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da: Giorgio Bottoni

Caro direttore,
domenica 27, assieme a mia moglie, abbiamo partecipato al pranzo elettorale organizzato dal Circolo del PD di Filo e dalle conversazioni avute con i tanti amici ho avvertito che mi era sfuggita una lettera pubblicata il 30 marzo su FerraraItalia del presidente della Fondazione Primaro, che al ritorno mi sono andato a leggere. Poiché non venga minimamente inficiato quanto ho dichiarato nella intervista del 3 marzo, chiedo di reintervenire.

Quella del presidente è una sorta di precisazione abbastanza stravagante che sbaglia addirittura i termini. Definisce per due volte il Pds, quando questo era già diventato Ds. Per la precisione il Pds di Filo non ha mai avuto la titolarità dell’area delle feste benché ne fosse il proprietario effettivo avendolo pagato tramite la società immobiliare (I-Ma). La scelta di una soluzione autonoma Filo la compie nei modi che ho riferito nella mia intervista. Posso citare gli atti ufficiali. Infatti l’atto notarile è del 26 marzo 1999 e recita “Atto di cessione a titolo gratuito ai sensi della legge del 4 dicembre 1997, dall’Immobiliare Massafiscaglia da me diretta, a pagina 21 dopo l’elenco degli immobili ceduti alla federazione dei Ds di Ferrara, viene espressamente ceduto alla Unità di base (così sono state denominate dai Ds) Sezione Babini-Bezzi di Filo, con le indicazioni catastali riferii all’area ora denominata “Parco Coatti”. Fossi stato di Filo non sarei neanche andato alla costituzione di una fondazione, una inutile complicazione. A chi me lo ha chiesto per le mie conoscenze ritenevo sufficiente un atto che affermasse che ciò che era DS era diventato PD. Non discuto come è nata la Primaro, liberi di farlo. Ho descritto la vicenda vissuta a livello provinciale che riconfermo.

I punti cruciali sollevati dalla meritoria inchiesta promossa da FerraraItalia, a mio parere non è tanto l’attività delle fondazioni e loro trasparenza, ma sono le divaricazioni politiche (non è il comportamento di Egidio Checcoli che lo ritrovo impegnato alla organizzazione del suddetto pranzo), la sede separata e soprattutto quale destino, quale prospettiva e a quale titolarità dei patrimoni e dei beni prodotti da un generoso e appassionato volontariato? E’ questo che non va tradito.
Cordiali saluti.
Giorgio Bottoni

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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