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Da: Organizzatori

Un film documentario che ricostruisce le vicende che, attraverso l’escalation antisemita e razzista
iniziata con l’emanazione delle leggi razziali, portò migliaia di cittadini italiani di origine ebraica a non
sentirsi più parte dello stato. ‘1938. Quando scoprimmo di non essere più italiani’ è l’ultima fatica del
regista Pietro Suber, presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma da poco concluso, che
verrà proiettata e presentata dallo stesso regista sabato 3 novembre a partire dalle ore 21 presso il
Cinema Santo Spirito (Via della Resistenza 7) in una serata organizzata in collaborazione con l’Istituto
di Storia Contemporanea di Ferrara. La tematica è affrontata attraverso la narrazione di cinque storie
raccontate in gran parte dai diretti protagonisti non escludendo chi, all’epoca, era favorevole
all’applicazione di quelle disposizioni. Con loro gli altri testimoni, cioè quella stragrande maggioranza di
italiani che non aderì alle leggi razziali, ma neppure vi si oppose. Le storie sono ambientate
principalmente tra Roma, Ferrara, Fiume e Fossoli: come quella di una famiglia di ebrei fascisti, la
famiglia Ovazza, massacrata sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943, come la storia di un ebreo
romano, che decise di lottare contro la persecuzione e che riuscì a salvarsi amoreggiando con la nipote
di un collaborazionista fascista. Centrale nel docufilm è la vicenda del ferrarese Franco Schonheit e dei
suoi genitori, tutti sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Il discorso del regista mette in luce lo
sconcerto di quegli ebrei italiani che avevano messo a repentaglio le proprie vite durante la prima
guerra mondiale in difesa di quella che sentivano come a tutti gli effetti la loro patria che ora li tradiva
considerandoli come pericolosi nemici. Il lavoro di Suber mette bene a fuoco anche le diversità di
sentimento della società italiana di fronte ad una così drammatica privazione di diritti umani. La
maggioranza degli italiani infatti rimase indifferente a tali disposizioni, una agguerrita minoranza ne era
fermamente sostenitrice e una ancor più ristretta minoranza decise di ribellarsi a tutto ciò salvando, in
certi casi, anche migliaia di vite umane. Al momento di presentazione che precederà la proiezione di
sabato sera, moderato dalla presidente dell’Isco, Anna Quarzi, è prevista la partecipazione anche di
Cesare Finzi, autore del libro autobiografico Il giorno che cambiò la mia vita e diretto testimone della
furia antisemita.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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