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Ieri sera ha avuto l’avvio la nuova avventura che vede coinvolta la compagine politica di sinistra “Potere al Popolo“. Stare in uno dei quartieri più discussi della città, in Corso Piave 4a, a pochi passi dallo stadio, con la volontà di dare un’immagine diversa di queste zone che secondo il collettivo che ha dato il via a questa iniziativa, sarebbe distorta dalla propaganda di destra. Chiara Pollio, tra gli organizzatori, così racconta questa scelta: “Esserci a Ferrara serve. Noi siamo precari e abbiamo sentito questa esigenza perché non c’è nessuno che ci dia delle risposte tra le forze politiche, le quali fanno solo propaganda. Vanno riparate le strutture sociali e vanno riconnessi gli individui per far capire loro che i bisogni dei precari sono gli stessi. Bisogna quindi organizzare la loro rabbia e il loro disagio in maniera positiva”. Anche sulla questione lavoro Pollio chiarisce che “nessuna forza in campo parla della qualità del lavoro, di welfare, nessuno prova a organizzare le persone sulla base dei miglioramenti delle condizioni di vita da ottenere.” Alla domanda del perché la risposta in città dovesse arrivare da una nuova forza politica ha aggiunto: “Vogliamo essere una realtà politica perché crediamo sia un mezzo per cambiare la realtà e anche per questo vogliamo provare a partecipare alle elezioni regionali, nonostante tutte le difficoltà che ciò comporta. Vogliamo essere l’alternativa al Pd che ha privatizzato e centralizzato il potere nelle mani di pochi ed ha creato questo disagio sociale che viene cavalcato dalla Lega, la quale però dà risposte fatte di odio e xenofobia.” Concludendo sulla nuova apertura, Chiara Pollio ha terminato il proprio discorso dicendo che “la sede è uno spazio aperto al quartiere e alle persone. Saremo noi a doverci far conoscere e vorremmo diventare un punto di riferimento nel quale i ferraresi possano portare le loro domande, le loro vertenze, i loro bisogni quotidiani, per poter trovare insieme una risposta”.

Nel corso della serata, poi, è stato presentato anche il libro “Popolo chi?” (ed. Ediesse, 2019), nel quale gli autori hanno affrontato il difficile tema di descrivere chi è il popolo, ma con uno sguardo diverso dal solito. Tra gli autori anche Niccolò Bertuzzi, ricercatore precario alla Scuola Normale Superiore di Pisa, il quale ha così descritto questo testo: “Siamo alla ricerca di risposte e ci siamo concentrati sulla narrazione che si fa del popolo, soprattutto dall’alto. Abbiamo notato che non corrisponde al vero nella gran parte dei casi. Ad esempio il ‘razzismo culturale’ che si pensa sia intrinseco ai ceti più bassi della società in realtà non esiste, o non nella forma in cui la stampa mainstream  vorrebbe farcelo passare. Io parlerei più di ‘razzismo materiale’. Nei quartieri popolari gli italiani sono a stretto contatto con le persone straniere, e vedono quest’ultimi come dei competitors a livello lavorativo. La ricerca, seppur limitata a sole 60 interviste, fa apparire chiaro come la narrazione che è fatta del popolo sia faziosa e spesso abbia dei veri e propri fini elettorali”.

Tra gli intervenuti alla serata anche Lorenzo Piccinini, dello Sportello Sociale Bolognina, il quale ha descritto sia il lavoro fatto dal suo collettivo sia quella che è la situazione dei quartieri popolari a Bologna, dando la colpa dell’estremizzazione delle risposte elettorali anche al “tradimento” di una certa sinistra: “Siamo in una crisi profonda da anni. Una crisi non solo economica ma anche sociale. È evidente che l’élite abbia perso il consenso, e lo hanno dimostrato tanti appuntamenti elettorali diversi tra loro come la Brexit, le elezioni in Catalogna, il voto sul referendum in Italia, l’oxi greco e così via. La popolazione non risponde più a quelli che sono i ‘diktat’ calati dall’alto. Ma anche la sinistra è in crisi, avendo perso quell’egemonia che prima deteneva nel proprio elettorato. I motivi sarebbero tanti. Il primo è sicuramente il fatto che non esiste più una classe operaia come c’era negli anni ’70. Ma sicuramente il tradimento dei valori attuato dai partiti social-democratici e dai sindacati confederati ha peggiorato la situazione”.

La sede, da ieri operativa, sarà aperta tutti i lunedì e i giovedì dalle 17 e 30 alle 18 e 30 e ci sarà una riunione settimanale tutti i mercoledì dalle 18 alle 20.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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