Skip to main content

 

Resto affezionato al Teatro comunale di Ferrara, anche se da tempo non lo frequento. Non mi perdo le iniziative cosiddette minori, come quelle che hanno avuto (e spero avranno) per animatrice Agnese Di Martino.
Sono tornato a pensare, di fronte alle polemiche sollevate da nomine ai vertici della Fondazione, alla riapertura del Teatro negli anni ’60. Dal 2009 è una Fondazione, era Istituzione dal novembre del 1993. Prima era gestito ‘in economia’ dal Comune, attraverso un apposito Comitato di gestione. Anzi all’apertura, stagione 1964-65 si chiamava Commissione per la sorveglianza e la gestione del Teatro Comunale.

Della riapertura come Teatro se ne parla già nel dopoguerra. La struttura è usata per ogni genere di manifestazioni, ma non ospita stagioni teatrali. In quella palestra straordinaria di democrazia, che è il Centro di Orientamento Sociale, animato da Silvano Balboni, se ne parla nel luglio del ’46. Si discutono modalità di riapertura e forme di gestione, in un disegno che vede coinvolte altre strutture, come l’Auditorium e il complesso Boldini, nonché il Giardino Pareschi, per rappresentazioni all’aperto. Si ipotizza pure la realizzazione di un moderno teatro da cinquemila posti.

Scorro i nomi dei componenti la prima Commissione. Alcuni mi sono particolarmente cari: oltre ad Azzaroli e Passerini, dei quali dirò, sono, in ordine alfabetico, Cavallari, Chiappini, Felisatti, Fink, Pittorru, Santini, Sitti. Vedo di essere il solo sopravvissuto. Vero che ero il più giovane. Con Massimo Felisatti e Guido Fink ci scambiamo biglietti. L’attività allarma il sempre attento Presidente. Sono comunicazioni innocue: “Boari e Cavallari discuton con gran balle di come d’inverno si curino le stalle”, “A Felisazz piace il jazz”, “Guido Finco, non santo ma stinco”, ”Si sparge il panico: Passerini vuol parlare dell’organico”.

La Commissione – 17 membri compreso Presidente e Vice Presidente – è nominata dal Consiglio comunale ed è rappresentativa di tutte le forze ivi presenti. Presidente e Vice sono due persone straordinarie per impegno e cultura: Vittorio Passerini ed Eugenio Azzaroli. Questi, per me un fratello maggiore, sarà Presidente dal 1970 al 1980. Direttore è Mario Paoli e consulenti artistici Riccardo Nielsen e Maurizio Scaparro. Il 31 ottobre 1964 si inaugura con l’Orchestra del Teatro alla Scala. Mi riconosco – in loggione con moglie e una coppia di amici – nella foto dell’inaugurazione presente nella pubblicazione per i 20 anni del Teatro.

Molte le difficoltà risolte con buona volontà e creatività amministrativa: Azzaroli e Passerini, erano ottimi avvocati. Per restituire il Teatro alla città si dovette risolvere la questione dei diritti e delle pretese dei palchettisti. Ora non ne ricordo più i termini, ma so che anch’io mi ci applicai. Decisiva è stata la collaborazione degli uffici comunali, in tutte le vicende. Ricordo l’impegno e la competenza di un ragioniere, in particolare – credo si chiamasse Castellari – per garantire che i pagamenti alle compagnie fossero assicurati tra il primo e il secondo atto. Il Comitato, pur per nomina e composizione del tutto dipendente dal Consiglio, agì sempre con la massima indipendenza, senza ricevere alcun tipo di pressione, penso anche per l’autorevolezza della presidenza. Nelle stagioni 1968-69 e 1969-70, Vice di Passerini sono stato io, poiché Azzaroli era impegnato come amministratore locale. Forse l’autorevolezza ne ha un po’ risentito.

Un ricordo particolare del Teatro Comunale è – fine febbraio 1970 – la presenza di Dario Fo, con uno spettacolo che vogliamo – è un punto fermo della compagnia Nuova Scena – per i soli iscritti all’associazione promotrice. Io allora la presiedo. La presenza ostentata della polizia, porta alla sospensione dello spettacolo. Questo riprende quando induco i poliziotti in sala a lasciarla per venire ad ascoltare la discussione in corso nel Ridotto tra Presidente Passerini e Commissario. Sgridati dal superiore, che se ne accorge dopo qualche tempo, non me ne vogliono, ma lo spettacolo non può proseguire. C’è pure l’intervento di un pretore–spettatore, da me sollecitato e ignorato dal Commissario in contatto con il Questore. Seguono esposti e denunce, che non hanno seguito. Ci avrei tenuto. Allora più mi importava che la rappresentazione a Ferrara ci fosse, come poi è stato, e anche a Codigoro, dov’ero assessore. Anche là si è fatta.

Un bel ricordo sono i colloqui con poliziotti e carabinieri, più sensati dei loro capi. Il mio ragionamento è semplice: a qualificare come pubblico o privato un evento sono le sue caratteristiche, non la natura, pubblica o privata, della struttura. Se così fosse, come le questure in giro per l’Italia pretendono, chi usa un bagno pubblico sarebbe colpevole di atti osceni o contrari alla decenza. Cito una vecchissima sentenza, secondo la quale un bagno pubblico diventa privato quando taluno vi accede e torna pubblico all’uscita. Così è del Teatro, affidato a un’attività privata. Carabinieri e poliziotti capiscono benissimo, ma hanno degli ordini…

tag:

Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali – argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni – e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it