Skip to main content

Proviamo ora, a distanza di moltissimo tempo e cioè dai primi anni Ottanta, a rileggere cosa ha detto di noi il Censis e come viene descritta la “regione” ferrarese nella Storia illustrata di Ferrara; questo potrebbe aiutarci, forse, a riflettere e a capire perché siamo ancora un lembo lontano della via Emilia, e perché sia così difficile per noi svegliarci e uscire da una complicata storia di secoli.

Sulla base dei racconti di 424 imprenditori intervistati, il Censis evidenziò in particolare che:

– il tessuto imprenditoriale ferrarese pare incapace di esprimere strategie ed ha accumulato ritardi, risulta ancora debole, si chiude dentro il locale, ha una evoluzione lenta; non maturo ad una cultura del fare impresa, è privo di relazioni industriali, da segnali di inerzia e emerge una sorta di sviluppo bloccato, le cooperative sono un mercato protetto e questo non è positivo, manca il salto per guardare altrove più che guardare oltre;

– la classe politica debole è di ostacolo all’innovazione e porta ad un sistema associativo poco evoluto, si sente il bisogno di immaginazione politica a ipotesi forti, scarso è il contributo della politica locale ad affrontare le criticità sociali e si tende a caricare elementi di tensione;

– interessanti risultano alcuni comportamenti imprenditoriali di modernizzazione dei processi, tra il ’75 e l’85 il 35% è nuova imprenditoria; si richiede una sorta di evoluzione di onda lunga, serve un artigianato più evoluto ed un innesto di imprese dall’esterno per fare struttura di tessuto; per evitare l’impoverimento del vissuto, serve allargarsi ad aree contigue per puntare su piste lunghe, si manifesta una volontà di fuga.

E ora riprendiamo alcuni passaggi tratti dalla Storia illustrata di Ferrara (a cura di Francesca Bocchi, Sellerio, 1987):

– il ferrarese muta con il mutare del tempo (estensi, medioevo, rinascimento) in un processo storico che ha sedimentato nel territorio taluni caratteri, formando l’immagine di una identità;

– sentirsi ferrarese significa parlare di “regione” ferrarese; Ferrara è la biforcazione tra il Primaro e il Volano, un crocevia idroviario, terre nuove;

è “una regione” che ha visto svilupparsi la propria storia in una altalena di situazioni spesso estreme, che ha dovuto modellare la propria identità su contrapposizioni sempre nette;

– nel quadro della geografia economica italiana, il Ferrarese sconta, anche, gli effetti negativi della posizione. Secoli di dominio papale, una situazione di accentuata concentrazione fondiaria, la presenza di un esercito di braccianti sottoccupati, l’assenza di investimenti locali, sono tutti elementi che storicamente hanno favorito la situazione di marginalità;

– il Ferrarese è uscito dal secondo conflitto mondiale lacerato nella sua economia e nella sua identità. Un fardello pesante per quelle generazioni, si è spezzato il rapporto con il passato, persa la continuità anche del ventennio, di un tessuto di solidarietà sociale. Ricostruire fu arduo, ci fu un’emarginazione politica.

Cosa dire di quel tempo, se non che molto è dipeso e dipende da noi; siamo ancora immersi in quelle storie, restiamo nel ducato anche se nel suo perimetro debordano gli sguardi delle terre del comacchiese, dell’argentano e del centese, più come fuga e come distacco di diversità.
La città, poi, l’altro ieri, ieri e ancora oggi, pensa più alla sua lettura città-centrica che non ad una visione d’area, e la più lunga e ampia possibile. E non ci meraviglia che nella ‘città della non contiguità con altre terre’, non ci sia la volontà di farsi in una ritrovata geopolitica, non solo per poter crescere e svilupparsi economicamente, ma anche per far propri caratteri d’ambiente, per farsi incrocio fra culture e costruttore di nuovi orizzonti di comunità.
Se, infine, chi ci legge è per una diversa seppure approfondita lettura, è sicuramente un bene, perché quello che si chiede è come uscire da queste secche e farsi veramente storia di un piccolo popolo, ogni proposta risulta utile e preziosa.
E se fossimo assaliti, e le nostre mura estensi, difesa oggigiorno inutile e dannosa, espugnate? Verrebbe quasi da augurarsi, fuor di metafora, un evento che ci costringa a guardare oltre le mura, lontano, noi pensiamo a est e verso la costa.
Finalmente diventeremmo una regione ferrarese, dentro ed insieme ad altri con un sogno, una speranza che affidiamo a coloro che possono lasciare un solco del ‘cambiare verso’. Forse è possibile, e perché non andare verso una grande Romagna?

tag:

Enzo Barboni


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it