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“Se ce n’è uno, il compito della letteratura e della poesia nella nostra epoca: non fare morire la lingua, farla vivere, metterla in circolazione al di là dello spazio letterario, richiamarla nell’esistenziale, nel quotidiano, affiancarla a nuovi modi di vivere, di essere, di sopravvivere: a nuovi modi di dire.”
(Gianni D’Elia)

Via degli Angeli

un velo da sposa artigliato ai tetti
si gonfia oltre le mura
è leggero poco più di un tulle
insacra il filare di pioppi gemelli
lungo le strade si cuoce il silenzio
di metafisiche geometrie

(da Qui non si arriva di passaggio. Ferrara, musa pentagona, Ibiskos Ulivieri, Empoli,  2012)

 

Delta

Dove acqua e cielo si confondono oltre
gli arginelli nei fumi delle salse
valli e occultano nelle ore riarse
aironi cinerini e gallinelle,
lì perde il colore l’onda salmastra;
e barene, bonelli, sacche sono
rifugi di luce argentazzurrina,
dai boschi di Mesola e Nordio sale
il silenzio dei fili della madre-
selva e dell’orniello; forse qui dove
una mareggiata incanto tessuto
d’agropiro spezza e d’erianto
non siamo più di un punto d’ombra.

(da Vicus felix et nunc infelix. La luce dell’ultima casa, Al.Ce, Ferrara 2015)

 

A t’ò vìst

A t’ò vìst na sira o na matina
quand d’inveran al dì
al finìs prest e al sćiaréza tardi,
ch’at fùsi ti o n’altra
aŋ m’importa gnént
a m’è vaŋzà al peŋsiér
ch’at pudési èsar sól tie che a fùs mi
quél ch’at tgniśéva al braz,
mama.

Ti ho visto una sera o una mattina/ quando d’inverno le giornate/ finiscono presto e cominciano tardi;/ che fossi tu o un’altra/ non m’importa/ mi è rimasta la sensazione/ che potessi essere soltanto tu/ e che fossi io/ quello che ti teneva a braccetto,/ mamma.

(da Al paréa uƞ fogh ad paja, puntoacapo, Pasturana)

 

La luna int al póz

Dill volt as farmàvaŋ
a guardàr int al póz,
ad sira…

a butar źó j’iŋsuni,
là int al bur,
dentr’a l’aqua fréda,
négra…

pó a n’agh séŋ più turnà
dop cla volta
ch’éŋ vist là źó,
śbaśiras, tarmànd, la luna,
alziéra.

Delle volte ci fermavamo/ a guardare dentro il pozzo,/ di sera…// a buttare desideri in fondo,/ là nel buio,/ nell’acqua fredda,/ nera…// poi non ci siamo tornati più/ dopo quella volta/ che abbiamo visto laggiù,/ impallidire, tremolando, la luna,/ leggera.

(da Al paréa uƞ fogh ad paja, puntoacapo, Pasturana)

Edoardo Penoncini
(
Ambrogio di Copparo, 1951). Laureato in Storia medievale presso l’Università degli Studi di Bologna, ha insegnato Lettere nella scuola secondaria. Per quattro anni, assegnista all’Istituto per la Storia di Bologna, già redattore della Rivista di studi bizantini e slavi, collaboratore per 25 anni della rivista Scuola e didattica. Suoi lavori di storia e di didattica della storia sono apparsi su riviste e volumi collettanei. Ha pubblicato nove raccolte di poesia in italiano, tre in dialetto ferrarese; tre saggi su poeti dialettali ferraresi sono apparsi in Annuario govoniano di critica e luoghi letterari, a cura di M. Bianchi, Otto/Novecento, Milano, 2019.

Dal 6 al 18 luglio  Parole a capo, la rubrica di poesia di Ferraraitalia, esce ogni mattina durante tutta la settimana. Per leggere tutte le puntate e tutti i poeti di ‘Parole a capo’ clicca [Qui]
Cover: Ferrara, scorcio di via Ercole I d’Este già via Piopponi, foto Beniamino Marino 
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Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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