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Da Forza Italia

Da cittadina, prima ancora che da politica, dispiace registrare la chiusura di vari esercizi commerciali in centro storico in una settimana potenzialmente vantaggiosa come quella del Ferrara Buskers Festival, oltre ovviamente alle conseguenti polemiche a mezzo stampa, puntuali come il caldo agostano.
Forse non si supererà mai la logica di chi è completamente contro e chi totalmente a favore della manifestazione, ma quello che ritengo possibile è un dialogo costruttivo teso a creare maggiori opportunità per le attività cittadine, purché ci si smuova dalle reciproche posizioni iniziali.
Da una parte l’organizzazione del Festival che, a mio avviso, dovrebbe prendere in esame l’ipotesi (dopo 30 anni) di innovare qualche aspetto, anche in funzione delle mutate esigenze della città. Non entro nel dettaglio della proposta artistica, lasciando il tema agli esperti, ma in termini di estensione dell’area spettacoli credo ci sia spazio per tentativi di inclusione di nuove strade, come via Saraceno che, dopo alcuni anni in cui è stata “snobbata”, a questa edizione (complice il positivo restyling urbano a cui è stata sottoposta) annovera la soddisfazione di pubblico ed esercenti.
C’è, di contro, il caso di via Mayr e il mancato posizionamento di artisti che la animano, visti i tentativi poco edificanti compiuti in passato. Mettendomi nei panni degli organizzatori, inserire dei gruppi in una via che rimane estranea ai consueti flussi di transito dei visitatori, produce solamente la scontentezza di musicisti e degli stessi esercenti. Quindi? Sulla base di dati oggettivi, in termini di presenze turistiche e abitudini di consumo, servono confronto, concertazione e investimenti, minimi, ma concreti, per approntare fari aggiuntivi, segnaletica opportunamente studiata, promozione attraverso guide, social media e stampa. E i relativi costi? Difficile chiedere di più ai soggetti pubblici. La logica vorrebbe che ad aprire il portafogli siano in primis quelle attività che beneficiano in maniera diretta del festival (un bar o un ristorante hanno sicuramente ritorni più consistenti di un negozio di pellami nda). Sarebbe quindi opportuno che proprio le associazioni di categoria riuscissero a mediare e a farsi portatrici di quelle realtà che hanno interesse a essere coinvolte nella manifestazione. Sono conscia che non sia un risultato facile da raggiungere, ma considero che questa sia l’unica strada percorribile per un festival ancora più utile alla città.

Paola Peruffo
Coordinatrice Provinciale
Forza Italia Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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