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E’ attesa fra la fine di gennaio e la prima metà del mese di febbraio l’impennata di casi di influenza stagionale. Secondo i dati del ministero della Salute, infatti, da ottobre a fine dicembre si sarebbero già ammalati oltre 570.000 assistiti del Servizio sanitario nazionale, con un’incidenza di 1,49 su 1000 assistiti, mentre è pronosticata una incidenza di 12,78 per le prossime settimane. Tant’è che fino ad ora, se si escludono Lazio, Campania, Basilicata e la Provincia autonoma di Trento, i casi riscontrati e comunicati dai medici non riportano ancora alla soglia della epidemia. Fra le persone ammalate, ovviamente, i più colpite sono stati i bambini fino ai 4 anni di età, la categoria meno tartassata da tosse, febbre e malessere è stata quella degli over 65. E non perché vaccinati, o almeno così sembrerebbe se il prossimo aprile venissero ribaditi i dati della campagna di vaccinazione dello scorso anno.

In Italia la vaccinazione contro l’influenza è diventata oggetto di campagne sanitarie e di informazione da molti anni, il vaccino è messo a disposizione di tutti i cittadini. Fra questi alcune categorie particolari (soprattutto persone anziane, malati cronici, operatori sanitari) lo possono ottenere gratuitamente facendone richiesta al proprio medico curante, gli altri lo possono acquistare e farselo somministrare. Il ministero, in una circolare, ha spiegato alle Asl regionali e locali la necessità di promuovere e facilitare l’uso del vaccino, “Per ridurre significativamente la morbosità per influenza e le sue complicanze, nonché l’eccesso di mortalità”. L’obiettivo minimo di copertura del ministero sarebbe stato del 75%, quello ottimale del 95% per quanto riguarda le categorie “a rischio” di complicazioni.
Previsioni più che rosee, visto che la campagna di vaccinazione dello scorso anno fu una sorta di “débacle” della prevenzione. Secondo le elaborazioni ministero della Salute e dell’ Istituto Superiore della Sanità, sulla base dei riepiloghi inviati da Regioni e Province Autonome, nel 2014-2015 solo il 13,6% dei cittadini si è vaccinato e solo il 48,6% delle persone over 65 ha approfittato dell’opportunità di farlo gratis. Il numero delle persone che scelgono di vaccinarsi è in caduta libera: nella campagna 2009-2010 si vaccinò il 19,6% della popolazione, nel periodo 2013-14 eravamo al 15,6%.

In Emilia-Romagna la situazione non varia di molto: la copertura rilevata a fine campagna lo scorso anno nelle persone con età superiore a 65 anni è risultata pari al 50%, con un calo rilevante rispetto alla già bassa copertura (55,8%) raggiunta nella stagione precedente. Il calo è emerso anche tra le persone di età inferiore a 65 anni con patologie croniche: 101.225 le persone vaccinate rispetto alle 119.777 dell’anno prima (-15%). Il picco di incidenza venne raggiunto alla fine di gennaio con un tasso del 15.1 su 1.000 abitanti, mentre nella fascia d’età 0-4 anni il picco di incidenza era arrivato a 34.6 per 1.000. Si sono registrati 169 casi gravi (25 nella precedente stagione) e 61 decessi (5 nella precedente stagione). Dei 169 casi gravi, 153 (cioè il 91.1%) avrebbe dovuto essere vaccinati, perché con patologie cardiovascolari, respiratorie, legate all’obesità.

Ma quanto costa ogni anno una campagna di vaccinazioni? I parametri da tenere presenti e sommare per rispondere a questa domanda sono due: il costo della campagna di prevenzione e il costo di ogni ammalato che non si recherà a lavoro e, in caso di complicazioni, avrà bisogno di cure particolari, ricoveri e assistenza.
In Italia ogni anno il Sistema sanitario nazionale acquista circa 10 milioni di dosi di vaccino: secondo il rapporto dell’Osservatorio sull’impiego dei medicinali nel 2014 queste sono costate circa 39,1 milioni di euro; ogni Regione, poi, deve attrezzarsi per promuovere la campagna vaccinale. Non è dato sapere a quanto ammontino complessivamente le spese in capo ad ogni singolo ente ma in questa voce rientrano le attività per la diffusione e l’approvvigionamento delle dosi, la campagna di promozione e sensibilizzazione, i compensi e gli incentivi che ogni medico o pediatra riceve in base al numero effettivo di pazienti che ha vaccinato (che varia a seconda della Asl di riferimento fra i 6 e i 10 euro per ogni dose somministrata), quelli per i medici sentinella (circa 1000 sul territorio nazionale, che raccolgono i campioni per l’individuazione dei ceppi virali), nonché tutte le attività di coordinamento fra il ministero, le Regioni e le Asl per la raccolta dati, l’elaborazione, la comunicazione, gestite attraverso i siti Flunews, e l’Osservatorio influenza, che si avvale – come da segnalazione sullo stesso sito – del sostegno di Glaxo SmithKline, la Sanofi Pasteur Msd e la Novartis Vaccines che producono i vaccini antinfluenzali disponibili sul mercato italiano.

Per quanto riguarda i costi sociali relativi all’influenza, non sono disponibili dati o studi recenti. Nel 2010 però, su “Quaderni di farmacoeconomia”, è stato pubblicato un articolo estremamente interessante rispetto alla questione sollevata. Anna Padula, Gianluigi Casadei, Nicola Motterlini, Livio Garattini – autori della ricerca – hanno studiato l’impatto della scelta di vaccinarsi sul consumo di risorse e sul numero di giornate di assenza lavorativa associati agli episodi influenzali in un gruppo di lavoratori di età inferiore a 65 anni. Lo studio è stato condotto presso le sedi di Milano e Bergamo dell’Istituto Mario Negri durante la stagione influenzale, nel periodo Novembre 2008-Aprile 2009 e l’analisi è stata condotta su 104 coppie caso-controllo (vaccinati-non vaccinati), omogenee per età e sesso. I soggetti seguiti sono stati 237 e gli episodi influenzali hanno provocato complessivamente la perdita di 117 giornate di lavoro, con un costo sociale complessivo di 104,7 euro per i non vaccinati e 103,1 euro per i soggetti vaccinati.

Ma perché sempre più persone scelgono di non vaccinarsi contro l’influenza? Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dei cittadini circa l’utilizzo scriteriato di farmaci e presidi medici, vaccini inclusi, nonché la portata economica de business di medicamenti e prevenzione. In particolare, per quanto riguarda i vaccini antinfluenzali, la diffidenza nasce dalla consapevolezza che essi proteggono solo da uno o più particolari ceppo di virus e che quindi non si è immuni alla malattia di stagione. Alcuni studi affermano che somministrare vaccini multipli (con più ceppi di virus) possa essere dannoso per la salute, specialmente per le persone già vulnerabili dal punto di vista immunitario, come anziani e ammalati cronici – ai quali il vaccino contro l’influenza è vivamente consigliato. Qualche mese fa in occasione dell’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, tenutosi a Lecce, sono stati rivelati i dati di un sondaggio di Datanalysis sulla fiducia dei genitori italiani sui vaccini. Il 33% dei genitori intervistati si è definito preoccupato dei possibili effetti collaterali del vaccino sui figli.

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Ingrid Veneroso

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