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Io ho diciannove anni. “Rebecca ormai sei grande” mi dice sempre la zia Costanza. Mia sorella Valeria ne ha dodici e Enrico, il piccolo di casa, ne ha compiuto quattro.
Credo che una delle cose che la zia ha cercato di insegnarci in questi anni sia l’amore per la musica e per la poesia, per la storia e per quel poco di filosofia che può essere utile a dei bambini.
Fin da quando ero piccola facevamo il gioco delle rime. Lei diceva una frase e io dovevo concluderla con una rima:
“Il gatto si fece male alla testa” e io dicevo “perché volò dalla finestra”. Oppure lei diceva:    “C’è una striscia d’oro nel cielo” e io continuavo “sembra luccicante come un velo”. Oppure giocavamo alle rime tra le parole: “Cane” e “pane”, “Vento” e “tempo”, “fiore” e “amore”, “fratello” e “ombrello”.
Non so se siano giochi usuali ma a me piacevano e vedo che piacciono anche ai miei fratelli piccoli.
Enrico ama particolarmente le rime con i nomi degli ortaggi: “zucca” e “mucca” ,  “uva” e “clava”, “mela” e “ragnatela” e così via.

Oggi ho sentito in Tv un’intervista a Laura Valente, la ex moglie di Pino Mango, nonché cantante dei Matia Bazar per quasi dieci anni (dal 1990 al 1998). Oltre ad essere una bravissima cantante, Laura è una donna molto forte e determinata. L’ho sentita dire che ciò che riempie la sua vita e quella dei suoi figli è la poesia che ha lasciato loro Mango.
Le canzoni, le rime, la possibilità di ‘volare alto’ attraverso la poesia e la musica sono l’eredità che questo grande uomo, compositore e cantante, ha lasciato alla sua famiglia e di cui sua moglie si sente fiera e testimonial. Mango ha lasciato loro un modo di vivere che, abbracciando l’arte, diventa semplice, possibilista, aperto alla sorpresa e alla felicità. Un’arte aperta ai sogni e a ciò che di bello può succedere.
Filippo e Angelina Mango sono due musicisti eccellenti. Angelina canta e Filippo suona la batteria e altri strumenti. Molto talentuosi i ragazzi, figli di illustri genitori. I Mango senior (sulla terra o nei cieli) sono sicuramente contenti della scelta professionale dei loro figli perché l’hanno sempre considerata e tramandata come una strada per la felicità, come un modo, forse il migliore di tutti,  per andare via dalla tristezza del mondo e innalzare lo spirito verso la stella più vicina. Là c’è Orione.

Anche la zia Costanza, che considera Mango un poeta oltre che un bravo cantante, ogni tanto scrive poesie.  Dice che le sue sono opere “casalinghe”, che non hanno la pretesa di diventare famose. Basta che piacciano a noi tre, i suoi nipoti. Le altre migliaia di persone non contano nulla. E’ convinta che  se una poesia sia in grado di illuminare, anche solo per un attimo, la vita di un’unica persona, merita tutta la dignità della sua esistenza, del nome che l’identifica. Dice che non bisogna scrivere poesie per diventare famosi, ma per allietare le giornate delle persone che ci circondano, che ci vogliono bene, che sono la nostra famiglia (biologica o acquisita poco importa, ciò che importa è la qualità delle relazioni che si instaurano  e consolano).

Con questa premessa, e cioè che il suo scrivere poesie è esclusivamente finalizzato all’apprezzamento parentale, la zia scrive spesso senza pretese e senza alcun desiderio che altri leggano  le sue opere.
Lo scopo delle poesie della zia si esaurisce tra le mura domestiche. Sono parole che non vanno altrove, nessuno prova a mandarle ad un editore, a inviarle a una rivista, a postarle da qualche parte. Noi tre nipoti siamo gelosi dell’appartenenza, quasi esclusivamente nostra,  dei componimenti della zia. Ci sembrano più preziosi perché racchiusi nei cassetti dei nostri comodini. La poesia è sensibile come lo è chi la scrive e come deve esserlo chi la legge. Altrimenti diventa una qualunque lista di parole che serve solo a riempire cestini che vengono svuotati subito.

Una poesia che a me  piace particolarmente è stata scritta dalla zia di ritorno da un viaggio a Coimbra e si intitola appunto “Coimbra”.
Alcuni anni fa, tornata a scuola dopo la pausa estiva, ho descritto in un tema la vacanza della zia e ho trascritto la sua poesia (dopo averle chieste il permesso che mi ha concesso senza troppo entusiasmo e che non credo mai mi riconcederà. E’ stato un attimo di debolezza momentaneo che ha dato a “Coimbra” un po’ di visibilità).
Ho preso “appena sufficiente”, l’insegnante diceva che la poesia era sicuramente copiata. Ma da chi? Non lo sapeva, forse da un autore locale portoghese. Si sa i portoghesi con la poesia ci vanno a nozze. Pessoa, uno per tutti.

Le ho spiegato che la poesia era stata scritta dalla zia Costanza, ma non mi ha creduto, oppure ha creduto che era la zia stessa ad avermi imbrogliato e ad aver spacciato per sua una poesia di qualcun’altro. A quel punto è venuto un piccolo dubbio anche a me e mi sono messa a cercare ovunque. Di questa poesia non c’è traccia da nessuna parte. L’ha proprio scritta la zia per regalarla a me. L’insegnante non ci ha creduto, credo che sia ancora là che si arrovella alla ricerca del vero autore che secondo lei deve avere tutt’altro nome che Costanza Del Re. Siamo talmente abituati a conti, bollette, bilanci, rapporti scientifici che non riusciamo più a prendere in considerazione l’dea che ci sia ancora qualcuno che ama le parole baciate ed è in grado di scrivere poesie (almeno per le persone a lui care).
Eppure i grandi poeti sono importanti almeno quanto gli ingegneri, gli architetti,  i matematici e i medici. Attraverso la poesia possiamo  aprire le ali e garantire a noi stessi un senso dell’esistere che migliora i nostri respiri e i nostri attimi di pace, la nostra voglia di vivere.

Laura Valente dice che con Mango ha vissuto molti anni in mezzo alle note e alle parole  e che questo ha migliorato molto la sua vita.
Il grande regalo che Pino Mango ha lasciato a sua moglie è una poesia dentro la quale vivere e che le potrà tenere  compagnia per sempre, fin che vivrà. La poesia sopravvive a chi la scrive. Consola chi la ama. Un grande uomo non può che lasciare ai suoi amori delle poesie.
Pino Mango leggeva molto e tra i suoi autori preferiti c’erano: William Shakespeare, Eugenio Montale, Federico Garcia Lorca, Charles Baudelaire, Pablo Neruda e Nazim Hikmet. Poco prima di lasciare questa terra, ha inserito in una prefazione questo pensiero:
Non tutti amano la poesia, anzi alla maggior parte delle persone sembra non piacere affatto, però io credo che, il più delle volte, non si tratti di scarsa sensibilità verso questa nobile arte, quanto di una mancata abitudine all’analisi intima dei colori che da, all’arcobaleno dei sentimenti, la vera tonalità del vivere.”

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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