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dal Circolo del Delta di Sinistra Ecologia e Libertà

Si pongano insieme Parchi naturali e Siti di Rete Natura 2000 in un unico cervellotico calderone gestionale denominato ‘Ente di gestione per i parchi e la biodiversità’ o “ Macro Area”. Cosa si ottiene? Una mostruosità istituzionale. Certificata in anticipo da autorevoli esperti inascoltati a proposito della bislacca legge regionale dell’Emilia-Romagna approvata in fretta e furia sul finire del 2011, con la quale si sono sciolti i consorzi gestori dei parchi e istituite al loro posto cinque macro aree, per dare applicazione alla ‘milleproroghe’ di Calderoli. Senza che fosse peraltro necessario farlo. Come ben dimostrato dalla Regione Puglia che ha conservato in capo a consorzi di enti locali i propri parchi. Perché essi, per le loro finalità d’interesse generale, non erano e non sono riconducibili a meri servizi locali. Perché ogni Parco, per la sua originalità, richiede un’istituzione a sé dedicata e impegnata in una missione speciale. E, tale istituzione seppure interconnessa intimamente alle altre consorelle, grazie alla rete ecologica, da queste resta ben distinta nelle finalità da perseguire. Come riconfermato dalla Regione Lombardia che volendosi, diversamente dalla Puglia, ispirare alla legge Calderoli si è limitata a trasformare i suoi Parchi consortili in enti. Punto. Così, infatti, funziona una vera Rete Ecologica che è tenuta insieme essenzialmente dai suoi nodi strategici: i Parchi. Se questi sono malfatti o malgestiti la Rete si scioglie. Non c’è Macro Area che tenga! Ma, si sa: l’eccezione conferma la regola. E a ciò non sfugge nemmeno la Regione Emilia-Romagna che, per quanto maestra di buon governo, quando deve occuparsi di aree protette, il più delle volte, non ci prende. Continua evidentemente a farle velo il suo retaggio politico sviluppista. E così essa è ricorsa a un bizzarro barocchismo amministrativo, la macro area, per occultare il nanismo cronico che affligge buona parte dei suoi Parchi. Se la Lombardia ne ha 23 che proteggono il 25% del proprio territorio, l’Emilia-Romagna ne ha solo 14 piccoli o piccolisimi che insistono sul 7% del suo suolo, la cui metà è costituita all’incirca dal solo Parco del Delta del Po. Per non parlare poi della spesa pubblica regionale emiliana a favore dei Parchi che, per ettaro protetto, è tra le più basse d’Italia. In questi quattro anni di esistenza della suddetta legge nessuno degli obiettivi di efficacia, efficienza e risparmio gestionali da essa evocati è stato raggiunto. Anzi. Ma, che a recitarne a fine luglio il de profundis sarebbe stata in maniera tragicomica la stessa Regione nessuno poteva ragionevolmente aspettarselo. L’art. 18 della fresca legge regionale sul riordino istituzionale prevede sorprendentemente che i Siti di Rete Natura 2000 ubicati al di fuori dei Parchi e posti fino a ieri in capo alle Provincie – il cinquanta per cento di tutto il territorio protetto della Regione – non vengano più trasferiti in gestione alle Macro Aree, ma ai Comuni. E ciò senza tenere minimamente conto che l’Unione Europea titolare di Rete Natura 2000 aveva sconsigliato caldamente, lo scorso anno, proprio l’Italia dal farlo, per la natura troppo generalista dei suoi Comuni. Comunque sia, la frittata è ormai fatta. E conviene a tutti considerare ormai chiusa la triste vicenda delle Macro Aree, che a questo punto non hanno più ragione di esistere, e voltare definitivamente pagina. Ad incominciare da Valle Mezzano, il Sito più grande e problematico della Regione che ora ricadrebbe sulle spalle troppo gracili di ben quattro Comuni, se non venisse ricompreso subito all’interno del Parco del Delta del Po. Come Natura vuole!

 

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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