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Riapro la tesi della triennale. Parlo di post-verità. Giusto nell’introduzione, faccio qualche esempio per spiegare questo fenomeno, e includo nel discorso il movimento no vax.
Era la fine del 2020, e io avevo in mente un particolare scenario: la paura della correlazione tra vaccini e autismo, agitatori politici e ideologici che continuavano a battere su ipotesi ormai screditate dalla scienza, l’agitazione sui social (ma anche sui media tradizionali), l’aumento spaventoso di casi di morbillo nei bambini, ecc ecc.
Una cosa però era chiara: “no vax” significava “contro i vaccini”, erano coloro che rifiutavano categoricamente di far vaccinare se stessi e i propri figli.

Non pensavo che, pochi mesi dopo, avrebbe significato “chi non ha ancora ricevuto una dose contro il Covid19”.

Una conferma è arrivata alla fine del 2021, con l’approvazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency) di Novavax.
Da allora fioccano articoli del tipo: “Novavax: il vaccino che piace ai no vax”, “Perché Novavax è il vaccino che piace ai no vax”, “Novavax, medico no-vax: «potrebbe essere più sicuro ed efficace» e così via. E come mai piace così tanto a questa categoria di persone? Semplice: perché questo è un vaccino tradizionale, perché usa una tecnologia già sperimentata da decenni.

Mentre scrivo questo articolo, sono molti gli Italiani che hanno ricevuto tutte le vaccinazioni, a parte una; che per aspettare Novavax (che sembra stia per arrivare, ma la cui data di arrivo è stata come un’oasi-miraggio che sembra sempre vicina, ma mentre la si sta per raggiungere si allontana) sono rimasti sospesi dal lavoro.

Sia chiaro, questo non vuole essere un articolo contro i vaccini che vengono attualmente somministrati in Italia; ma risulta chiaro il cortocircuito tra il significato che “no vax” aveva circa un anno fa rispetto ad oggi.
E dunque mi chiedo: ma i no vax puri, quelli di una volta, ora come si chiamano? E come si chiameranno in futuro?

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Vittoria Barolo

Dagli studi classici alla laurea in comunicazione. Una giovane che ricerca la sua strada, tra il fascino per la sua terra, il Polesine, e un occhio di riguardo per l’ambiente. Le piacciono i cani, il cioccolato, le foto e le piante carnivore.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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