Skip to main content

Il cielo è coperto, me ne sto rannicchiato in una stanza vuota. Stretto tra le facciate di terracotta della città vecchia, ad angolo con Saraceno, ascolto il silenzio dei vicoli, a pochi passi dal nucleo bizantino. Un microcosmo in cui ti lasci accogliere, dall’alto un rombo sinuoso spaccato dalla fenditura di Via Cavedone, che taglia l’isolato e incontra la bella e discreta Via Carmelino.

Sulla cassettiera uno stereo rotto suona i Marlene Kuntz rendendoli più rumorosi del dovuto, pochi libri sparsi: l’Eneide, Fenoglio, Ernesto De Martino, Kafka, Carlo Levi, Silone, Kapuscinski. Poi una bottiglia d’acqua, un’agendina, polvere e fazzoletti.

In questa dimora viva, che porta i segni del terremoto, il parquet scricchiola sotto il peso del corpo, le travi oscillano insieme ai passi scalzi, la casa accompagna i movimenti, sembra rispondere a logiche affini alle mie. Scrivo lettere su un monitor che affaccia sulla schiena del mondo. Le parole scorrono veloci e riempiono la pagina.

Verso la cucina si sentono i bambini dei vicini che giocano e portano la mente ai miei, lontani. Di fronte studenti universitari guardano come al solito la televisione, intanto apro questo grosso volume sulla poesia italiana del novecento e trovo Pavese:

“(…) mio povero vecchio,/ che non hai nulla al mondo,/ se non quel sogno tiepido e un odio disperato,/ io mi struggo di essere come te,/ io che vengo da tanto più lontano,/ ma che ho nel cuore il tuo odio/ e sogno i tuoi stessi sogni./ Verrà una notte,/ forse domani/ che m’accascerò come te/ sotto la nebbia in una via deserta, colla tempia spaccata,/ e sognerò l’ultima volta in quell’istante/ un cibo meraviglioso (…)”.

L’anima oppressa dello scrittore piemontese suona fuori luogo in questa primavera ferrarese. Il suo è un brano di novembre, al massimo gennaio, e noi siamo verso la vita, la potente illusione che dona l’Italia di marzo. Volto pagina. Mi rimuovo insieme al pavimento verso la luce.

Dalla finestra qualche passante porta al guinzaglio il cane, una città in cui passeggiano più cani che bambini vorrà pur dire qualcosa. Piccoli inconvenienti di un luogo che mostra parte del suo fascino nella decadenza, e il resto nella memoria:

“Ferrara cinquecento anni fa era New York”, è scritto su un muro da qualche parte.

Io cinquecento anni fa non c’ero, e ora vedo i vecchi soli, affacciati alle finestre, che quando muoiono lasciano i soldi ai figli e il posto agli universitari. Vedo il mio piccolo microcosmo in cui mi sento accolto: la pizza di ceci da Orsucci e il calzolaio Vittorio; l’artigiana della tana della tartaruga turchina con quell’aria lieve, dimessa; le piccole librerie; il geometra; la farmacia, la chiesa. Più avanti il ristorante greco messo in piedi da una coppia di albanesi. Poi i fruttivendoli pachistani e i loro bimbi dagli occhi vivi, neri, che se ne stanno tutto il tempo nei negozi, cresciuti dalle loro mamme bambine in strada, come si faceva una volta, mentre intorno tanti altri uomini e donne meglio vestiti preferiscono attardarsi nel ruolo di figli. E questa città illude che si possa vivere senza rimpianti.

Non c’ero cinquecento anni fa e a ben guardare nemmeno oggi, perché starsene alla finestra, al pc, o alla tv è un po’ aver abdicato alla vita, la quale sarà in mezzo alla strada o da qualche altra parte, certo non in queste parole sole, e non in questa stanza.

Mi risiedo e scelgo di riascoltare una canzone d’amore in cui alla fine le chitarre elettriche volutamente percorrono la pentatonica sbagliata, un po’ come a dire che l’esistenza può essere pure una declinazione di note e passi falsi, e che se le storie hanno un verso, tuttavia capita che siano percorse contromano:

E’ certo un brivido averti qui con me
in volo libero sugli anni andati ormai
e non è facile, dovresti credermi,
sentirti qui con me perché tu non ci sei.
Mi piacerebbe sai, sentirti piangere,
anche una lacrima, per pochi attimi.

Va già meglio. “Portami con te”, dice in una poesia dedicata al figlio Attilio, il poeta Caproni, e invece sa benissimo che il bello di questo mondo è che prima o poi ognuno è costretto a fare per sé, a prendere la sua strada, sperando che sia la volta buona, che sia il verso giusto, o perlomeno quello voluto.

tag:

Sandro Abruzzese

Nato in Irpinia, vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un istituto d’istruzione superiore. Per Manifestolibri ha pubblicato Mezzogiorno padano (2015). Con Rubettino ha pubblicato CasaperCasa (2018) e Niente da vedere (2022). Sul suo blog, raccontiviandanti, si occupa di viaggio e sradicamento

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it