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Da: Ufficio Stampa Rete per la Pace Ferrara

E’ finalmente arrivata la risposta alla petizione da noi promossa “Opposizione allo smantellamento di 150 panchine nella città di Ferrara e richiesta di collocarne altre nei punti di aggregazione”, presentata il 2 settembre 2019 e firmata da 984 persone, P.G. 106785/2019 – integrazione P.G. 112357/2019.

La risposta che ci è pervenuta merita qualche considerazione.
La prima è una semplice constatazione: la grandiosa operazione “Parchi sicuri” ha finora prodotto l’eliminazione di 15 panchine e la ricollocazione di altre 8! Ovvero: la montagna che ha partorito il topolino!
Facciamo inoltre notare che, in questa risposta, non si fa nessun cenno alla motivazione principale esternata tante volte dal vice-sindaco nonché assessore alla sicurezza: eliminare lo spaccio togliendo le “panchine dedite allo spaccio”. Sembra invece, leggiamo, che le panchine fossero “ammalorate”, quindi in cattivo stato, e l’operazione di rimozione effettuata “per motivi strettamente legati al carente stato manutentivo”.
Ci rallegriamo dunque che il Comune stia provvedendo alla manutenzione; non comprendiamo allora tuttavia perché, dopo, le panchine non vengano ricollocate restaurate da dove sono state tolte, come quasi mille persone hanno chiesto con questa petizione. Nella risposta si fa cenno vagamente a “segnalazioni che sopraggiungono all’Amministrazione da parte dei cittadini” per giustificare il ricollocamento in aree diverse.
Ma siamo noi i cittadini, eccoci: in molti abbiamo firmato per una richiesta diversa per cui non riceviamo una risposta soddisfacente né collaborativa, nonostante quanto affermato nella lettera.
Sarebbe utile dunque che l’Amministrazione comunale lasciasse da parte l’atteggiamento di chi si sente in perenne campagna elettorale, sulla cui base si fanno annunci roboanti con i quali non si risolvono problemi complessi, come quello dello diffusione della droga e dello spaccio.
Soprattutto ci teniamo a sottolineare che poi, quando si utilizza tale ottica, si prendono provvedimenti discutibili, come quello appunto dell’eliminazione delle panchine, che vanno in direzione opposta a quanto servirebbe per favorire la rivitalizzazione dei territori, l’incremento dei luoghi e degli spazi di incontro e socializzazione tra i cittadini che sono importanti proprio per evitare che si creino zone “franche”, non frequentate dalle persone, quindi più facilmente aggredibili da pratiche illegali.
Per parte nostra, continuiamo a chiedere che ci siano più panchine nei parchi e nei luoghi di aggregazione, insistiamo perché venga estesa la partecipazione dei cittadini, la loro
possibilità di incontrarsi e di poter contare anche nei confronti delle scelte compiute dall’Amministrazione. Con l’auspicio che ciò, a differenza di quanto accaduto in questa vicenda, possa essere considerato un valore anche da parte di quest’ultima.

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Riceviamo e pubblichiamo


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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