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Il tema è ampiamente affrontato da molti e da molto tempo, ma credo possa ancora richiamare l’attenzione di un lettore sensibile all’ambiente e per questo lo riprendo volentieri.
La credibilità del sistema di raccolta differenziata e delle aziende operanti nel settore è fondamentalmente basata sulla necessità di offrire garanzie circa il rispetto degli obiettivi, non solo in termini di percentuali di rifiuti raccolti in modo differenziato, ma anche in termini di qualità del differenziato stesso. Per coniugare questi vari fattori è necessaria l’adozione di strumenti collaudati e credibili, finalizzati ad aiutare le aziende ad organizzare le attività, razionalizzando i processi e riducendo le diseconomie ma, che al tempo stesso, offrano gli opportuni canali per valorizzare gli sforzi profusi e i traguardi raggiunti. Maggiore trasparenza deve essere posta ad esempio sui criteri con cui raggiungere dette percentuali, smascherando in alcuni casi risultati apparentemente positivi, ma ambientalmente discutibili. Confondere ancora tra raccolto e riciclato non conviene a nessuno, né utilizzare differenti criteri per definire le percentuali dei quantitativi raccolti.
A livello normativo vi sono direttive e norme specifiche da oltre un decennio; si ricorda solo che la normativa italiana ha indicato obiettivi graduali (ovunque disattesi) richiamando oltre ad elementi quantitativi anche la opportuna necessità di attenzione agli impatti del riciclaggio.
Da parte di molti esperti e dall’analisi economica di molti studi emerge ormai in modo chiaro come elemento centrale del sistema integrato dei rifiuti sia la complementarietà e non certo la contrapposizione fra diverse tecniche e soluzioni; la complessità del settore richiede dunque che siano messe in campo tutte le soluzioni possibili in modo sinergico ed integrato. La questione critica e fondamentale è allora con quali proporzioni e con quali obiettivi e questo lo si deve ritrovare attraverso una approfondita analisi delle peculiarità di quel determinato territorio (quali risorse, quali strumenti, quali criticità, quali possibilità, etc).
E’ complesso stabilire quale sia la soglia oltre la quale i benefici del recupero di materia sia vantaggiosa rispetto ai costi da sostenere e dunque cercare di far emergere la convenienza delle forme di recupero; ciò dipende anche in buona misura dall’effettiva risposta dei cittadini alle raccolte differenziate, dalla praticabilità di soluzioni come la raccolta porta a porta o il compostaggio domestico, ma anche da altre circostanze; l’opportunità di valorizzare il calore generato dagli impianti di incenerimento oltre che l’energia elettrica; la disponibilità di flussi di altri materiali che, miscelati ai rifiuti urbani, possono renderli più facilmente collocabili; le condizioni locali dei mercati dei materiali più difficoltosi da trasportare come gli inerti. Rimane allora da valutare quali sia la migliore soluzione possibile e per fare questo serve un’analisi di dettaglio sia del materiale immesso sia della capacità di raccolta differenziate e della possibilità di reale riciclo. A questo proposito, vale la pena ricordare che per “raccolta differenziata” si intende quanto separato alla raccolta in base al tipo e alla natura dei rifiuti (anche alla fine di facilitarne il trattamento), mentre per “recupero” si intende ogni operazione utile all’utilizzo di materiale in sostituzione di altri.
Al fine di offrire un contributo al complesso tema delle raccolte differenziate, di seguito si esprimono alcuni pareri e si pongono all’attenzione alcune osservazioni che si ritiene possano essere elementi di utilità nella predisposizione dei piani e nella impostazione dei sistemi di gestione. Naturalmente non si ha la presunzione di aver esaurito le questioni aperte né di avere soluzioni pronte, anzi si auspica che, anche con questo documento, sia possibile sviluppare un più ampio ed approfondito confronto su questi temi complessi, non più rinviabili. L’impostazione proposta, molto sintetica e puntuale, si auspica possa permettere l’arricchimento di ulteriori contributi.
Lo spirito guida della programmazione deve tendere alla ricerca del massimo riciclo (non della massima raccolta differenziata), indipendentemente o comunque senza limitarlo dal raggiungimento di uno specifico obiettivo generale che potrebbe essere non il massimo raggiungibile. E’ importante allineare tutti gli ambiti su livelli omogenei di raccolta differenziate, sempre però senza limitare le iniziative laddove tale obiettivo è stato raggiunto ed in cui è possibile ottenere risultati ancora migliori. Opportuno dunque definire con criteri innovativi le raccolte differenziate (possibilmente con obiettivi di riciclo per materiale, calcolato sulla base dell’immesso in sintonia con le direttive europee).
Le diverse tipologie di raccolta (differenziata e indifferenziata) vincolano infatti e spesso e dipendono dal tipo di trattamento che si intende avviare nella seconda fase e dal livello di rifiuto indifferenziato che viene avviato direttamente all’impianto. I livelli di recupero sono a loro volta funzione della capacità di riciclaggio dei materiali (carta, vetro, plastica, legno) che dipendono dal mercato del riciclaggio.
Dalla scelta di queste opzioni deriva la fase finale di uso ed impatto sul territorio. La scelta tra le diverse opzioni viene a dipendere dall’effettiva capacità del sistema di riciclare materia e recuperare energia usando il rifiuto come combustibile o ammendante, oltre che dalla specifica struttura territoriale. L’area provinciale nella definizione di questi criteri potrebbe ridurre l’opportunità di trovare soluzioni di area più vasta e dunque la possibilità di una generale pianificazione di un sistema integrato regionale.
Per quanto attiene più in generale le raccolte differenziate si ritiene che possa essere utile richiedere l’obbligo di certificazione di avvenuto riciclaggio. L’analisi della destinazione dei materiali derivanti dalle operazioni di raccolta differenziata è diventato un elemento fondamentale per la trasparenza del servizio prestato e per la garanzia di rispettarne le regole. I cittadini talvolta infatti sono scarsamente motivati alla collaborazione perché temono che poi il risultato finale non corrisponda a quello dichiarato; per troppi permane infatti ancora il dubbio che “tutto poi finisca in discarica”. Abbiamo dunque il dovere di certificare l’avvenuto riciclaggio con procedure e regole chiare, meglio se controllate e appunto certificate da terzi autorizzati per tale attività (vedi tracciabilità).
Anche la qualità del materiale raccolto legato ai concetti di impurità e scarto è un tema che richiederebbe maggiore attenzione. Deve crescere la consapevolezza che il materiale pulito da impurità (altri materiali) ha una migliore possibilità di riciclo e dunque un valore maggiore. Tale impostazione è già da anni presente negli accordi Conai che appunto remunerano la qualità del materiale, ma non pare sia stata sufficientemente sollecitata ai cittadini, spesso poco attenti su questo tema che deve essere meglio promosso. Un approfondimento si ritiene utile fare sul problema delle quantità totali degli imballaggi immesse sul mercato: poiché gli imballaggi rappresentano circa un terzo in peso e la metà in volume, si ritiene possano essere favoriti accordi con associazioni di categoria ed eventuali incentivi alla selezione ed alla riduzione dei volumi, valutando anche la eventuale possibilità di ampliare gli accordi con le associazioni dei gestori.
Argomento conseguente e di grande importanza è la realizzazione di concrete forme di incentivazione o di premio ai cittadini particolarmente virtuosi, solo per chi supera con il proprio contributo la media ottenuta sul territorio.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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