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da: ufficio stampa giunta comunale Emilia Romagna

Petitti: “Per la prima volta il quarto Rapporto sul terzo settore propone una lettura dei dati in una prospettiva di genere partendo dall’esame degli organi di governo e dell’organizzazione degli enti stessi. Usiamo strumenti innovativi per conoscere a fondo la realtà e arrivare alla piena parità”

Associazioni e fondazioni no profit dell’Emilia-Romagna più aperte a offrire servizi a 360° (e non solo agli iscritti) e con più personale dipendente se guidate da donne.
E’ la fotografia che emerge dal quarto Rapporto sulle persone giuridiche private che operano nel territorio emiliano- romagnolo, nato dalla collaborazione tra il Servizio regionale innovazione e semplificazione amministrativa e il Servizio statistica e informazione geografica della Giunta regionale e integrato con le informazioni rilevate dall’Istat nell’ambito del censimento delle Istituzioni no profit svoltosi nel 2011.
Lo studio, per la prima volta quest’anno, ha dato una lettura di genere della realtà regionale, composta da 633 enti (350 associazioni e 283 fondazioni) impegnatinel sostegno ai soggetti deboli o in difficoltà.
“Per la prima volta il rapporto sul terzo settore propone una lettura dei dati in una prospettiva di genere partendo dall’esame degli organi di governo e dell’organizzazione degli enti stessi. Usiamo strumenti innovativi per conoscere a fondo la realtà e arrivare alla piena parità”, sottolinea l’assessore regionale alle Pari opportunità Emma Petitti. “Le donne impegnate nel volontariato rappresentano una realtà viva e impegnata, ma anche in questa realtà esiste ancora un ‘soffitto di cristallo’ che continua ad ostacolare il percorso di carriera delle donne escludendole dalle posizioni apicali. Questo è vero soprattutto nelle grandi organizzazioni in cui le donne faticano a raggiungere i vertici. Negli enti di piccole e medie dimensioni i dati evidenziano invece che le donne riescono a generare volumi di entrata simili a quelli degli uomini. La strada per la vera e piena parità è ancora lunga. E lungo questa via noi continueremo ad impegnarci”.
La presenza femminile negli organi e nell’organizzazione degli enti
Esaminando gli organi di governo delle organizzazioni del terzo settore emerge che solo il 19% delle associazioni e il 13% delle fondazioni ha come legale rappresentante una donna. Sono le associazioni che si trovano nella provincia di Bologna, Modena e Forlì-Cesena ad avere una maggiore incidenza di rappresentanti legali donne mentre per le Fondazioni la maggiore incidenza è nelle province di Piacenza e Rimini.
Le associazioni e le fondazioni più ricche, in particolare modo quelle che contano un volume di entrate superiore al milione di euro, hanno più frequentemente al timone di comando un uomo. Solo il 10% delle associazioni con volume di entrate superiore al milione di euro è guidata da donne, lo stesso si può dire per le fondazioni. Negli enti con minori risorse si riscontra invece una maggiore presenza femminile ai vertici.
Nel modo di erogare i servizi e di fare rete emergono delle differenze nella prospettiva di genere. Sia le associazioni sia le fondazioni guidate da donne tendono ad erogare servizi anche a soggetti diversi dagli associati in misura maggiore di quelle guidate da uomini. Nella stipula di patti o intese, le associazioni con una donna la vertice prediligono collaborare con altre istituzioni non profit, mentre quelle guidate da uomini puntano maggiormente alla stipula di patti o intese con le istituzioni pubbliche. Sul fronte delle fondazioni questa distinzione si annulla, le donne che guidano fondazioni sono attive nella stipula di accordi sia con partner pubblici sia con quelli privati e si dimostrano anzi complessivamente più dinamiche rispetto ai loro colleghi uomini.
Riguardo alla panoramica sul personale gli enti con legale rappresentante donna tendono ad organizzare le proprie attività mediante lavoro retribuito piuttosto che volontario e tendono ad impiegare in proporzione più volontarie e più lavoratrici retribuite. Le associazioni con una leadership femminile costituiscono infatti il 19% del totale, ma impiegano ben il 28% dei lavoratori retribuiti totali ed il 13% dei volontari. Stessa tendenza per le fondazioni a guida femminile: quelle rappresentate da donne costituiscono il 13% ed impiegano il 16% dei lavoratori retribuiti totali ed il 7% dei volontari totali, percentuali in aumento osservando le sole risorse umane di genere femminile.
Nelle associazioni il 40% dei volontari è donna, nelle fondazioni la quota di volontari rosa sale al 46%. Tra le associazioni il maggior numero di volontarie si concentra nelle province di Bologna, Reggio Emilia e Modena (oltre il 40%), mentre tra le Fondazioni la maggiore incidenza si osserva nelle province di Parma e Piacenza (oltre il 65%). È interessante osservare due dati in merito al volontariato femminile: uno legato all’età, per cui il maggior numero di volontarie si riscontra nella fascia di età inferiore ai 55 anni ed uno legato alla presenza di volontarie straniere. Gli stranieri che nel 2011 hanno prestato servizio di volontario presso gli Enti del nostro sottogruppo sono stati solo il 2% dei volontari totali nelle Associazioni e l’1% nelle Fondazioni. Tuttavia proprio le donne costituiscono la metà dei 412 volontari stranieri nelle associazioni e dei 14 volontari stranieri che prestano opera nelle fondazioni 12 sono donne.
Sul versante del lavoro retribuito, invece, gli enti hanno dato occupazione complessivamente a più di 6200 persone. Tra queste le lavoratrici costituivano il 62% nelle associazioni e l’80% nelle fondazioni. Il maggior numero di lavoratrici (1486) si rileva nelle province di Ferrara (93), Bologna (963), Forlì-Cesena (99) e Modena (331) per le associazioni e nelle province di Ravenna (110), Piacenza (301) e Ferrara (292) per le fondazioni (703 complessivi).
In merito al volume di entrate generato da questi enti ed analizzato in ottica di genere , un’associazione guidata da un legale rappresentante donna ha un volume di entrate che è poco più della metà di quello delle associazioni guidate da uomini. Questo squilibrio si spiega con il fatto che il numero delle donne che guidano associazioni con rilevante volume di entrate è basso. Se, invece, si osserva il volume di entrate generato dalle associazioni meno ricche, si può notare che quelle a guida femminile hanno mediamente entrate più consistenti rispetto alle associazioni guidate da uomini. Anche tra le fondazioni la percentuale di legali rappresentanti donne si abbassa riferendosi ai soli enti con un volume di entrate superiore al milione di euro. Come per le associazioni, anche per le fondazioni è solo sopra questa soglia che gli enti guidati da donne hanno entrate mediamente inferiori a quelli guidati da uomini.

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