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“Mi sarei fatta altissima come i soffitti scavalcati di cieli.”
(Claudia Ruggeri)

Niente resta uguale

Niente resta uguale e tutto si ripete.
Confidarsi è una precisazione di quello che precede,
una semplicità che fa durare le cose.
La casa bianca si racconta, cerca orecchie complici.
Ma la casa è stare fuori, è perdonare chi è partito
con il velo dell’allarme addosso.
Tu insegni alla bambina che la luce è un destino
anche quando gli alberi sono spogli e chiedono una tregua.
La bambina corre e correndo toglie l’aria ai gelsomini.
Ha la forza dei ricordi sottili, solo una mosca trema
e pretende la sua parte di veleno.
Dietro il cancello pesci dorati partoriscono piccoli ami dalla bocca.

Ci sono fantasmi in ogni angolo.
Chiedono di essere messi da parte, di essere lasciati andare,
di essere presi per mano un’ultima volta

 

 La tua è una resistenza coerente

La tua è una resistenza coerente.
Finalmente riposi e non c’è sguardo che possa farti male.
Il tuo corpo è un altare, un luogo di scomparsa
dove la luce entra piano e non ha fretta di arrivare.
Che inutile pudore la riservatezza di una vita.
Si vive di frammenti e tu dovevi morire
per capire di voler essere vivo.

Qui il giorno chiama ancora i suoi delitti ma io oggi
ti perdono e tu mi restituisci una speranza nuova.
Passeggi solo come un fantasma, arrivi piano,
perso nel bianco di una lingua dimenticata e c’è nell’aria
un sentimento antico, una miseria semplice.
Le tue gambe non torneranno più in nessuna casa
e tutte le mie intuizioni avranno subito grandi danni.

Ti cerco sulla spiaggia. Cerco quello che non sarà,
quello che non potrà più essere. La vita è una stagione a tempo,
una nuda terra dove tutto si riduce a una consapevolezza distaccata.
Oggi ti restituisco al mare, oggi ti perdono.
Ti ho perso prima che la terra imparasse la lingua dei vivi

 

Il muso degli animali sulla neve

Tenere insieme i pezzi
per come occorre, per come è possibile.
Le mani nella fessura del legno offrono protezione,
le tele dei ragni disegnano una musica bassa
e luminosa, è lì il teatro.
La legge del fuoco non ammette ignoranza
e se qualcosa rimane è solo un’impronta di realtà.

Il muso degli animali sulla neve è la traccia
di una prima direzione. Tu segui il bianco
anche quello delle parole che non so dire,
il silenzio è la nostra forma di obbedienza.
Verrà il tempo in cui gli spettri schiuderanno
le braccia senza sforzo e senza compassione
e noi non ricorderemo neanche un nome.

Saranno gli alberi il nostro aiuto alla memoria
e scorrerà di nuovo l’acqua e scorrerà di nuovo il sale,
dalla mia alla tua schiena, tra le case rosse,
tra le ossa rotte, oltre quel confine senza
più il rischio di un naufragio

 

Siamo pelle e ossa nude

Siamo pelle e ossa nude davanti alle incognite del mondo.
Siamo latte e sangue.
Un filo trasparente nella bocca dei bambini.
Due gambe nel punto più prossimo dell’acqua
e i cespugli a dire i primi segni dell’abbandono.
Qualcosa cambia prima di cambiare, gli animali hanno
luci gialle dentro gli occhi, quel giallo è un singhiozzo.

Passa il tempo ma la tua bellezza resta intatta
e tu senza sforzo ti avvicini. Entro nella tua saliva.
Io sono la tua malattia, Tu sei il mio contagio.
Ci diciamo cose oscure quando è buio.
Nessuno sa quanto sei grande. Nessuno sa che mi contieni.

(Le spine sono quello che resta quando il mare mangia la terra e riscrive i confini e le frontiere. La pace è nel legno inumidito dal sudore delle fronti: un’eco della terra da cui sono partiti tutti i padri. Il mondo che abita i tuoi sogni è una manciata di pezzi in ricostruzione, parla una lingua rara: è quella del perdono nella bocca).

Francesca Marica (Torino,1981). Vive a Milano dove esercita la professione di avvocato, occupandosi prevalentemente di minori problematici e donne vittime di abusi e violenze.
Poeta lineare e visiva, ha vissuto e lavorato anche in Francia e Spagna arricchendo il suo percorso di diverse contaminazioni. Traduce dall’inglese, dal francese e dallo spagnolo. Da anni approfondisce il tema delle avanguardie. Collabora e ha collaborato con riviste e siti di poesia italiani (tra gli ultimi, Argo, Poesia del Nostro Tempo, Anterem, Carte nel Vento, imperfetta Ellisse, Carteggi Letterari) e fa parte della giuria del premio letterario Internazionale Franco Fortini e di quello Nazionale Gianmario Lucini.
Dopo la recente pubblicazione di Concordanze e approssimazioni (Il Leggio, 2019, segnalato Premio Montano, XXXIII edizione) ha in cantiere un libro di prose poetiche e un libro d’artista a quattro mani con una scultrice contemporanea.

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]

 

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Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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