Skip to main content

 

La nebbia ristagnava nelle strade e nei vicoli deserti. Tra le costruzioni di pietra dai tetti di tegole rosse si aggirava una giovane donna: camminava con gli occhi alzati al cielo, come se conoscesse a memoria il suo cammino, e con le mani teneva i seni sollevati verso l’alto. Dentro la veste trasparente i suoi fianchi eseguivano movenze lente e regolari descrivendo una serie di linee uniformi, senza interruzioni o angoli bruschi. Un lento snodarsi delle membra lungo il perimetro di un’armonia invisibile, una bellezza velata solo dalla nebbia. Sembrava dovesse camminare per l’eternità.

Un gatto grigio correva lungo le mura del paese e miagolava in preda a una inspiegabile eccitazione giovanile. Non aveva l’aria del felino a caccia di prede, piuttosto sembrava celebrare un rito festoso. Le sue narici aspiravano la nebbia.

Poi, in pochi minuti, la notte si dissolse.
E’ quasi l’alba e già metà del cielo si copre di chiarore, ma nell’antico palazzo le finestre sono ancora illuminate dai lampadari. Nel salone centrale sono riuniti da una settimana i più grandi sapienti della terra, vecchi dai capelli bianchi, due donne anziane e tre uomini più giovani seduti pensosi intorno a un grande tavolo di quercia. Non sono venuti a capo del Problema: nel corso di una settimana hanno proposte migliaia di nuove idee, hanno riassunto milioni di pagine, hanno enunciato migliaia di verità e altrettante opposte certezze. Adesso sono sfiniti. Manca l’uscita dal labirinto, manca il nesso tra queste infinite verità: resta il Problema.

Il tempo a disposizione è scaduto, fra poco sarà giorno e i popoli non sono più disposti ad attendere. Il Presidente, uno dei più anziani, si alza in piedi e pronuncia il tanto temuto discorso di abdicazione:
“Signori – declama con aria grave, la fronte solcata da una profonda ruga verticale – il nostro compito si è esaurito. Le parole da voi pronunciate in questi giorni di lavoro appassionante resteranno per sempre nella memoria della Storia, ammesso che in futuro si conservi questa facoltà. Ma bisogna farsi coraggio: non siamo stati all’altezza del compito, anche se ci siamo impegnati al limite delle nostre forze. Non abbiamo nulla da rimproverarci, però so bene che non sarà questo a risarcirci della delusione. Anche se il tempo a nostra disposizione fosse stato di un mese e non di una settimana il risultato non sarebbe cambiato, questo ormai è chiaro: non siamo stati e non siamo in grado di risolvere il Problema.
Le nostre conoscenze, il nostro intuito, la nostra immaginazione, per quanto vasti e vividi, hanno avuto come risultato solo frammenti di verità, ipotesi infondate e intuizioni vaghe. Tutti i tentativi di spiegazione e soluzione globale del Problema si sono rivelati fallaci. Sospettavamo che simili soluzioni non esistevano, che si trattava di chimere, ma avevamo il dovere di tentare. Non per presunzione – spero che in futuro le nostre vere intenzioni non verranno fraintese – ma perché agli uomini tutti era necessaria questa soluzione. Un solo risultato abbiamo ottenuto, un risultato che finora nessuna comunità scientifica o accademica aveva mai raggiunto: abbiamo ragionato ascoltando le idee degli altri senza mai accapigliarci o cercando di prevalere con la prepotenza o i sofismi sulle opinioni altrui. Già questo è un successo sovrumano. Ma naturalmente non basta a risolvere il Problema. Possiamo dire che abbiamo agito per il bene dell’umanità, ma abbiamo fallito: la soluzione del Problema richiedeva altri uomini, uomini che probabilmente non esistono.
Signori, con dolore rassegno le mie dimissioni e mi assumo tutte le responsabilità del fallimento. Sono pronto a pagare il prezzo dovuto e nella mia veste di Presidente darò inizio al sacrificio.”

Appena pronunciate queste parole il vecchio sollevò le mani all’altezza del viso e con un solo, debole gemito si strappò dalle orbite i grandi occhi celesti. In un silenzio solenne li depone sul grande tavolo di quercia. La dignità e la calma con cui compie il rito ultimo, l’estremo gesto di rinuncia e di umiltà, contengono un invito, un obbligo morale al quale nessuno può sottrarsi. Tutti i presenti, in ordine di età, dal più anziano al più giovane, seguono il coraggioso esempio. Alcuni, i più deboli, sono scossi da brividi e singulti di pianto, ma non le due donne: si sottopongono al sacrificio con la stessa composta dignità del Presidente.

Dal tavolo di quercia occhi attoniti, tra lacrime e rivoli di sangue, osservano le orbite vuote che un tempo li ospitavano. Alla fine del sacrificio il Presidente raccoglie gli occhi con gesti incerti da cieco e li lega intorno a un filo di nailon fino a formare una collana. Poi la solleva e se la fa passare dietro la nuca: il rito è compiuto, adesso la collana è appesa al collo del Presidente. Sui volti dei presenti si può leggere adesso un’espressione di sollievo, come se fossero felici di essersi liberati di un grande peso.

Si prendono per mano fino a formare un cerchio e barcollando scendono le scale per raggiungere il portone che si affaccia sulla strada principale del paese. Al sorgere del sole escono dal palazzo ancora illuminato – qualcuno ha dimenticato di chiudere l’interruttore della luce che ora illumina il salone deserto – gesticolando goffamente, inciampando sulle proprie gambe e su quelle altrui. Poi timidamente sorridono e poco per volta cominciano a ridere, in modo sommesso prima e poi rumorosamente, come una comitiva di ubriachi. Tenendosi sempre per mano proseguono nel loro girotondo e si allontanano per le vie deserte, seguiti dal gatto grigio che continua a scorrazzare per le strade e a miagolare.

Dall’alto un falco pellegrino comparso all’improvviso li tiene d’occhio e volteggia sulle loro teste. Forse è attratto dalla collana del Presidente. La giovane donna prosegue il suo cammino danzando nella nebbia col viso rivolto al cielo.
Ma qualcuno si aggira furtivo tra i vicoli e gli angoli delle case di pietra: è uno dei sapienti, il più giovane, l’ultimo. Nessuno poteva più vederlo e lui, più furbo degli altri, ha deciso di non sacrificare i suoi occhi. Adesso con i capelli neri scompigliati, lacero come un vagabondo fugge da tutti, sospettoso, perseguitato dal rimorso di Giuda, dal timore della vendetta e da un’idea che lui solo conosce. Un’idea che non potrà raccontare a nessuno perché nessuno gli crederà.

tag:

Sergio Kraisky


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it