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Da: Ufficio Stampa Provincia di Ferrara

Nota stampa del Presidente della Provincia Barbara Paron.

So bene cosa c’è scritto a pagina tre del progetto denominato “Il Castello si colora”, in merito al logo dello sponsor proiettato sulla torre dell’orologio.
Il problema, lo ripeterò pazientemente ogni volta che ce ne sarà bisogno, è che non è stato chiesto alla Provincia di approvarlo, sottoscriverlo, condividerlo, o di esprimere un parere.
Siccome una pubblica amministrazione parla essenzialmente per atti amministrativi, sfido chiunque a trovare in Provincia un atto – decreto del presidente o delibera consiliare – in tal senso.
Ciò che è stato chiesto formalmente è il rilascio di nulla osta (in data 5 novembre scorso) per l’utilizzo a titolo gratuito del Castello Estense per la realizzazione dello spettacolo “Fontane Danzanti più grandi d’Europa” (rilasciato il 13 novembre) e, in data 8 novembre, l’uso dell’imbarcazione della Provincia per l’istallazione dell’impianto relativo, appunto, al progetto “Il Castello si colora” (concessione rilasciata lo stesso 13 novembre).
I tecnici della Provincia mi hanno puntualmente informato di essere stati coinvolti, negli incontri operativi, sui vari aspetti legati alla sicurezza. Perciò all’interno dell’amministrazione non c’è stato alcun problema di comunicazione.
Perché non ho posto il problema di un progetto già definito, trasmessomi in allegato e sul quale non è stata chiesta alcuna condivisione?
Molto semplicemente, ho ritenuto di non sollevare problemi quando, anche solamente per ragioni di normali relazioni istituzionali, mi sarei aspettata come ente proprietario del Castello altra forma d’interlocuzione ancor prima che tutto fosse definito e deciso, invece di un coinvolgimento solo nella fase esecutiva.
Pur avendo riserve personali, ho voluto pensare a un accordo comunque costruito in origine, non immaginando che numerosi cittadini mi manifestassero il loro disagio – con toni, assicuro, non proprio da dame della San Vincenzo – attribuendone alla Provincia la responsabilità.
Per questo ho preso carta e penna per ristabilire l’esatta sequenza dei fatti e per esprimere alcune perplessità, peraltro condivise da alcune autorevoli voci del mondo istituzionale e della cultura.
Per completezza d’informazione, aggiungo che lo scorso 26 settembre ho chiesto e ottenuto di attivare il Tavolo permanente di coordinamento previsto dalla Convenzione tra Comune e Provincia per la gestione del Castello Estense, in vigore dal luglio 2015 e valevole fino al 31 dicembre 2020.
E ciò che sta avvenendo mi conferma come questo sia un lavoro necessariamente da compiere.
Perciò rispondo serenamente al sindaco Alan Fabbri e all’assessore comunale Fornasini con alcune considerazioni.
Primo: personalmente farei attenzione a paragonare il Castello Estense con altri beni monumentali di Ferrara, soprattutto per chi ha in animo di porre in risalto la radice culturale della ferraresità.
Secondo: non mi si può imputare una mancanza di attenzione ai dettagli della questione che, come ho spiegato, ho ben presenti fin dall’inizio.
Terzo: la dichiarazione dell’assessore Fornasini, per il quale “Questo atteggiamento è indice di una vera e propria avversione alle imprese tipica della mentalità vetero comunista”, penso si commenti da sola.
Come ho spiegato personalmente allo sponsor e al presidente di Cna, Davide Bellotti, qui non è in discussione il lavoro delle imprese che sostengono eventi e iniziative, che vanno ringraziate e incoraggiate. Piuttosto mi meraviglia che un ex assessore provinciale al Turismo ponga la questione in questi termini.
Nei prossimi giorni mi riservo di approfondire l’intera questione anche dal punto di vista della legittimità e correttezza amministrativa ed economico-finanziaria.

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PROVINCIA DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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