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da: organizzatori

Dal 9 al 28 gennaio 2016 ExpArt studio&gallery, in via Borghi 80 a Bibbiena (AR), presenta “Pop Tales”, mostra di pittura, fotografia e scultura di Davide Camattari, Cinzia Aze e Andrea Brizi a cura di Silvia Rossi.
L’esposizione, a ingresso libero e gratuito, sarà visitabile dal martedì al sabato, dalle 15,30 alle 19,30, o su appuntamento.
Sabato 9 gennaio, alle ore 17,30, l’inaugurazione in galleria con l’aperitivo offerto da Bar Le Logge.
LA MOSTRA:
“Pop Tales” inaugura il 2016 di ExpArt studio&gallery con tre artisti e la loro originale collettiva.
Un percorso ampio che spazia dal pop tradizionale di Davide Camattari, passa per le polaroid di Cinzia Aze e arriva alle sculture di Andrea Brizi.
Una mostra all’insegna del colore e di quella leggerezza, assolutamente formale, che caratterizza sin dagli anni Sessanta questa corrente artistica. Un’atmosfera contemporanea che assume, a tratti, delle sfumature “vintage”.
Ritratti e mezzibusti sono i soggetti che, insieme, creano un assemblage tale da ricordare quelle pareti piene dei ritratti di famiglia. Del resto quei volti ci sono tutti più o meno noti: Spock, Frida, la Signora Fletcher, la Magnani… Persino le sculture, le cui fisionomie non sono quelle di qualcuno in particolare, ci rammentano figure a metà tra Nefertiti e gli anime giapponesi.
Davide Camattari è un artista ferrarese di origini sudamericane che parte dal mondo della grafica pubblicitaria, influenza che si legge fortemente nel suo approccio artistico. Appassionato di fotografia e videomaking, Camattari comincia a dipingere da autodidatta rifacendosi e mescolando tra loro la pop art americana e italiana, il futurismo e il costruttivismo. I suoi ritratti sono caratterizzati da poche sfumature e colori intensi, dove figurativo e geometrico si uniscono creando una sorta di collage pittorico. Interessante il lavoro di ricerca sulla scansione temporale, in cui due “fotogrammi” vengono affiancati in un unico dipinto, creando un interessante dialogo con lo spettatore. Solo di recente si è affacciato all’ambiente espositivo, raccogliendo velocemente interesse e consensi.
Nel lavoro di Cinzia Aze il collage diventa il protagonista assoluto. Partendo da polaroid “sbagliate”, Cinzia costruisce, a colpi di forbice e colla, nuovi volti per i suoi personaggi. Questi appartengono al mondo della tv, del cinema e dell’arte. Facce note che ci appaiono in un modo nuovo, ironico e irriverente. Opere di piccolo formato che racchiudono un modo intero di citazioni che sanno essere divertenti e intelligenti al contempo.
Aze vive e lavora tra le Marche e la Romagna. Viene da un percorso scandito dalla fotografia – prima analogica, poi digitale e quindi ancora analogica – finché approda nel mondo delle polaroid “sbagliate”, che le conferiranno successo e con le quali parteciperà a mostre proponendo, di volta in volta, lavori sempre più ricchi e accattivanti.
Le sculture in mostra appartengono infine ad Andrea Brizi, artista perugino. Dopo la maturità artistica si muove in modo poliedrico nel mondo dell’arte, lavorando come scenografo, illustratore e regista. Partecipa a vari premi di pittura, finché non decide di dedicarsi anima e corpo alla scultura, in cui trova la sua vera vocazione. Il suo stile mescola abilmente elementi arcaici con superfici lucide e inserimenti luminosi dall’aspetto futurista. Il lavoro che ne esce è deliziosamente articolato, capace di citare contemporaneamente elementi del mondo classico e postmoderno. Le superfici nitide ci rimandano, seppur con soggetti diversi, alle opere di artisti come Koons, mentre le forme eleganti e sinuose sembrano emergere dalle sabbie egizie. Androgine ma comunque distinte, le sue opere prendono i nomi di Albert e Lisa, in omaggio alle esplorazioni spaziali.
www.expartgallery.com

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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