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di Albert Voncina 
“A me addolora tanto la statistica. Ho letto l’ultima: quest’anno sono state fatte più armi dell’anno scorso. Le armi non sono la strada!”. Lo ha detto  il Papa all’Angelus, 12 dicembre 2021.

Il Covid risparmia i signori delle armi: nuovo record di vendite. Nella top 100 anche Leonardo e Fincantieri

Le 100 società mondiali leader nella produzione e nelle forniture militari confermano il trend positivo nonostante la crisi economica globale provocata dalla pandemia

F-35 italiano

I big mondiali delle armi sono stati risparmiati dalla crisi economica scaturita dalla pandemia del Covid e nel 2020 hanno visto aumentare le proprie vendite per il sesto anno consecutivo, raggiungendo un nuovo record. Ciò emerge dall’ultimo report pubblicato dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri). Nella top 100 dei produttori di armi ci sono anche le italiane Leonardo e Fincantieri, classificatesi rispettivamente al tredicesimo e al quarantasettesimo posto della classifica globale.Nello scorso anno le vendite dei 100 maggiori produttori di armi al mondo sono ammontate a 531 miliardi di dollari (circa 470 miliardi di euro), in aumento dell’1,3% rispetto al “prepandemico 2019”, il che conferma un trend positivo nel settore della armi e dei servizi militari in un’annata in cui secondo il Fondo monetario internazionale (FMI) l’economia globale ha registrato una contrazione di 3,1 punti percentuali. Un’industria, quella militare, tuttavia non completamente immune al Covid. Quella del 2020 è infatti la crescita di minore entità rilevata nell’ultimo triennio in un mercato che registra un trend positivo costante dal 2015. La vendita di armi delle 100 aziende leader è infatti aumentata del 17% nell’arco di soli sei anni.

A dominare il mercato globale delle armi ci sono le aziende statunitensi, le quali occupano 41 dei 100 posti in classifica e registrano un giro d’affari di 285 miliardi di dollari (+1,9%), il che equivale al 54% delle vendite mondiali. I produttori USA occupano i primi cinque posti della classifica, guidata da Lockheed Martin (produttrice ad esempio degli aerei da combattimento F-35), leader assoluta dal 2009 e che nel 2020 ha incassato 58,2 miliardi di dollari dalla vendita di armi e servizi militari. Secondo posto per Raytheon Technologies (36,8 miliardi), nata dalla recente fusione tra Raytheon Company e United Technologies Corporation. Sul podio anche Boeing (32,1 miliardi) che ha visto però registrare un calo sia del fatturato “militare” che di quello “civile” data la diminuzione dei viaggi dovuta alle restrizioni messe in atto dai governi per contenere la pandemia.

Sul podio Cina e Regno Unito

Alle spalle dei gruppi statunitensi si classificano cinque società cinesi che assieme rappresentano il 13% del totale della vendita di armi (66,8 miliardi ovvero l’1,5 % in più rispetto al 2020), mentre la terza posizione è occupata dal Regno Unito con sette aziende in grado di generare un giro d’affari complessivo pari a 37,5 miliardi dollari (7,1 % del totale). Spicca la BAE Systems con sede a Londra che si è classificata sesta (24 miliardi) ed è quindi la prima tra le società non americane oltre ad essere l’unica rappresentante del Vecchio continente nella top 10.

Leonardo e Fincantieri

A rappresentare l’Unione Europea, oltre al colosso dei cieli Airbus (undicesimo in classifica con 11,9 miliardi di dollari di vendite militari su un giro d’affari totale pari a 56,8 miliardi), ci sono sei società francesi (Thales, Safran, Naval Group, Dassault Aviaytion Group, CEA e Nexter), quattro tedesche (Rheinmetall, ThyssenKrupp, Krauss-Maffei Wegmann e Hensoldt), mentre Svezia (Saab), Polonia (PGZ), Spagna (Navantia) e Norvegia (Kongsberg Gruppen) hanno una rappresentante ciascuna. Due le italiane, entrambe tra le prime 50. Leonardo e Fincantieri assieme hanno generato vendite per un totale di 13,8 miliardi, pari al 2,6% del fatturato complessivo delle top 100.

Leonardo, holding con sede a Roma che opera direttamente o attraverso proprie controllate nell’Aerospazio e Difesa, nonostante un calo delle vendite di armi del 1,5% rispetto al 2019 ha comunque scalato un posto in classifica e si è piazzata al tredicesimo posto, grazie agli 11,1 miliardi di dollari generati dalle vendite di armi e servizi militari su un giro d’affari totale di 15,2 miliardi. Balzo in avanti invece di Fincantieri, gruppo con sede a Trieste che passa dalla 54esima alla 47esima posizione con 2,6 miliardi di dollari derivanti da vendita di armi (+23% rispetto al 2019) su un fatturato totale di 6,7 miliardi. Tali aumenti (o cali) di fatturato secondo Sipri sarebbero fisiologici per società dalle caratteristiche simili a quelle di Fincantieri. «Fluttuazioni significative nelle vendite annuali di armi sono comuni tra le aziende che costruiscono navi a causa delle tempistiche di produzione molto lunghe».

In Russia il trend è negativo

Nonostante le tensioni al confine con l’Ucraina (presente in classifica grazie alla società UkrOboronProm), che secondo il Washington Post starebbero richiedendo un importante dispiegamento di forze armate da parte del Cremlino, la Russia registra un calo costante nella vendita delle armi. Nel 2020 il giro d’affari di Mosca, rappresentata da nove società nella top 100 e quinta alle spalle di USA, Cina, Regno Unito e Unione Europea, è stato di 26,4 miliardi di dollari, il 6,5% in meno rispetto al 2019 (28,2 miliardi) e ben al di sotto rispetto ai 31,5 miliardi del 2017. Per quanto riguarda il resto del mondo i maggiori produttori di armi si trovano in Giappone, Corea del Sud, Israele, India, Canada, Singapore, Turchia e negli Emirati Arabi Uniti, con vendite complessive pari a 43,1 miliardi di dollari ovvero l’8,1% del fatturato totale dei 100 produttori leader del settore.

Non tutti sono immuni

Non tutta l’industria della difesa ha però visto incrementare il proprio fatturato nell’anno della pandemia. Il rapporto di Sipri menziona il caso di Thales, prima azienda francese e quattordicesima nella classifica globale, che ha visto un calo delle vendite del 5,8 %. Ancora più netta la battuta d’arresto di un’altra rappresentante francese, la Naval Group (- 11%). Entrambe le società hanno motivato questi numeri attribuendo la colpa alle misure messe in atto dai governi per il contenimento della diffusione del virus.

Episodi di diminuzione delle vendite a parte, Sipri rileva come il mercato delle armi sia stato meno penalizzato, se non addirittura favorito dai governi nel 2020. «I giganti del settore sono stati in gran parte protetti dalla domanda di beni e servizi militari sostenuta dai governi. In gran parte del mondo la spesa militare è cresciuta e alcuni governi hanno persino accelerato i pagamenti all’industria militare per mitigare l’impatto della crisi generata dal Covid», spiega la ricercatrice Alexandra Marksteiner.

Questo articolo di è già apparso nei giorni scorsi su PeaceLink 

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