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di Diego Gustavo Remaggi

Per fortuna ci siamo, in lontananza si sentono ancora gli ultimi spari delle cartucce in tasca ai due schieramenti. In sostanza, poca a dir la verità, lo schieramento del sì ha avuto un approccio del tutto inadeguato alla campagna referendaria. I contenuti sono molto pochi, il terrorismo indirizzato alla paura del post 4 dicembre è tanto. Ad esso si legano tanti temi, dalla salute alle sorti economiche del Paese stesso. Questo, all’insegna di un cambiamento, ma non di un cambiamento positivo o negativo, di un cambiamento e basta, come se bastasse il significato lessicale stesso del termine a darne una connotazione squisitamente vantaggioso per il Paese. L’importante è arrivare al 5 dicembre e cambiare pagina, dice Renzi, poi si vedrà. Ma davvero funzionerà come scommessa sul futuro?

Essenzialmente la presa di posizione renziana è basata sull’accentrare i favori delle classi sociali che qualche soldino nelle tasche lo hanno ancora, quella che viene definita “maggioranza silenziosa”, storicamente e giornalisticamente parlando: “vari movimenti d’opinione di ispirazione cattolica, conservatrice o moderata”. Ma diciamo pure che dalla sua, Renzi, ha anche una bella mano d’aiuto da endorsment internazionali, dall’Ocse e quotidiani schierati con corrispondenti dalla camicia bianca slip fit d’ordinanza. Qualche esempio? Il Financial Times che profetizza il fallimento di otto banche italiane in caso di vittoria del no, il Daily Telegraph che calca la mano sul pericolo dell’uscita dall’euro, Figaro che sostiene l’inquietudine dei mercati facendo confusione tra Brexit e vittoria del No. Se vogliamo dirla tutta, nei noti pastoni da quarta o quinta pagina si butta nel mezzo anche il temutissimo fallimento del vertice di Vienna sui tagli alla produzione petrolifera. Sì, è chiaro che non c’entra assolutamente nulla, ma fa numero e fa gioco.

In realtà nulla di tutto ciò ha un qualche fondamento reale. Partecipando, per lavoro, a diverse iniziative da parte dei diversi schieramenti ho potuto notare una cosa, interessante ma al tempo stesso significativa delle due diverse organizzazioni referendarie. Quasi tutte gli eventi organizzati dai sostenitori del sì hanno avuto in cartellone nomi “grossi” della politica nazionale e regionale, che non si sono fatti mancare di nulla, dalle spillette ai materiali informativi stampati con un design certosino e ovviamente costoso, a meno che pure chi si è occupato della parte editoriale non lo abbia fatto a gratis, ma ne dubito. Gli eventi organizzati dal comitato per il no hanno basato la loro campagna su una diffusione capillare di micro-esposizioni, mini-relazioni con cui hanno intrattenuto un vasto pubblico votante. Dalla loro, associazioni come Anpi, Arci, sindacati, comitati civici eccetera, con pochi nomi in vista e tanta discussione data dagli incontri con cultori della materia, accademici o costituzionalisti.

Personalmente ho trovato più convincente la campagna referendaria del No, e non solo perché io mi trovi già politicamente vicino ad un partito che sostiene un tale esito del referendum, ma perché è stata nella sostanza più efficace sotto ogni punto di vista, sia dal campo comunicativo che da quello più strettamente politico. Ritengo che Matteo Renzi abbia in qualche modo voluto dividere in due il Paese con una riforma costituzionale e questo per me è già un segnale “sospetto” della sua politica aperta al cambiamento indefinito di una identità sociale e civile come quella italiana. Un cambiamento in cui non riesco a vedere nessuna accezione positiva, specie se considerato esso stesso come punto di forza della campagna per il si. Un cambiamento non è un valore di per se: le cose possono cambiare in meglio o in peggio. Tralasciamo pure il fatto che sia di per sé improprio che un governo si faccia promotore di una revisione costituzionale, non è affatto inclusivo non permettere a tutte le forze politiche rappresentative degli italiani di potersi sentire parte di un così importante cambiamento.

Ne va del ritenere l’Italia un paese unito e nel volerlo disgregare soprattutto nella sua rappresentanza politica. E questo a me proprio non piace. Per tale motivo, assieme a tanti altri, voterò con molta serenità e sicurezza il mio no al cambiamento della Costituzione.

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Redazione di Periscopio


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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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