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Alessandra Zagatti 

Ieri, mentre con tristezza sentivo la notizia della morte di Emanuele Macaluso, ho ascoltato il dibattito parlamentare.
Emanuele Macaluso, Giorgio Napolitano e Nilde Jotti sono stati i miei principali riferimenti politici e umani nei nove anni in cui ho fatto parte del Comitato centrale del PCI e anche dopo. Ieri ho avvertito lo scarto che c’è fra quegli uomini e donne colti, seri, capaci di pensieri lunghi e la modestia di una parte del dibattito.
Non è mancato il piccolo show di Vittorio Sgarbi e lo squallore di Salvini che, con la meschina furbizia di citare un comico, ha offeso i senatori a vita di fronte a Liliana Segre.

Provocare la crisi di governo è stata una scelta irresponsabile. Matteo Renzi è intelligente e furbo, così si dice, ma con questa crisi si è dimostrato ancora una volta inaffidabile . Ha qualità che riconosco, ma quando il PD era guidato da lui sospesi la mia iscrizione perché c’era troppo cinismo nello stile renziano del far politica e non mi sentivo più a casa mia. I partiti sono anche comunità umane nelle quali ci si deve poter fidare l’uno dell’altro.

Ieri si è conclusa la crisi di governo ma non è finita la debolezza della politica. La politica italiana sembra aver perso il senso della nobiltà della sua funzione, la capacità di unire sempre l’interesse del partito con con l’interesse del Paese, con il senso dello Stato. Questo è quello che ho imparato dal PCI, con i suoi limiti, e dai suoi dirigenti di allora e che ho poi apprezzato in molti di quelli che ne hanno proseguito il cammino fino ad oggi. I personalismi, gli ego smisurati si appagano con i tweet e i like ma un leader e uno statista non è quello che guarda compulsivamente i sondaggi del giorno ma quello che pensa alle generazioni che verranno.

Io spero che la maggioranza di ieri si allarghi e metta al riparo da avventurismi la nomina del Presidente della Repubblica. E spero che si allarghi soprattutto perche’ rifletteranno uomini e donne che siedono in Parlamento con Italia Viva. Sono stati eletti dagli elettori del PD e hanno seguito Renzi nella scissione realizzata mentre si formavano i Ministeri.
Molti lo hanno sicuramente fatto per convinzione politica legittima e sincera. Non li conosco. Conosco solo il nostro concittadino Marattin e vorrei che si convincesse, e convincesse altri, a fare la scelta giusta.

C’è una enorme responsabilità in capo a chi deve governare e guidare l’Italia in questo frangente storico. Questo virus è più cattivo del previsto ed è nel mondo. Dobbiamo batterci , non solo perché è moralmente giusto ma perché il mondo è piccolo, affinché sia eradicato dappertutto e non solo dove il PIL è alto, per dirla alla Moratti.
Ci sono i miliardi del Next Generation. Li dovranno restituire entro i 2056 i nostri figli e nipoti. e quindi vanno spesi per investimenti e riforme che consentano loro di ripagare questo enorme debito continuando a prosperare e ad avere fiducia nel futuro.
La reputazione è un bene prezioso per le persone e per gli Stati. L’Italia ne ha conquistata molta in Europa per merito del Presidente del Consiglio , dei due Ministri PD che lo hanno supportato e degli uomini che il PD ha indicato per la Commissione e il Parlamento Europeo. Quando il governo Conte 1 implose io ritenevo fosse giusto tornare al voto. Mi sbagliavo perché quella reputazione in Europa non l’avremmo avuta. Ma in questi giorni l’abbiamo appannata ed è umiliante pensare che ci saranno cittadini europei che pensano: “Ecco i soliti italiani inaffidabili”.
I cittadini europei, tramite le loro istituzioni comunitarie, hanno messo in comune i debiti Covid e creato un fondo affidandocene quasi un terzo.
Spero che saremo all’altezza di tutto quello che ci attende.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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