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da: Elbabook Festival

Aspettando trepidanti lo sbarco di Maisto, intanto che Visit Ferrara sta allestendo il suo spazio,
ecco cosa è successo ieri sera per l’anteprima, dedicata ai ferraresi e al terremoto del maggio 2012, suscitando la commozione dei presenti.

L’etica del giornalista a ElbaBook, ovvero l’anteprima dedicata ai ferraresi.
Le parole che lo speaker del Grr Giancarlo Rossi ha riservato per il pubblico all’anteprima di ElbaBook sono state amabili e rinfrancanti. D’altronde, è necessario possedere una ‘morbidezza’ di natura per gestire una realtà travolgente e ruvida, un’eccezione alla cosiddetta normalità, qual è la materia di un inviato speciale. Il primo festival isolano d’Italia dedicato all’editoria indipendente, difatti, ha aperto i battenti ieri sera con la presentazione di Senza illusioni. Un inviato si racconta. L’esordio narrativo di Rossi per i tipi de La Camera Verde racchiude 25 anni di reportage, dalla prima spedizione durante la guerra del Kosovo, ai voli notturni in mezzo ai militari sopra l’Afghanistan di Bin Landen, alla torrida attraversata dell’Iraq di Saddam. 25 anni di carriera che gli sono valsi la presidenza della Commissione italiana de Le Monde Diplomatique.

«Ho conosciuto il suo timbro di voce – ha esordito il direttore artistico Marco Belli – quando ho pubblicato il noir Porno Bloc, scritto a quattro mani con Lorenzo Mazzoni, sui pregiudizi razziali nei confronti dei primi immigrati rumeni. E la serata sarà focalizzata sul confronto tra due generazioni di giornalisti: una dallo spirito internazionale e l’altra impegnata nei meandri del locale. Giancarlo Rossi e Matteo Bianchi si confronteranno tra il mondo e la provincia, accomunati da un coinvolgente desiderio di espansione e di open space». Inoltre il giornalista di Rai Radio1 ha sempre perseguito eventi dal profondo valore etico che, a suo avviso, è andato via via perdendosi. Ai giardini del forum mondiale di Porto Alegre, dove “un altro mondo era possibile”, sono seguiti il G8 del 2001 e i moti No Tav, quando «la politica italiana e la repressione impiegata a concreti movimenti di protesta sono state vergognose, uno dei toni più bassi della nostra storia. Con queste pagine vorrei dimostrare che le stesse cause producono gli stessi effetti. Non si scappa».

L’antologia riflessiva raccoglie dieci servizi all’estero e dieci a eventi ‘caldi’ nazionali: «Il saggio – ha argomentato Matteo Bianchi – è una sorta di manuale del vissuto extraordinario. Si tratta di esperienze depositate in lustri di servizio e decantate. La caccia alla notizia di cronaca per i comunicati radio non gli permetteva di trasmettere una sua opinione critica a riguardo; qui dentro si è liberato, pur mantenendo una linea lucida e coerente, ma non risparmiando alcunché a nessuno. Tanto è vero che in alcune parti prevale l’insofferenza per la scrivania, ‘la prigione del desk’ di Saxa Rubra, facendo nomi e cognomi di raccomandati evidenti, o degli opportunisti più spudorati, senza polemiche né aggressioni, ma solo svelando il fatto compiuto (o peggio, scansato)». La simbiosi tra la disaffezione della popolazione nei confronti delle istituzioni e tra la funzione del giornalista e la sua possibilità d’incidenza è emersa inequivocabile: «Il giornalista – ha affermato Rossi – è sempre meno importante come mediatore tra gli organi di decisione politica e l’elettorato».

Abbandonate poi certe “faccende”, l’ospite si è premurato di concludere ricordando lo sguardo dei terremotati aquilani e quello successivo, nel 2012, degli emiliani. La sorpresa che li dominava e che li ha motivati a reagire con dignità ed efficienza: «Ho scelto di farlo per ringraziare i ferraresi che mi hanno accolto sull’Isola e che sono venuti numerosi ad ascoltarmi. Quel giorno di maggio gli anziani si scioglievano senza lamentarsi, i bambini provavano a passare il tempo giocando a pallone. Gli adulti scoprivano di non essere più padroni del loro destino, di non poter decidere nulla, di essere ridotti alla condizione di questuanti. Il responsabile del campo ci teneva a dimostrare di aver fatto un buon lavoro, ma devo dare atto a lui e a tutti quelli che lo hanno coadiuvato che per l’estate i tendoni erano già stati tutti smontati. Certo, i danni erano meno rilevanti rispetto ad altri terremoti del passato. Ma la burocrazia ha funzionato bene, nelle regioni colpite non solo parenti e amici, ma anche cittadini di buona volontà hanno messo a disposizione le loro case per ospitare sfollati. Anche l’economia ha retto alla scossa, uno dei distretti più importanti per l’industria italiana è sopravvissuto agli attacchi perfettamente legittimi degli squali concorrenti. Ricordo il lutto composto, e tanto più inconsolabile, dei familiari e dei colleghi, dei lavoratori morti per il crollo di una fabbrica, le delegazioni sindacali e i sindaci con la fascia tricolore, i parenti delle vittime, il loro viso scavato e senza lacrime».

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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