Skip to main content

di Anna Maria Fioravanti 

Corcos, un “artista fatto per piacere, come la sua pittura, attenta, levigata, meticolosa: donne e uomini come desiderano d’essere, non come sono”, scriveva Ugo Oietti nel 1933.
Ritrattista della ricca società internazionale e dei più importanti intellettuali dell’epoca, il livornese Vittorio Matteo Corcos (Livorno 1859-Firenze 1933) perfezionò il suo stile inconfondibile a Napoli con Domenico Morelli, poi, accanto a De Nittis e all’abile mercante Goupil a Parigi, dove soggiornò per sei anni, dal 1880 al 1886. Virtuosismo tecnico, ricerca della bellezza ideale e solida preparazione culturale plasmano fatalmente la sua attenzione per la sofisticata eleganza di un mondo femminile elitario, dove donne bellissime e di alto rango impongono un modello estetizzante, misto di realtà e finzione. Frequentazioni ‘giuste’ lo mettono in contatto con Degas, Manet, Caillebotte, Zola, Edmond de Goncourt, De Nittis, arricchendo così della lezione naturalista la tenuta figurativa, la sicurezza del tocco, gli abili accordi cromatici di ritratti femminili a pastello alla Watteau.

corcos
Vittorio Amedeo Corcos, Autoritratto, (1913), Galleria degli Uffizi, Firenze

In realtà, i suggerimenti dell’Impressionismo non lo attirano, tanto che più volte dichiarò i propri dubbi e resistenze nei confronti dell’avanguardia francese. Al contrario, a Parigi, Corcos era considerato il “peintre des jolies femmes”, creature dalle carni rosee, dalle labbra rosse come il sangue, dai glauchi occhi lucenti, dai veli bianchi”. Se da un lato il suo realismo esasperato e quasi fotografico è alla base della lunga e fortunata carriera di ritrattista di successo, conteso dalla mondanità più esclusiva, dall’altro l’incomprensione della critica modernista sottolineava il suo stile conservatore, desideroso di compiacere i gusti del pubblico.
Verso la fine dell’Ottocento le richieste per i suoi ritratti s’intensificano, allargando il giro alla committenza imperiale (ritratti di Guglielmo II, della moglie Augusta Vittoria e di Amelia d’Orleans 1905). Qui Corcos ricorre alla tradizione aulica della ritrattistica di corte di età neoclassica attingendo a modelli di Mengs, Batoni e Giovanni Battista Lampi, perfezionando una forma di ritratto mondano adatto a celebrare principesse ed anche celebri artiste di teatro come la soprano Lina Cavalieri (1903). Ed è proprio in questo ritratto che si confronta con Giovanni Boldini, l’altro grande ritrattista interprete, più di lui, dello spirito della donna moderna, eroina letteraria ma colta con “effetto di verità” dal tocco disinvolto ed eccentrico: come Boldini, anche Corcos ha grande capacità di captare e fissare sulla tela lo ‘status’ delle sue modelle e rendere il dettaglio prezioso sia esso un tessuto o un’ambientazione.
Ma il gusto descrittivo non sempre è finalizzato ad accentuare i risvolti emotivi, psicologici e sentimentali. A smentire tale affermazione un po’ affrettata che nasce ai margini della vasta antologica (con più di 100 opere) di Padova, è il dipinto intitolato “Sogno” (1896), un quadro giudicato modernissimo fin dalla sua prima esposizione. Corcos raffigura una giovane donna, Elena Vecchi, vestita con sobria e raffinata eleganza. Seduta su una panchina dove sono posati tre libri, un cappellino di paglia e l’ombrellino, protende lo sguardo intenso verso lo spettatore. Anche la posa disinvolta con le gambe accavallate e il mento posato sulla mano, esprime tutta la sicurezza della giovane donna intellettuale moderna, che non teme di mostrarsi inquieta e appassionata come simbolicamente indicano i petali di rosa sparsi a terra.
E di nuovo vediamo l’artista attratto dal simbolismo in una grande opera “Lettura sul mare” (1910), dipinta a Castiglioncello dove risiedeva per lunghi periodi in una lussuosa villa situata a Punta Righini (quella villa sarà acquistata poi nel 1963 da Alberto Sordi). Qui è la figliastra Ada a rappresentare con sguardo malinconico le inquietudini giovanili in un chiarore abbacinante, con il mare alle spalle, in abito bianco: è seduta al centro fra due giovani ragazzi con un libro aperto sulle ginocchia: uno è sdraiato sul muretto, l’altro è seduto. Tutti sono assorti, chi nella lettura, chi in riflessioni su quanto letto.
I tre libri dalla copertina gialla delle edizioni Flammarion sono in bella vista in primo piano. Un iperrealismo magico ferma l’immagine come un fotogramma e lascia nella luce bianca sottili segni di inquietudine. Quell’inquietudine che Pascoli, Carducci e D’Annunzio, assidui frequentatori del salotto letterario fiorentino della famiglia Corcos e del cenacolo del Marzocco hanno interpretato con grande maestria.
Un deciso rinnovamento di mezzi espressivi e delle tecniche pittoriche che molto debbono alla fotografia, lo faranno emergere come protagonista nella rappresentazione della vita moderna, di quello spirito anticonformista ed elitario che caratterizzò l’epoca dannunziana del decadentismo. Monumentale è il ritratto della famiglia Moschini (1910), dove l’individuazione delle figure della madre attorniata dai quattro figli e dal padre seduto al limite della scena, contro lo sfondo del litorale livornese di Castiglioncello giunge alla traduzione fedele delle fattezze dei modelli ritratti nei loro raffinati ambiti estivi. E, come una foto d’epoca, ci restituisce il clima sentimentale e mondano in cui l’opera si cala. Nel virtuosismo di una gamma coloristica rosata che esalta gli incarnati, le vesti, la balaustra marmorea, il ritratto della famiglia Moschini rientra nell’atmosfera rarefatta preraffaellita di Lawrence Alma Tadema (1836-1912), in cui figure panneggiate all’antica sono ritratte sullo sfondo di paesaggi marini e avvolte da romantico languore e raffinata indolenza.
Tutto ciò lascia affiorare il milieu culturale dell’alta borghesia e dell’aristocrazia che amavano essere celebrate secondo un gusto nutrito di cultura letteraria e figurativa e da una sensibilità psicologica profondamente in sintonia con la temperie culturale del tempo che l’artista coglieva nello sguardo dei suoi effigiati tanto da affermare: “In un ritratto quel che conta sono gli occhi: se quelli riescono come voglio il resto viene da sé”.
Che Corcos sia stato affascinato dal gusto decadentista di Alma Tadema e dalla sua rivisitazione dell’antico come prototipo della bellezza e armonia universale lo denunciano i precisi richiami che spesso affiorano nelle sue opere come i petali di rosa, le pose sensuali e le scenografie classicheggianti. Nel bellissimo dipinto “In lettura sul mare”, il giovanotto in impeccabile abito di lino bianco disteso sulla balaustra, è citazione letterale di famose opere dell’artista anglo-olandese, cui lo univano affinità elettive per la pittura elegante e purista e per la passione idealizzante dell’universo femminile.

Corcos. I sogni della Belle Époque, a cura di Ilaria Taddei, Fernando Mazzocca e Carlo Sisi, Padova, Palazzo Zabarella, Fondazione Bano, fino al 14 dicembre.

tag:

Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it