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di Diego Gustavo Remaggi

Tre giorni dedicati ai libri, dall’11 al 13 Novembre, grandi incontri, due piani di espositori e poi incontri a non finire, tanto che qualcuno ha ben pensato di prenotare un albergo per non perdersi nemmeno un appuntamento. Pisa è una città abbastanza silenziosa, le rive dell’Arno sono l’immagine della quiete di un polo universitario di importanza nazionale, ma anche di una “repubblica” che ha fatto il suo tempo e in cui volti e noti e non sembrano non smettere di fermarsi col naso all’insù per ammirare l’imperfezione della torre e la bellezza del giardino attiguo. La cultura ha di che gioire, perché quest’anno sono arrivati ben 160 editori e 200 ospiti, tutti a tema letterario, o “libresco”, dal respiro internazionale – in un’edizione dedicata all’Irlanda – e perché no, anche locale. Anzi, a tagliare il nastro della rassegna sono proprio stati il sindaco Marco Filippeschi e l’ambasciatore irlandese Bobby McDonagh che ha apposto un simbolico sigillo a forma di quadrifoglio sulla tanto attesa edizione numero quattordici. “Faccio i miei complimenti a tutti quelli che si impegnano per la buona riuscita del Pisa Book Festival – ha affermato il primo cittadino –. Ci sono molti giovani volontari che danno il proprio contributo, ed è un fatto importante che testimonia l’impegno che c’è dietro.

Il livello degli ospiti, così come dello stesso festival, è alto, le collaborazioni sono importanti e danno molto sia a Pisa che alle case editrici indipendenti, che stanno lottando contro la crisi”. Nel palazzo dei congressi, dove è ospitato il festival, c’è un via vai di bibliofili indaffarati, l’atmosfera è bellissima, si passano decine di minuti a parlare con piccoli editori, si discute di collane, novità, presentazioni, nulla è lasciato al caso, ci sono gli spazi per la letteratura per bambini, gli editori specializzati in testi antichi, serie di “culto” e poesie. Per chi si muove qui, sostare davanti a certi espositori è come restare, da bambini, davanti al banco dei dolciumi.

E gli accenti che si ascoltano davanti ai vari stand sono quelli di un paese letterario vivo, in fibrillazione, che corre dai “tipi” della Minimum Fax a quelli di Sellerio, raccontando le storie, con diversi toni di colori, di personaggi vivi o reali, per tre giorni protagonisti. Una delle presentazioni più attese, al di là dei grandi nomi di rito, è quella di Sumia Sukkar, giovane scrittrice britannica, di padre siriano e madre algerina, che ha raccontato la genesi del suo romanzo d’esordio: “Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra”. Il libro, edito in Italia da Sirente, è stato presentato per la prima volta all’indomani della cerimonia della laurea dell’autrice stessa, a 21 anni di età, nel 2013. I britannici hanno accolto con grande interesse il titolo, la BBC ne ha trasmesso un riadattamento radiofonico l’Irish Times ha accolto la sua pubblicazione con un ottimo riscontro. Il protagonista della storia è Adam, 14 anni, affetto dalla sindrome di Asperger che rappresenta le sue emozioni con la pittura. Per lui, ogni cosa che esiste ha un colore, questa è la condizione in cui riesce a vedere il mondo, oltre il grigio e la polvere di una città distrutta dalla guerra.

Nel week end, oltre alle presentazioni dei nuovi autori italiani e internazionali, c’è stato spazio anche per la presenza di ospiti importanti, come Mauro Corona, Sergio Staino, Bjorn Larsson, Giancarlo Caselli, Marcello Fois, un susseguirsi frenetico di incontri, negli spazi del palazzo dei congressi tirato a lucido per l’occasione, in cui, nell’anno irlandese, non poteva mancare un omaggio a James Joyce. “Pisa è fatta così”-ci racconta un volontario in una pausa sigaretta – “ci son dei giorni in cui non ti accorgi nemmeno che esista e altri in cui sembra diventare il centro del mondo”. Il problema di ognuno, qui, è rappresentato dalla scelta, non tanto del genere o delle edizioni in bella mostra, ma dalla quantità di posto nelle tasche – e nel portafogli – nei giorni della festa. Gli editori indipendenti non nascondono la voglia di raccontarsi e questo è un bene, hanno la loro storia nelle copertine e nei paratesti che trasudano di storia o di leggera novità. A volte, dietro agli stand, si nascondono facce stanche, altre volte curiose o desiderose di raccontare, vicende di autori, traduttori, stampatori.

La passione e il lavoro al Pisa Book Festival, diventano una cosa sola, una coacervo di chi non potrebbe vivere senza i carattere tipografici allineati e impaginati per raccontare storie. Quest’anno la copertina era tinta di verde Irlanda, il prossimo chissà.

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Redazione di Periscopio


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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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