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‘BeneItalia’, ‘Libera il bene’, ‘per il bene di tutti’, ma soprattutto bene comune: si parla dei beni confiscati alla criminalità organizzata che, grazie alla prima campagna promossa più di vent’anni fa da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, tornano a essere patrimonio, e quindi corresponsabilità, di tutta la collettività.

Fin dalla sua nascita nel 1995, Libera – il coordinamento di associazioni fondato da Don Luigi Ciotti – evidenzia come l’attività di contrasto alle mafie deve colpire con priorità assoluta gli aspetti patrimoniali ed economici delle organizzazioni criminali, soprattutto con la confisca dei beni e il loro riutilizzo per finalità sociali. Lancia quindi una raccolta firme per un disegno di legge che possa aggiungere un pezzo importante alla legge Rognoni-La Torre: il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.
Il 7 marzo 1996 viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 109, che rende finalmente la società civile protagonista della lotta alle mafie, attraverso la possibilità di riappropriarsi di spazi e crearne di nuovi in quei luoghi, sede o frutto di attività illecite, che prima erano il simbolo del potere dei boss.

Complessivamente, secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, (al 05 marzo 2020) sono 16.446 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 17.376 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Una ricerca di Libera ha censito finora 865 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20. Questi numeri dimostrano come la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali sia diventata un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Il valore di questi beni si sposta dunque dalla sfera economica alla dimensione etica dei percorsi scaturiti dalle esperienze di riutilizzo per finalità sociali. Non ci sono quindi solo i numeri, ma soprattutto le tante storie: quelle delle persone cui i beni sono dedicati, spesso vittime innocenti delle mafie, e quelle delle persone che ogni giorno lavorano fra mille difficoltà per riaffermare il valore e la cultura della legalità democratica e dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione contro la cultura della sopraffazione, del privilegio e della violenza della criminalità organizzata.

Fonte: www.libera.it
Fonte: www.libera.it

La legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie ha compiuto ventiquattro anni e i beni tornati comuni e condivisi sono i protagonisti di ‘Consumo responsabile’, la rassegna organizzata dal Coordinamento di Ferrara di Libera, insieme al Presidio Barbara, Giuseppe e Salvatore Asta del Centopievese di Libera e alla Pro Loco Voghiera, all’interno del programma della Festa della Legalità e della Responsabilità 2020, che si tiene dal 15 al 17 ottobre a Factory Grisù. ‘Consumo responsabile’ viene ospitata da Hangar Birrerie, che per i tre giorni della festa dalle 19.00 preparerà un aperitivo con i prodotti di Libera Terra, coltivati con agricoltura biologica e provenienti da strutture produttive e terreni sottratti alla criminalità organizzata.
Ne abbiamo parlato con l’avvocato Donato La Muscatella, referente del Coordinamento di Ferrara di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.

Quella in partenza è l’undicesima edizione della Festa della Legalità e della Responsabilità. Da dove è nata questa iniziativa?
La Festa della Legalità e della Responsabilità – fu proprio su proposta di Luigi Ciotti che si integrò il nome della rassegna con questa seconda parte – nasce, oltre dieci anni fa, dalla volontà di mettere a fattor comune le competenze, in questa materia, di tutti gli attori presenti sul territorio ferrarese.
Istituzioni e associazioni messe in rete per proporre seminari, eventi culturali, laboratori e proposte di riflessione sul tema, accomunate dalla volontà di rispettare il rigore scientifico dei contenuti, in un contesto che, già all’epoca, proponeva troppe ‘suggestioni’.
Suggestioni che, più che con la legalità democratica, sembravano avere a che vedere con la xenofobia, perdendo di vista, da un lato, le peculiarità delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e, dall’altro, la necessità di leggere qualunque regola, doverosamente, nell’ottica della nostra Costituzione.
Perché si credeva – e noi tutt’ora crediamo – che la legalità, priva del connotato che le attribuisce la democrazia, resti un concetto vuoto, proprio non dell’educazione alla responsabilità, ma della propaganda.

Nel tempo la formula si è modificata. Quest’anno come si svolgerà e qual è il ruolo del Coordinamento di Ferrara di Libera?
La Festa si è evoluta nel corso degli anni, anche in relazione al succedersi al tavolo degli organizzatori di partner differenti, che hanno espresso il proprio contributo e chiesto, talvolta, di modificarne l’impostazione.
Quest’anno, anche per i tempi ristretti nei quali è stata organizzata, ciascuna istituzione e associazione presente si è concentrata su singoli eventi presenti nella rassegna, dei quali ha curato autonomamente i contenuti e le modalità di proposta al pubblico.

Il tema della rassegna ‘Consumo Responsabile’ sono i beni confiscati e il loro riutilizzo sociale. Perché avete scelto questa materia?
Come Libera, all’interno dello spazio che ci è stato concesso, abbiamo voluto approfondire ciò che i beni rappresentano oggi, perché troppo spesso se ne coglie unicamente la dimensione economica e non quella, fortissima, di carattere sociale.
I beni confiscati rappresentano una modalità concreta di impegno su territori che hanno visto imperversare l’arroganza di chi ritiene che le regole si possano trascurare quando si ha il potere, restituendo non solo prodotti di qualità, ma lavoro vero e ‘pulito’.
A nostro avviso, in altre parole, sono un ottimo modo per attivarsi in maniera concreta, tangibile, reagendo alle diverse forme di criminalità organizzata.
È anche per questo che abbiamo scelto di unire a questi prodotti una riflessione sugli anni delle stragi, assieme a Margherita Asta, Referente Settore Memoria di Libera Emilia-Romagna, legando, così, memoria e impegno.

Ci può illustrare, sinteticamente, quali sono i passaggi per restituire un bene delle criminalità organizzata alla collettività?
Si parte con il provvedimento di confisca che, secondo i casi, può intervenire al termine di un processo, quando la condanna diventa definitiva o come misura di prevenzione, allo scopo di ‘congelare’, in presenza di specifici requisiti, beni che si ritengano frutto di attività illecita.
Parlando di beni immobili (appartamenti, fabbricati, terreni), il bene che, a quel punto, può dirsi ‘confiscato’, entra così nel circuito di gestione, che coinvolge lo Stato, gli Enti Locali nel cui territorio si trovano i beni e, naturalmente, le associazioni, che potranno sottoporre agli enti, nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, il proprio progetto di utilizzo per finalità sociali.
Una volta concluso questo percorso – che purtroppo, talvolta, dura molti anni – il bene può cominciare a ri-vivere attraverso la sua nuova destinazione, divenendo accessibile alle comunità che, per tanto tempo, l’avevano percepito come simbolo di illegalità.

Ci sono beni anche nella nostra città e Regione?
Si, certamente.
I dati dell’ANSBC (Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) a oggi riportano, nella nostra Regione, 631 immobili in gestione e 144 già destinati; tra questi, 8 sono collocati tra la nostra città e la provincia.

Questa pandemia rappresenta una ‘opportunità’ per le mafie, che possono a loro favore la pandemia il coronavirus per infiltrarsi ancora di più nell’economia e nelle società. Quali sono i settori più a rischio e quali i segnali cui bisogna fare più attenzione?
I rischi principali sono collegati alla crisi economica che stiamo vivendo (molto forte nei settori della ristorazione, del turismo e dell’edilizia), che potrebbe portare alcune persone a far ricorso a forme di finanziamento illegali, e dall’inevitabile tendenza a snellire le procedure, per poter rispondere alle esigenze immediate della società.
Sotto questo profilo, la comprensibile necessità di semplificare, in una condizione d’urgenza, il rapporto di cittadini e aziende con la Pubblica amministrazione non può e non deve trasformarsi in una ‘ghiotta occasione’ di infiltrare l’economia legale e riciclare danaro generato dalla violenza e dal sangue. Penso all’ampliamento degli affidamenti senza gara o alle accelerazioni delle verifiche antimafia.
Dobbiamo sempre ricordarci, anche quando si risente parlare di vendere in asta pubblica i beni immobili confiscati, che le mafie hanno già dimostrato di saper leggere bene e in anticipo queste dinamiche, cambiando modalità di azione e scegliendo quella, di volta in volta, più efficace per i propri scopi criminali.

Una delle ultime iniziative di Libera è proprio un patto per la ripartenza dopo questa terribile crisi, che ha messo in luce tutte le criticità del nostro modello produttivo e sociale. La campagna si chiama #GiustaItalia, ce ne può parlare?
#GiustaItalia è un manifesto di 18 proposte politiche concrete, da sottoporre al Governo, lanciato da Libera, Avviso Pubblico e da tante altre associazioni e sindacati, per rimpiazzare la cultura dell’emergenza con un modello di rinascita del Paese che non si basi sull’adattamento al presente, ma sulla costruzione di un nuovo modo di fare le cose, aumentando la trasparenza e riducendo le diseguaglianze sociali.
Un vero e proprio Patto di Responsabilità collettivo, che vuole cogliere questo momento per migliorare e migliorarci, anziché accettare il ritorno a una normalità, della quale già prima del virus conoscevamo i molti limiti.

Clicca sull’immagine per leggere il programma giorno per giorno di Consumo Responsabile

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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