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da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

Qualche anticipazione sui testi degli spettacoli a Corte, con l’ordine di ingresso in Piazza Castello la sera di sabato 16 maggio

Corte Ducale
Rione San Paolo
Rione San Benedetto
Borgo San Giovanni
Borgo San Giorgio
Rione Santa Maria in Vado
Borgo San Luca
Borgo San Giacomo
Rione Santo Spirito

CORTE DUCALEBorso duca di Ferrara per puncto d’Astrologia

Ferrara nel Rinascimento era uno dei maggiori centri culturali europei, sia per lo Studio sia
per il grande scambio intellettuale che vi era con i numerosi eruditi che il duca Borso
invitava a Corte.
I temi approfonditi erano una commistione di sacro e profano ed in
particolare lo era l’astrologia, presa in grande considerazione dal Duca ed orientata alla
mappatura della volta celeste, ma anche sfruttata politicamente e strategicamente per i suoi
pronostici.
Il 18 maggio 1471, Borso nominato duca di Ferrara da appena più di un mese,
torna da Roma. Al suo ingresso in Ferrara, lo attende la nuova decorazione del salone dei
mesi di Palazzo Schifanoia, che riflette la configurazione del cielo del medesimo giorno di
19 anni prima, giorno in cui Federico III investe Borso del titolo di duca di Modena e
Reggio Emilia.
E’ proprio in questa data cardine per il Duca e Ferrara tutta, che una dama di
corte legge nelle stelle il destino del Principe e della Città.

RIONE SAN PAOLOLa vendetta di Achille

Il Rione San Paolo, in occasione della cerimonia di iscrizione dei campioni alle corse del
Palio, presenterà, attraverso la voce narrante di Costanza da Varano, raffinata latinista e
rimatrice del XV secolo, un famoso estratto dell’Iliade: la morte di Ettore per mano del
Pelide Achille.
Achille, ritiratosi dalle fatiche belliche contro i troiani a causa di una violenta lite con
Agamennone, trovò il corpo di Patroclo privo di vita per mano di Ettore. Il Pelide, accecato
dall’ira e mosso da un ardente desiderio di rivalsa, si diresse verso le mura di Troia per
vendicare l’amico ucciso.
Ettore avrebbe atteso il nemico dinanzi alle porte scee, ma sapendo di rischiare la morte,
fuggì dal semidio intenzionato ad ucciderlo senza alcuna pietà: fu la Dea Atena,
apparendogli davanti, che lo convinse ad affrontare Achille.
Cominciò così l’ultimo drammatico duello da cui dipese il destino dei due popoli.

RIONE SAN BENDETTONella palude di Stige

Il “Sacro Poema”. La Comedia di messere Dante Alighieri, circolante in codici dalle mille
varianti e in nuove edizioni a stampa, continua a riscuotere interesse, fortuna e ammirazione
anche nel secolo XV.
A Ferrara, nel 1459, c’è chi racconta il poema al popolo, esortando il
signore Borso e i suoi sudditi allo studio del testo dantesco.
Il Rione del Diamante accoglie
l’invito e offre alle piazze una ricostruzione scenica infernale.
Prima Cantica. Una barca s’aggira per il quinto cerchio, verso le mura del regno dei dannati.
Seguendo le tracce del poeta, prende forma uno spettacolo popolare di piazza in cui
rivivono, si incontrano, battibeccano fra loro, personaggi ormai distanti nel tempo, ma
riproposti al pubblico secondo i dettami della nuova nascente sensibilità “rinascimentale”.

BORGO SAN GIOVANNICome in Cielo, così in Terra

Ariosto segue una consuetudinaria scena di corte, frustrato dal disprezzo per quella gente e
dall’assenza di ispirazione che non gli permette di scrivere la vicenda di Ruggero e
Bradamante, odiato elemento encomiastico destinato al Cardinale.
La furia lo porta a
scagliarsi contro i Signori, ma una coppia di sconosciuti lo blocca nel momento cruciale;
egli si allontana inoltrandosi nel centro di Ferrara, dove tra esaltazione per il popolo e
invettive rivolte alla corte, assiste all’apparizione del padre defunto: l’angelo lo esorta ad
essere artefice della sua speranza, la sola cosa che la natura umana possa controllare.
Il dialogo illumina Ariosto, e nella sua mente i due eroi prendono forma; ai loro movimenti,
controllati da Fato e Amore, i due sconosciuti presenti dall’inizio, si aggiungono anche
quelli di nobili e popolani, uniti dalla stessa sorte.

BORGO SAN GIORGIO L’assassinio di Tommaso da Tortona

La Contrada di San Giorgio vuole rappresentare l’antefatto, sanguinoso, della
costruzione del Castello Estense.
Nel maggio 1385 la popolazione di Ferrara, stremata da alluvioni, carestie e sempre nuove
tasse imposte dai marchesi estensi, fece una tumultuosa protesta sotto le finestre del Palazzo
Comunale, esigendo la consegna prima dei libri contabili degli esattori, poi dello stesso
Giudice dei Savi, Tommaso da Tortona.
Costui fu sacrificato: il popolo ne fece scempio, e pezzi del suo cadavere vennero bruciati, altri – si dice- addirittura mangiati dal popolo inferocito. Salvata la vita, Niccolò II, poco dopo, decise di costruirsi un castello, partendo dalla preesistente Torre dei Leoni. Era il 29 settembre 1385, giorno di San Michele, quando
fu posata la prima pietra.

RIONE SANTA MARIA IN VADOBorso e la sua Età dell’Oro: “El Triumpho de Bacco” nella Ferrara Estense

La rappresentazione trae ispirazione da alcune evocazioni letterarie contenute nei componimenti
pastorali che Matteo Maria Boiardo e Gaspare Tribraco dedicarono alla mitica Età dell’oro di Borso
d’Este, corrispondente all’ultimo decennio della sua signoria.
Ferrara – con la sua pace edenica –diventa l’ideale isola felice per alcune divinità, qui trasmigrate dalle terre elleniche dopo ladrammatica occupazione turca seguita alla caduta di Costantinopoli, nel 1453. Piazza Castello si
tramuterà quindi in scenario arcadico, animato dalle danze di ninfe boschive e baccanti, inseguite dal
dio dei pastori, Pan, cui spetterà il compito di redimere l’animo tormentato di Arianna, vilmente
abbandonata dall’amato Teseo.
La giovane figlia di Minosse, infatti, non deve temere per il proprio destino, poiché sta per entrare trionfante il divino Bacco, colui che nell’adorarla infinitamente le donerà un diadema d’oro, poi elevato in cielo in forma di costellazione: la Corona d’Arianna.

BORGO SAN LUCAIl buffone di Corte

Borgo San Luca mette in scena uno degli scherzi più famosi del buffone tanto amato da Niccolo’ e
Borso, che ha come protagonista l’impareggiabile Gonnella, personaggio famoso per
le sue burle e le sue facezie.
L’episodio narrato è ambientato alla Corte del Marchese Niccolo’ III, padre del Duca Borso e farà rivivere a quest’ultimo, uno dei momenti più ilari alla Corte Estense.
A fare le spese dell’arguzia del Gonnella è, in questa occasione, la Marchesa Gigliola, cui
viene fatto credere che Monna Checca (moglie del buffone di Corte) sia sorda. La scoperta
della beffa scatena l’ira della Marchesa, ma anche stavolta Gonnella riuscirà a cavarsela.

BORGO SAN GIACOMOLe Muse a Corte

Nel 1447 Leonello d’Este maturò l’intenzione di allestire uno studiolo per Belfiore, amena
delizia ubicata appena fuori dalle mura di Ferrara. Il progetto iconografico per questo luogo
di studio e di riflessione fu molto complesso e in esso diventò determinante il contributo di
Guarino Veronese, docente nello Studio di Ferrara e precettore personale del principe.
Lo studio delle epistole del Veronese ha quindi permesso agli storici dell’arte di ricostruire
l’apparato iconografico dello studiolo del Belfiore, andato distrutto in un incendio, e ci ha
premesso di ricostruire l’iconografia Muse protettrici delle Arti che ne erano le protagoniste.
Nella stanza di un palazzo del 1400, dunque, un gruppo di giovani damigelle si accinge a
dormire.
Le bambine sono accompagnate da una nutrice e da un maestro, e sarà proprio questa l’occasione per condurre le bambine e lo spettatore in un mondo incantato in cui le Muse si paleseranno sotto i loro occhi, come i cavalli su di una giostra. Al termine di questo fantastico carosello di arte, ci si ritroverà nuovamente nella stanza dove tutto è cominciato.

RIONE SANTO SPIRITOIl giardino delle Esperidi

Nel rigoglioso giardino delle Esperidi, Hera custodisce il dono ricevuto per le sue nozze con
Zeus: l’albero delle mele d’oro, simulacro dell’immortalità e della conoscenza.
Si curano della preziosa pianta il sinuoso e guardingo Drago Ladone e le ninfe Esperidi
figlie di Atlante.
Euristeo, signore di Micene, affida ad Eracle la sua undicesima fatica: impossessarsi delle
mele fatate.
Giunto all’estremità del mondo conosciuto Eracle uccide Ladone, ma non potendo toccare i
pomi fatati con le proprie mani, si rivolge ad Atlante che, poco distante, sorregge la volta
celeste e le sue sorti su le proprie possenti spalle.
Eracle restituisce a Hera il frutto della sua fatica che, inconsolabile per la morte del fido
Ladone, ne eterna il ricordo creando la costellazione del serpente.
Esperia, Egle ed Aretusa ………..

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ENTE PALIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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