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Le canzoni attraversano le nostre vite. Tutte. Che siano poesie cantate o musiche che accompagnano qualche bel verso, resta argomento di conversazione, tema irrisolto, ma forse irrilevante. Molto spesso le ascoltiamo senza prestare troppa attenzione al testo che sta abbracciato alla musica. Le usiamo come sottofondo alle attività più disparate, le canticchiamo sotto la doccia, le associamo a momenti particolari delle nostre vite, ritrovandoci come tanti Marcel ad inzuppare emozioni al semplice dispiegarsi di qualche nota o verso.

Chiunque sappia strimpellare una chitarra ha sicuramente provato a comporre una canzone, così come quasi tutti – le eccezioni esistono in ogni ambito – hanno prima o poi affidato a qualche verso “poetico” il bisogno di esprimere sensazioni, riflessioni, impressioni.

“ poi se la gente sa
E la gente lo sa che sai suonare
Suonare ti tocca
Per tutta la vita
E ti piace lasciarti ascoltare”.

Versi indimenticabili del Suonatore Jones, alias De Andrè, da cui vorrei partire per parlare di canzoni. Un pretesto per affrontare, con leggerezza, ma anche la necessaria profondità, tutto ciò che ci accade attorno, che forse diventerà storia, ma che sicuramente è la vita che ci scorre accanto e che ci propone in continuazione argomenti su cui riflettere, meditare, discutere.

Partire da una canzone per arrivare chissà dove, anche a me stesso. Prendetelo come programma di una rubrica aperiodica e anarchica. Almeno questa è l’intenzione. Se non sarò all’altezza, certamente non sarà colpa delle canzoni.

Per iniziare ho pensato a Leonard Cohen, prima poeta e poi cantante-autore. C’è la difficoltà della lingua: le traduzioni sono sempre qualcos’altro. Ma possiamo provare ad avvicinarci, con l’umiltà dei dilettanti e la passione degli amanti.

Il brano che ho scelto per parlare di guerra, è “Anthem”, che possiamo tradurre con “Inno”.

La parola però è imparentata con antiphon (antifona) e questo la riporta al suo alveo originale di composizione musicale vocale usata per accompagnare testi di natura religiosa. Aggiungiamo che l’album The Future a cui appartiene, è l’ultimo pubblicato dal nostro nel 1992, prima di un lungo ed importante ritiro dalla scena musicale.
Cohen infatti di lì a poco salì in montagna per ritirarsi in un monastero buddista, nei pressi di Los Angeles. Come raccontò “Roshi, il suo maestro zen, l’aveva cambiato: «Cucinavo per lui, ero il suo attendente. Lui non parla bene inglese, la conversazione era elementare, nessuna grande idea, nessun concetto complesso. Gli portavo la cena, lui diceva: “Questo ristorante buono”. Sono suo amico da trent’anni, nel 1993 pensai che fosse il momento di passare un po’ di tempo con lui. Sono andato nel suo monastero…” (Piero Negri,  da La Stampa del 12 novembre 2016).
Per inciso, quando ritornò alla musica e allo show-business, nei primi anni duemila, scoprì che la sua agente e per un certo periodo anche compagna, mentre lui se ne stava a meditare, lo aveva messo quasi sul lastrico, sottraendogli indebitamente parecchi soldi.

Parlare di guerra è imbarazzante, lontano dal fronte e dalla sua carneficina. Ho a suo tempo fatto obiezione di coscienza, ma l’ho fatta forse come tanti, senza dover veramente mettere alla prova la forza e la profondità della mia decisione. Ricordo che quando, poco più che diciottenne, presentai la domanda e fui chiamato in caserma per il colloquio di rito con i carabinieri che dovevano presentare la loro relazione ‘conoscitiva’ sulla mia persona e quindi sull’attendibilità della mia richiesta, ero parecchio teso. Sicuramente si trattava del primo caso per l’Arma nel mio paese, Comacchio.  In sala di attesa, ad aumentare la mia ansia per quel colloquio, mi ritrovai con un signore, probabilmente un habituè della caserma, che si lamentava perché era stato convocato per l’ennesimo controllo.

In testa mi frullavano i consigli che gli amici e alla Loc di Bologna mi avevano dato in quei mesi. “Se ti chiedono come ti comporteresti di fronte a malviventi che stanno malmenando un tuo familiare, devi rispondere che ci parleresti, ma mai useresti armi per difenderli!”.
Non ero molto convinto di quella risposta, un po’ stereotipata, ma, mi era stato detto “non puoi metterti a discutere con i Carabinieri. Alla fine conta solo quello che dici e non puoi contraddirti!”.  Il colloquio fu però molto meno pregante e il carabiniere con cui parlai si limitò a chiedermi conferma delle cose scritte nella domanda di obiezione, ripetendomi che era fatica sprecata, sicuramente mi sbagliavo, non esisteva una legge come quella da me invocata: “Vedrai che farai il militare! Non c’è niente di male.”, mi disse bonariamente.

Ho ripensato anche a queste cose davanti alla tragedia della guerra in Ucraina. Così come alla tremenda confusione che mi aveva accompagnato quasi vent’anni dopo, davanti alla carneficina nella ex-Jugoslavia. Ho ripensato alle parole di Alex Langer in occasione dei bombardamenti della Nato e mi sono ricordato di quando poco prima della sua decisione di togliersi la vita, l’ho intervistato, alla Sala Estense, ai margini di un incontro pubblico su questi temi. Alex era visibilmente stanco e provato dal suo incessante viaggiare da una parte all’altra dell’Europa, instancabile tessitore di ponti tra le persone.
Forse abbiamo dimenticato il suo attualissimo j’accuse del 1995: “L’Europa muore o rinasce a Sarajevo”, quando si recò a Cannes a manifestare davanti ai Capi di stato e di governo, per la Bosnia Herzegovina. “Basta con la neutralità tra aggrediti ed aggressori, apriamo le porte dell’Unione europea alla Bosnia, bisogna arrivare ad un punto di svolta!”.

La storia ovviamente non si ripete. In questo caso l’Europa non sembra neutrale, ma forse lo è stata prima, quando con l’annessione della Crimea nel 2014, la guerra tra Ucraina e Russia, anche se per interposta persona, è iniziata.
Anche in questo caso le parole di Alex sembrano profetiche:
Penso che nella convivenza tra diversi noi sia molto importante che ognuno di questi noi non si senta in pericolo, cioè non si senta minacciato. Quando ci si sente minacciati è vicina la tentazione della violenza… Quindi credo che oggi uno dei grandi compiti di chiunque abbia voglia di un futuro amico sia proprio quello di diventare in qualche modo, nel suo piccolo, pontiere, costruttore di ponti del dialogo, della comunicazione interculturale o interetnica” (dall’intervento al Convegno giovanile di Assisi, Natale 1994).

Purtroppo la violenza è scoppiata ed ora è tremendamente difficile porvi rimedio.  Ma forse, come scrive Leonard Cohen “c’è uno spiraglio in ogni cosa” e dobbiamo assolutamente trovarla.

ANTHEM

The birds they sang                        Gli uccelli cantavano
at the break of day                          all’alba
Start again                                       ricominciamo
I heard them say                              li ho sentiti dire
Don’t dwell on what                        non soffermiamoci su ciò che
has passed away                              è passato
or what is yet to be.                         o che deve ancora essere.

Ah the wars they will                      Ah le guerre saranno
be fought again                                combattute ancora
The holy dove                                 la santa colomba
She will be caught again                 verrà ancora catturata
bought and sold                               comprata e venduta
and bought again                             e comprata di nuovo
the dove is never free.                     la colomba non sarà mai libera

Ring the bells that still can ring       Suonano le campane che ancora possono suonare
Forget your perfect offering            dimentica la tua offerta perfetta
There is a crack in everything         c’è uno spiraglio in ogni cosa
That’s how the light gets in.             ecco da dove la luce arriva

We asked for signs                           Chiediamo segni
the signs were sent:                           segni sono stati mandati:
the birth betrayed                              la nascita tradita
the marriage spent                             il matrimonio consumato
Yeah the widowhood                        sì la vedovanza
of every government                     di ogni governo
signs for all to see.                            segni che possiamo vedere tutti

I can’t run no more                            Non posso correre di più
with that lawless crowd                     con quella folla senza legge
while the killers in high places          mentre gli assassini nelle alte sfere
say their prayers out loud.                 recitano le loro preghiere a voce alta
But they’ve summoned, they’ve summoned up          ma hanno evocato, hanno convocato
a thundercloud                                                            una nube tempestosa
and they’re going to hear from me.                             e stanno per sentirmi

Ring the bells that still can ring …

You can add up the parts                 Potete sommare tutte le parti
but you won’t have the sum             ma non arriverete ad avere la somma
You can strike up the march,          potete iniziare a marciare
there is no drum                               non c’è nessun tamburo
Every heart, every heart                   ogni cuore, ogni cuore
to love will come                             arriverà all’amore
but like a refugee.                            ma come un esule

Ring the bells that still can ring…

(La traduzione è del sottoscritto, sostanzialmente un dilettante)

Cover: Leonard Cohen in concerto – foto Wikimedia Commons
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Alberto Poggi

Fisico di formazione, strimpellatore di chitarre per diletto, scribacchino per passione. Ho attraversato molte situazioni e ruoli nella mia vita. Da due anni sono ufficialmente un pensionato, ma non penso nemmeno lontanamente di andare in pensione con la testa. Non preoccupatevi però, sono un pigro nella scrittura.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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