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Da: gruppo Partito Democratico

 

Abbiamo letto con grande preoccupazione la notizia della chiusura dello stabilimento di via Marconi, annunciato da Celanese come un fulmine a ciel sereno. Una preoccupazione legata in primis ai posti di lavoro che andrebbero persi, vanificando gli sforzi che negli anni, anche con il supporto delle Istituzioni locali, avevano portato l’allora Softer a subentrare nel fallimento di Nylco/P-group, mantenendo l’attività e le professionalità dei lavoratori in città, e aumentando i posti di lavoro.

Non ci sono infatti motivazioni oggettive alla base di questa scelta, se non scelte commerciali sbagliate da parte dell’azienda, che hanno portato ad un calo delle vendite, e probabilmente la necessità di dimostrare ai mercati finanziari che qualcosa si stava facendo, non sfugge infatti che la notizia sia stata data in contemporanea con la presentazione delle previsioni trimestrali. Preoccupa l’assenza totale di un piano industriale, di una strategia per tornare ad essere competitivi in un mercato, quello del compound, sempre più esigente. L’intenzione poi di chiudere lo stabilimento di via Marconi, dove sono presenti gli estrusori che verrebbero portati a Forlì, e mantenere aperto invece l’impianto di piazzale Donegani, dove viene prodotta la materia prima, è indice di miopia, o peggio fa pensare ad un percorso a step, che tra qualche mese vedrà anche la chiusura totale delle attività su Ferrara.

Nei giorni scorsi, i consiglieri e il segretario del Partito Democratico ferrarese hanno incontrato i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali, per ribadire la propria volontà di supportare in ogni modo la lotta dei lavoratori per la salvaguardia del proprio posto di lavoro, e dell’attività industriale in città. Bene ha fatto il Sindaco a chiedere un incontro alla proprietà, ma l’Amministrazione non può accontentarsi di vaghe rassicurazioni sulla ricollocazione del personale, che sembrano infondate, ma deve pretendere risposte certe, che partano dal ritiro della decisione di chiudere lo stabilimento Celanese in via Marconi.

Solo davanti a questa retromarcia sarà possibile aprire seriamente un tavolo di confronto su come supportare il rilancio dell’azienda, viceversa, davanti all’annuncio del sacrificio di 67 famiglie e dell’impoverimento del tessuto industriale cittadino, ogni alternativa sarà comunque una sconfitta.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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