta del sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani al direttore della “Nuova Ferrara”, Stefano Scansani. Nel suo intervento il primo cittadino esibisce una serie azzeccata di riferimenti storici che vanno dalla citazione al movimento savonaroliano dei piagnoni all’accenno a un capolavoro dell’arte scultoria chiamato popolarmente I pianzun dlà Rosa, splendido gruppo in terracotta policroma di un grande artista sconosciuto conservato ora nella chiesa del Gesù, dopo che i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale distrussero quella in cui era conservato (la chiesa di Santa Maria del Tempio detta “della Rosa”, epiteto probabilmente riferentesi a “roggia” (roxa) in quanto adiacente al grande canale Panfilio, la via ducale d’acqua, la chiesa apparteneva all’ordine dei Templari).

La conoscenza  di un patrimonio culturale popolare da parte del sindaco, ben s’addice a commento delle sue insofferenze e anche ad esposizione del suo programma futuro. Si pensi, come valenza simbolica, all’importanza per la vita cittadina della statua, la brutta ottocentesca statua di Savonarola, che sorge proprio nel centro cittadino e che da sempre veglia i furori della piazza e le cerimonie istituzionali con la sua posa magniloquente e incavolata. Son molto attratto dalla coincidenza del caso come dalla fisiognomica, due aspetti apparentemente secondari nell’analisi dei fatti e che invece possono essere d’aiuto. Che nel giro di quarant’anni l’italianistica avvicendasse sulla cattedra di letteratura italiana di Firenze tre ferraresi d’origine o di cittadinanza onoraria come Lanfranco Caretti, Claudio Varese, Gianni Venturi non può essere solo un caso; come del resto non mi pare una coincidenza che i nostri studi e la nostra sede d’insegnamento fossero, a Firenze, in piazza Savonarola! Confermando questa titolazione il percorso misterioso della casualità.

E di piagnoni ben ci si è interessati, se uno dei convegni più complessi e più proficui sul frate ferrarese per volontà fiorentina ebbe luogo presso l’Istituto di studi rinascimentali della nostra città. Tra la piagnoneria e il debito scambio di vedute mi pare tuttavia che ci debba essere la sua differenza. Sbaglia, però, clamorosamente il sindaco nel ritenere che essere piagnoni significhi essere lamentosi e non invece, come storicamente dimostrato, “incazzati” – e mi si perdoni la parola sconveniente se non fosse che ora è diventata espressione comune -. Ma non nel significato che ad esempio i pentastellati potrebbero dare alla parola, tutt’altro! Mi va bene, se si volesse supporre, che il mio sindaco mi accusasse d’essere un “piagnone” (anche se l’esempio, come lui ben sa, poco è applicabile alla mia fisionomia intellettuale ma anche alla mia fisiognomica) e se questo significasse che sono o potrei essere in…to per certi modi e momenti della sua politica e di quella della sua giunta, in parte rinnovata ma non negli assessorati forti come quelli che ancora occupano i tre moschettieri del suo team. Vale a dire Modonesi, Marattin, Maisto.

Eppure, se mi è permesso dialogare, la “piagnoneria” ha un suo scopo, non tanto di contrapposizione sterile quanto di incitamento a un confronto che francamente mi sembra molto spesso latitare. Non è che si voglia condizionare la necessaria e inconfutabile prerogativa dell’istituzione di governare secondo un piano e una visione delle cose elaborate in modo autonomo, ma sarebbe cosa importante se uno scambio più vivace e complesso si potesse instaurare con giunta e sindaco. Nel caso specifico dell’associazionismo culturale si è tentato di proseguire gli incontri promossi dagli Amici dei Musei con tutte le altre associazioni per definire ruolo e spettanze dei Musei, ma per ora, forse a causa della campagna elettorale, non si è avuto risposta. Altrettanto va detto per la presunta “normalizzazione” delle associazioni culturali, come rileva l’Assessore alla cultura, che sembra non si lamentino tanto ma operino positivamente. A quel che mi consta, il “lamento” associazionista trae spunto dal fatto inoppugnabile che esse prestano un servizio alla città positivo e determinante.

Dopo la vergognosa e triste vicenda della sede delle associazioni di proprietà Fondazione e Cassa Carife, da cui sono state sfrattate e dichiarate morose perché non pagavano sede e servizi condominiali a suo tempo assicurato dall’ente proprietario, mi sembra sia stata decisione saggia e generosa da parte del Comune allogarle in parte nella sede di Via Mentessi, dove provvisoriamente coabiteranno con altre associazioni. Ma non ho notizia delle vicende dell’Accademia e della sua splendida Biblioteca un tempo accolta a palazzo Zanardi, già sede dell’assessorato alla cultura. I tempi son difficili, specie ora che scandali e malversazioni rendono sempre più lontano dal sentire comune i modi di certa politica (e purtroppo di entrambi gli schieramenti). Occorre dunque che il sindaco Tagliani sia attento a quel movimento “piagnone” che gli porterebbe consensi e anche dissensi sempre però nel chiaro ed esplicito riferimento a un onesto “dibbbattito”. Così come gli suggerisco (e lo dico perché anch’io indulgo a quel peccato veniale) di non essere permaloso. E’ difficile, lo comprendo, ma non è una giustificazione. Lo stesso valga anche per molti assessori che spesso indulgono a questo vezzo. Insomma, se Tagliani vuol rivendicare a sé e ai suoi collaboratori l’immagine di Savonarola, saremo ben contenti noi “piagnoni” di seguirlo su una via difficile ma entusiasmante, sempre che sia percorsa nel rispetto reciproco dei ruoli e delle competenze.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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