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da Luigi Medas

Ciao Riccarda,
l’argomento di grande attualità che hai proposto è sicuramente interessante e, ogni volta che devo esprimermi su questi episodi, provo sempre vergogna nell’appartenere allo stesso sesso di certi esseri (non saprei qualificarli in altro modo). Certamente come uomo posso avere una mia idea, anche se sono cosciente del fatto che, una donna, vivendo in prima persona da sempre questo problema, ha un approccio diverso per quanto riguarda le sensazioni perché purtroppo non è esente dal rischio e quindi lo vive di più sulla pelle.
Pur essendo totalmente contro qualsiasi episodio di violenza e di prevaricazione, vorrei fare un leggero distinguo tra uno stupro e i casi che recentemente abbiamo letto a proposito di attrici alle quali è stato imposto di avere relazioni sessuali in cambio di opportunità per la loro carriera. Non vorrei essere frainteso, detesto qualsiasi persona che richieda prestazioni sessuali in cambio di un qualsiasi favore, perché lede la dignità, è una sottile e subdola forma di violenza che riduce a un mero scambio di interessi qualcosa di bello come la sessualità, ma nel caso delle attrici c’è stata la richiesta e quindi la possibilità di rifiutare.
Non sto a sindacare se sia giusto o sbagliato l’aver accettato, credo che in questi casi solo chi è coinvolto è titolato a motivare la sua scelta. Mi sorprende solo il lungo silenzio, una denuncia, un cercare appoggio e consigli da altre donne, sarebbe stato forse necessario, forse avrebbe potuto interrompere questa lunga serie di vergognosi comportamenti da parte del produttore. Ripeto, condanno assolutamente il gesto del produttore, ma credo che alcune delle donne interessate, molte delle quali attrici affermate, avrebbero senza dubbio avuto il potere di fermarlo con le loro testimonianze, non capisco il ritardo, considerando che, una volta uscite allo scoperto hanno cominciato a ottenere il risultato di isolarlo e questo è già un passo avanti.
Per quanto concerne lo stupro, invece, la situazione è tragicamente diversa, in questo caso non c’è trattativa, prevale la legge del più forte, c’è solo violenza, prevaricazione, umiliazione, abuso, si toglie alla vittima la sicurezza, la serenità, la visione disincantata del sesso, la gioia e anche la fiducia verso gli altri. La vittima precipita in un incubo e molte volte si colpevolizza (questo è uno dei danni maggiori). Ho avuto modo di vedere, per motivi di lavoro, gli occhi delle donne che erano state violentate per motivazioni etniche, in questo caso marchiate anche con l’estrazione di un canino, una sorta di timbro per farle riconoscere da tutti e aumentare così in loro il senso di disagio sociale: posso dire che nei loro sguardi qualcosa era andato via, si era veramente spenta la luce, con quel vile atto avevano tolto tutto a queste povere vittime, mai come allora mi sono vergognato di essere un uomo.

La mia personale e opinabile idea è più favorevole alla denuncia di questi vili atti, se non altro per arrestare una catena di eventi che potrebbe coinvolgere altre donne: denunciando l’aggressore gli si impedisce di continuare il suo vergognoso comportamento. Non condanno le donne che non denunciano l’aggressore, perché purtroppo viviamo in una società condizionata da millenni di dominio della mentalità maschilista, nella quale si tende ancora a dare la colpa alla donna se rimane vittima di questi episodi, invece di insegnare che una donna se si veste in un certo modo, se sorride, se è gentile o premurosa, non sta inviando messaggi sessuali è semplicemente sé stessa e che l’unico colpevole è lo stupratore.
Non so se riusciremo a maturare a tal punto da far sparire del tutto questo problema. Credo si debba far qualcosa con i più piccoli, insegnando loro che siamo tutti uguali e che non esistono cose da uomo e cose da donna, esiste la possibilità di stare bene insieme quando le volontà coincidono in caso contrario, qualsiasi forzatura è violenza e questa non può essere perdonata. I bambini devono essere i destinatari del messaggio di una nuova concezione dei rapporti tra sessi, loro crescendo possono cambiare qualcosa, per molti adulti è ormai troppo tardi, sono profondamente radicati in convinzioni sbagliate e di comodo, perché è ovvio che all’uomo questa situazione offre ancora vantaggi.

Per tutte le donne e gli uomini che se la sentono di raccontare #quellavoltache, Ferraraitalia dedica loro uno spazio.
Potete scrivere a ferraraitalia.social@gmail.com inserendo come oggetto “quella volta che”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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