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Da DUBLINO – Del periodo passato a Parigi ricordo bene il quartiere di St. Germain Des Pres; i vicoli del Marais; l’area attorno ai Jardins du Luxembourg; il Boulevard St Michel. Proprio su questa strada di tanto in tanto mi fermavo a “Le Boulinier”, la grande libreria dai colori rossi all’angolo di Rue Serpente specializzata in fumetti, o bandes desinees come dicono i cugini d’oltralpe. Nei banchi sulla strada, fuori dal negozio, centinaia di libri accatastati e fumetti ingialliti a 50 centesimi. Decine di curiosi che sfogliano quelle pagine o che solamente si riparano sotto i tendoni della libreria dalla piogge improvvise, che anche qui non scherzano. Charlie Hebdo me lo ricordo bene. Facile trovare vecchie copie su quegli scaffali. E mi ricordo bene i disegni di Wolinski, Cabu, Tignous, Honoré. L’ultimo fumetto acquistato, circa un anno fa proprio ‘Le Cirque des Femmes” (Paulette va al circo), classe ’77, che desideravo avere nella mia misera raccolta. Una creazione di Wolinski. Ucciso in data 07.01.2015, non disegnerà più. Mi ricordo bene le vignette di Charbonnier (Chard): i suoi personaggi dagli sguardi pazzoidi, sotto sotto riuscivano a strapparti un sorriso anche nelle vignette più volgari, anche quelle che avrebbero potuto offendere il senso pudico o la sensibilità religiosa. Ucciso in data 07.01.2015. Nemmeno lui disegnerà più. Come anche Bernard Verlhac (Tignous) e Philippe Honoré. 07.01.2015. E anche tutti gli altri caduti in questo vile attacco, che Parigi sta sinceramente piangendo nelle sue piazze, e nel privato delle sue case. E questa volta davvero.
Di Parigi ricordo bene anche il Canal Saint Martin, i bar ed bistrot attorno alla metro di Oberkampf. Il vociare dei ragazzi seduti ai tavolini. Una demi di Stella Artois prima di andare a mangiare un couscous a La Chapelle, servito gratis al venerdì, basta conoscere i posti giusti. Poco più a sud la fermata di Richrad Lenoir, ed i nuovi uffici di Charles Hebdo. Parigi a primavera e stupenda se riesci a prendere il tempo di viverla lentamente, senza sentirti obbligato di correre da un museo all’altro. Mi piace immaginare che sia ancora così. Meglio una camminata per Rue du Temple con un amico che innervosirsi nel claustrofobico fiume umano al Louvre. A breve tornerò a Parigi a fare il turista, nonostante il Plan Vigipirate sia a livello massimo, evitando accuratamente il turismo del macabro. Ma evitando anche gli stand dei fumetti della libreria Boulinier; i locali di Oberkampf; i bordi del canale St Martin, la lunga passeggiata verso Place de la Bastille. Preferisco tenere intatto il ricordo di una Parigi meno triste di questi giorni. E se mi verrà dato spazio su queste pagine, inviare la mia vicinanza agli amici di Parigi. Anche una parte della mia infanzia si è spenta il 07.01.2015 assieme a Wolinski, Cabu, Tignous, Honoré e tutti gli altri caduti in questo attentato senza senso.

IL BRANO INTONATO: Giorgia, Gocce di memoria [ascolta]

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Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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