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Come definire la libertà? Qui comincia il difficile. Perché la libertà è un problema difficile da risolvere. Anzi, la sua soluzione dovrebbe restare aperta.
A questo tema, sfuggente quanto fondamentale, l’Istituto Gramsci e l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara dedicano un ciclo di quattordici incontri pomeridiani (da gennaio a novembre) alla Sala Agnelli della biblioteca Ariostea.

Intanto propongo una mossa preliminare. Sarebbe opportuno depotenziare o contenere quelle cariche emotive, propagandistiche che usualmente accompagnano l’uso retorico della parola libertà. E, di contro, mettere con i piedi per terra la ricerca di una definizione della parola libertà. Chiediamo un aiuto a un maestro di libertà, Norberto Bobbio.

“Esistono tante libertà nella storia quanti gli ostacoli di volta in volta rimossi. La storia della libertà procede di pari passo con la storia delle privazioni della libertà: se non ci fosse la seconda non ci sarebbe neppure la prima. Non c’è una libertà perduta per sempre, né una libertà per sempre conquistata. La storia è un intreccio drammatico di vecchie e nuove libertà, cui fanno riscontro vecchie e nuove oppressioni. Ogni epoca è contraddistinta dalle sue forme di oppressione, e dalle sue lotte per la libertà”. Quindi, il concetto di libertà è la storia della libertà. Per inquadrare la proposta delle varie conferenze che compongono il ciclo, occorre tenere presente quattro elementi che configurano a grandi linee la cornice ‘storica’ che caratterizza il nostro tempo.
1) Per il pianeta, le società e gli individui, il cambiamento non è mai stato così veloce, esteso, pervasivo, profondo. Viviamo nel tempo della mondializzazione dei processi di ogni genere: economico, tecnologico, sociale, culturale, religioso.

2) Il cambiamento non riguarda solo le cose, i processi oggettivi e materiali, ma anche il nostro modo di pensare e le forme della conoscenza. Bisognerebbe abbandonare il modo lineare e causale di conoscere che ha caratterizzato la fase ascendente della modernità (ricordiamo il sarcasmo di Leopardi sulle “…sorti magnifiche e progressive…” delle società) e pensare, invece, in termini di interdipendenza e circolarità. Ciò ha implicazioni anche nel costruire e seguire un ciclo come quello che proponiamo. Cioè, pur disponendo inevitabilmente i temi delle conferenze in una sequenza lineare, bisogna tenere presenti i nessi che li legano. Le questioni si intrecciano e spesso la medesima rappresenta una risorsa e funziona come vincolo.

3) La natura umana, quella che abbiamo sempre considerato come qualcosa di fisso, naturale, immodificabile, diventa oggetto di intervento da parte degli uomini. Le due grandi frontiere della scienza sono, oggi, la ricerca biologica in campo genetico, e le neuroscienze sul funzionamento del cervello. Questi ambiti testimoniano che ci occupiamo non più soltanto del mondo esterno, ma della nostra stessa natura. Il futuro è aperto su grandi interrogativi in cui si combinano in modo positivo e drammatico possibilità e rischi.

4) Infine, un grande storico delle idee, Reinhart Koselleck ha sintetizzato così la specificità dell’attuale ‘spirito del tempo’: lo spazio dell’esperienza si è ristretto; l’orizzonte delle aspettative si è abbassato. In parole semplici possiamo tradurre questa fulminante e lucida descrizione in questo modo. La velocità del cambiamento ha messo in mora il valore del passato. Viviamo tutti prigionieri di una sorta di dittatura del presente. La crisi di un rapporto fecondo/virtuoso tra passato-presente-futuro ha contratto lo spazio del possibile e cioè il luogo dove crescono la fiducia, i legami, le speranze, ingredienti indispensabili per un agire libero.

Per questo questi quattordici incontri si possono pensare accorpati in tre filoni tematici che vogliono approfondire tre aspetti cruciali della libertà: concetti e definizioni; le sfide da fronteggiare; la qualità dell’ambiente sociale, politico, culturale, educativo da costruire.
Se dovessi trovare una formula ideale per definire il concetto di libertà, indicherei l’espressione ‘libertà sociale’. Veniamo da decenni di sbornia individualista e narcisista. La libertà non è un agire arbitrario: “Faccio quello che voglio!” E non è nemmeno una conseguenza di necessari e automatici determinismi. La libertà è sempre un agire in una situazione data. Ed è la capacità inventiva, imprevedibile – Hanna Arendt definiva la libertà come nuova nascita – di rispondere ad una sfida, di cogliere un’occasione. Ma tutto questo tenendo insieme il singolo e tutti gli altri. La socialità non è un dato naturale, ma un acquisto mentale, culturale. La socialità non consiste nella coappartenenza biologica, ma dipende dalla consapevolezza della coappartenenza. La libertà di tutti, sociale, è sempre minacciata, e per questo è un compito incessante che riguarda tutti. Chiudiamo riprendendo il tono basso che richiamavamo all’inizio. Il grande filosofo della dialettica e del realismo, Hegel, diceva che a progredire nel tempo è soltanto la coscienza della libertà, non l’effettiva libertà degli individui. La ‘passione della libertà’, come recita il titolo di una delle conferenze in programma, è fatta di realismo, cultura, razionalità, responsabilità.

programma libertà

Dopo il primo incontro di presentazione il 13 gennaio, con il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, il prossimo appuntamento in programma è venerdì 10 febbraio alle 17 in biblioteca Ariostea con la lectio magistralis di Salvatore Natoli dedicata a “Libertà ed uguaglianza”

Leggi il programma completo del ciclo di incontri ‘Libertà’

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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