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Eravamo “quelli dell’Ulivo”, e ci ritrovavamo in alcuni luoghi in Strada Maggiore a Bologna alla ricerca di conoscenze e saperi per costruire quella ricchezza di idee da offrire alla politica.
Proviamo a sforare nella memoria di quel tempo e a tracciarne gli avvenimenti più rilevanti, come la caduta del muro di Berlino, la rottura del sistema bipolare del mondo, l’accelerazione dei percorsi della globalizzazione, per capire, anche oggi, che quell’idea aveva un senso, un profondo senso di nuova politica.
E in quel contesto anche l’Emilia Romagna si trovò a dover accettare la sfida: quasi una dovuta primogenitura per la centralità della città felsinea; e per i territori della sua lontana periferia, come quelli degli estensi, dopo un lungo decennio di stordimenti, pensarono di non doversi sottrarre.
I fondi strutturali messi a disposizione dall’UE per l’Obiettivo 2 (per il quadriennio 2000-2006),con una finestra nel Basso ferrarese costituirono la molla per uscire dall’addormentamento, risorse che si articolavano su due assi, e cioè: sullo sviluppo del territorio, 109 i progetti finanziati, 44.481 milioni di euro i contributi concessi, 77.722 milioni di euro gli investimenti attivati; sulla qualificazione e l’innovazione delle imprese, 118 i progetti finanziati, 3.436 milioni di euro i contributi concessi, 11.695 milioni di euro gli investimenti attivati. Sono stati coinvolti 21 comuni della provincia di Ferrara, una superficie complessiva di 1.432 kmq e 143.276 abitanti.
Ora, proviamo a passare dalle cifre ai contenuti e agli obiettivi che allora si dettero e che cerchiamo qui di sintetizzare, per capire e per fare tesoro di alcune considerazioni, anche in vista del dopo crisi di questi prossimi anni.
Fin dall’inizio abbiamo fatto nostra la posizione di chi nel dibattito tra economisti e istituzionalisti sosteneva l’idea di favorire lo sviluppo attraverso la responsabilizzazione dei soggetti locali, favorendo la cooperazione tra istituzioni e tra queste e i privati, con strumenti legislativi e finanziari e tutto il portato di innovazione che ciò comportava.
Si sono messe in campo responsabilità e dinamismo senza affidarsi ad un “centro” regionale o nazionale dispensatore di soluzioni, sostituendo la propensione al comando con la partnership. E questo per poter dare all’area del ferrarese la possibilità di sviluppare un nuovo distretto produttivo.
E’ stato studiato un lavoro integrato per rimuovere i dati strutturali propri di un “area svantaggiata” soprattutto nell’occupazione; e sulla qualità del contesto territoriale e della qualità delle pubbliche amministrazioni.
Se si tiene presente che gli investimenti sopra citati hanno avuto una ricaduta anche oltre il settennato, da dopo la crisi del 2007 fino ad oggi, e forse per altri due anni ancora, pochissimo si è visto sulle politiche delle infrastrutture, del sostegno e dell’attrazione delle imprese, del lavoro e dell’occupazione, e cioè di come contribuire alla costruzione e alla formazione della ricchezza e della sua crescita e distribuzione.
Dire che le istituzioni, locali e regionale, siano state ferme non sarebbe corretto; certo abbiamo visto costruire molte rotonde in città e nelle viabilità provinciali, alcune ristrutturazioni di angoli nei centri storici, anche l’inaugurazione dell’ospedale del Delta e, pochi mesi fa, anche Cona, molti chilometri di guard rail e qualche pezzo di circonvallazione est e della Cispadana, la vendita delle aziende municipalizzate ad Hera e un po’ di welfare sociale.
Ma nei sei anni di crisi, abbiamo visto soprattutto molta cassa integrazione (il monte ore più alto per abitante della Regione e del nord-est), una forte crescita della disoccupazione, anche giovanile, moltissime piccole aziende chiudere, i centri storici svuotarsi, e le relazioni sociali diventare abbastanza tese anche se, per ora, rimane abbastanza salda la coesione sociale dei ferraresi (anche a seguito del terremoto nell’alto ferrarese).
Forse si sperava in qualcosa di più, ma forse di più non era possibile. O forse quel necessario di più non è stato raccolto da Roma e Bruxelles, o non si è fatto rete e governance dei territori, dalla città al centese, dall’entroterra alla costa, al mare; oppure forse siamo noi ferraresi ancora troppo pigri, ancora indifferenti, ancora avvolti dalla nebbia, ancora conservatori.
In questo quotidiano, da tempo e fin dalla sua nascita nel novembre scorso, abbiamo scritto molto su come si potrebbe costruire il futuro nel ferrarese, e sempre nella visione di area vasta e nella ricerca di strumenti adeguati, risorse comprese e su dove trovarle.
Lascio al lettore le proprie riflessioni e considerazioni su queste note, anche se non posso sottacere che serve cambiare passo.
Fra non molto, il 25 maggio, saremo chiamati ad esprimerci; dovremmo entrare in cabina consapevoli che si tratta di cogliere una grande opportunità per scegliere quale Europa, quale Sindaco, quale Consiglio comunale, ma soprattutto, quale futuro vogliamo, per le persone, le comunità e per noi ferraresi.

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Enzo Barboni


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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