Skip to main content

 

“Il mare non parlava per frasi ma per versi.”
(Jack Kerouac)

Ridatemi i miei versi

Se non sono ancora in grado di scrivere versi
mamma, è perché sono finito tra gli encefali persi,
mamma, amavo una donna prima che fosse nata
e la mia serotonina si è trovata abbandonata.

Ho cantato dei deboli, dei distrutti, i miei scarti di magazzino
non credevo di diventare anche io flessibile come un manichino,
della consistenza di un esacerbato Krusty il clown
detonato senza miccia da giorni up e giorni down.

E io scrivo, versi disprezzati da me stesso e dalla popolazione,
mentre tu, con una valigetta rosa, prendevi il largo alla stazione,
senza nemmeno renderti conto che io ero caduto
nel fango dei miei neuroni come se fossero un anacoluto.

Se mi riuscisse un nodo scorsoio mi appiccherei a un albero
perché a me non resta l’alternativa tra il suicidio e il ricovero,
io nel mio fegato so che è cosa mia
in pubblico continuiamo con la terapia.

 

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
in nome della loro mancanza di ispirazione,
hanno la fortuna di non aver niente da ridere,
come nel ritornello de La donna cannone.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
una bottiglia di vino come amico fragile,
gli occhi gonfi pieni di dispiacere,
gli occhi gonfi di sangue come uno sbandato pugile.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
che si sentono da buttare via
e non hanno agli occhi zanzariere
che permettano di scacciare ogni fobia.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
stanati sulle labbra di un amore,
non trovano la forza di vivere
quando hanno strappato loro il cuore.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
sbattuti sulla riva come Ulisse,
nuovi eroi che non hanno niente da vincere
lacrime sulle ordinate e sangue sulle ascisse.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
ta-ra-da-dà, e le seconde strofe sono tutte da inventare,
devono apparire come stessero per sopraggiungere
come buche carsiche sulle strade dell’amore.

A tutti quelli che hanno qualcuno da piangere,
piangete, piangete, non lesinate
le lacrime si rimpiazzano con un buon bicchiere
smezzato a sorsi di lacrime bicarbonate.

 

Caronte, in riva al lago

Seduto su una roccia, in riva alle acque turbolente
macchiate di ricordi del mio Lete lacustre,
mi tramortisco col rumore ombroso delle onde
che cantano dei miei vent’anni, d’amori e attese blande.

Cerco un Caronte astioso e ansante,
che meni la mia barca sui fiumi d’Occidente,
rodato dosatore d’ansiolitici, seduta stante,
scorbutico maleducato, rude bifronte.

Cerco un Caronte, un Caronte vero,
temerario consulente abituato a transumanze d’ogni genere,
con remi, barba stanca,
obolo di scorta che difenda all’arma bianca.

Seduto su una roccia, rinvio a domani
l’insulsa immaturità delle mie mani.

 

Jana went to Prague

Jana went to Prague
chiudendo a chiave in un cassetto
tutta la dolcezza dei suoi cristalli di bohèmienne,
si sente in trappola, chiusa fuori da ogni gabbia,
e, rimanendo alla finestra, abbracciata alle sbarre,
osserva incuriosita la confortevolezza della non libertà.

Jana went to Prague
mettendo nella sua borsa tutti i suoi dipinti, le sue idee,
la sua interpretazione triste della ferinità brutale di ogni maschio,
inchiodato sulla carta, condannato, come mero organo,
a suonare nelle chiese durante i funerali,
a trasportare l’inaffidabilità dei propri ormoni
come macigni di Tantalo.

Jana went to Prague
col cuore scoraggiato dalla noia della solitudine,
dimenticando il coraggio di noi free spirits
nel resistere alle svendite o ai saldi di emozione,
moderando i nostri istinti alla soddisfazione,
tiene stretti nelle sue mani d’artigiana,
fredde come sanno essere fredde le mani delle ragazze di Karlovy Vary,
i disegni di un drago, i segni degli incisivi dell’amore di sua figlia
incastonati, come fosse ambra, nella dura plastica di un sex-toy.

Jana went to Prague
con il suo sorriso da diamante smarrito in un giardino
a mettere in discussione il suo indiscutibile valore
davanti a un bicchiere di vino e di imbarazzo,
l’imbarazzo angosciato di noi dirty persons,
quando cerchiamo di rateizzare le nostre schiavitù,
affidandoci alle braccia di chi ci mostra scarso interesse.

Jana è andata a Praga, e non so se tornerà,
inebriandomi ancora col sapore del suo sorriso
con la contagiosità del suo profumo,
con l’entusiasmo della sua pelle,
Jana è andata a Praga, e io sarò lì, con lei.

Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Ha diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Tra il 2007 e il 2018 sono uscite varie sue raccolte di versi. Ne evidenziamo alcune: Underground Riserva Indiana (A&B Editrice); Il Guastatore (Cleup Ed.); Lame da rasoi (Joker Ed.); Patroclo non deve morire (deComporre Edizioni); Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni (Limina Mentis).

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]

Tutte le informazioni per ascoltare e partecipare a l’Ultimo Rosso : Ferrara, 15 e 16 ottobre 2021 [leggi Qui]

tag:

Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it