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Novembre 2015. Carife sta aspettando da mesi il bonifico di 300 milioni del Fitd (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi), per una ricapitalizzazione deliberata in luglio 2015 dall’assemblea dei soci. Quei soldi tardano ad arrivare, perchè pende una interlocuzione tra Governo italiano e Commissione Europea, che sostiene che quel denaro (chiaramente erogato da un ente privato, essendo contribuito dalle banche italiane) sarebbe un “aiuto di Stato”.
Nel frattempo, un fiume di depositi continua ad uscire dalla banca, vista l’incertezza (in una banca gestita in quel frangente da coloro che dovrebbero essere i custodi della sua stabilità, ovvero i Commissari di Bankitalia, che non fanno nulla per rassicurare i clienti e trattenere quei soldi). In data 19 novembre 2015 Vestager (Commissaria alla Concorrenza presso l’Unione Europea) scrive a Padoan dicendo che un intervento del Fitd, di natura propriamente privata (poi denominato schema volontario), non sarebbe aiuto di Stato e non farebbe scattare il bail-in.
In data 22 novembre 2015 il governo Renzi decreta comunque la risoluzione delle 4 Banche, con le conseguenze che conosciamo bene. Risparmiatori azzerati dalla sera alla mattina, una banca che chiude la saracinesca e la riapre il giorno dopo con l’insegna “Nuova Carife”, i soldi di migliaia di famiglie che hanno creduto nel rilancio della loro banca locale, comprandone le azioni, cancellati con un tratto di penna. Un bail-in “leggero”, che in realtà “salva” solo i depositi liberi e le obbligazioni ordinarie, travolgendo il resto.

Aldilà delle storielle di macroeconomia raccontate in questi anni da rampanti professori per giustificare il misfatto, il diavolo si nasconde nei dettagli. E il dettaglio, in questo caso, sta proprio in quei quattro giorni. Il 19 novembre 2015 l’Europa scrive al Governo italiano che, se i soldi del Fitd vengono erogati a titolo di “contributo volontario”, la censura di aiuto di Stato verrebbe superata.
Niente bail in, niente risoluzione.
Il Governo italiano cosa fa?
Invece di aspettare i tempi tecnici che permettano al Fitd di creare al suo interno lo “schema volontario” – che infatti qualche settimana dopo verrà utilizzato per “salvare” Caricesena, impedendo di raderne al suolo il tessuto economico-sociale – quattro giorni dopo la lettera della Vestager, il 22 novembre 2015, decreta la “risoluzione” di Carife. Una morte e risurrezione che, fatta da un privato qualunque, lo farebbe inseguire coi forconi dai creditori imbufaliti. Invece il Governo Renzi la spaccia come il minore dei danni, mentre i creditori non se la prendono con lui nè con Murolo, ma con gli sportellisti. Una decisione politica, che ignora la via d’uscita offerta dall’Europa, accolta dal manipolo di parlamentari ferraresi di allora con una acquiescenza al capo (ora ridotto a farsi dare la mancia da un califfo che fa eliminare i giornalisti, allora enfant prodige della sinistra contemporanea) cui stento tuttora a credere. Ma è tutto vero, e infatti la propaggine piddina locale, identificata (e come poteva essere altrimenti) come l’indifferente ancella di chi ha deciso la demolizione del suo territorio, ha perso il governo locale dopo settant’anni. Dopo questo capolavoro, avrebbe perso perfino contro Naomo. Infatti ha perso contro Naomo.

Non sono i saggi economici, in questi casi, a mostrare la cruda sostanza di quanto accaduto alla carne delle persone: sono i romanzi. Cito dal romanzo Bankabbestia (l’ho scritto io, pazienza, mi perdonerete e se non mi perdonerete, pazienza). Chi parla, nel romanzo, è uno dei commissari (immaginari, per carità) di Bankitalia, che annuncia ai sindacalisti la risoluzione della banca con queste parole: “…purtroppo, non si è potuto evitare che gli obbligazionisti subordinati contribuissero in maniera significativa alla rinascita della banca. E’ stato un prezzo doloroso ma limitato. Del resto, in questo modo sono stati completamente salvaguardati i correntisti e i dipendenti. E non un solo posto di lavoro è andato perduto!” conclude, con un tono che parte contrito e sale fino a comunicare un inaspettato colpo di fortuna, una vincita alla lotteria. Invece, ci sta dicendo che ci fanno fallire e che espropriano il denaro dei nostri clienti. Non riuscirò mai a rendere con sufficiente accuratezza l’ammirazione che provo per questo genere di pornografica disinvoltura nel travisare le cose.

La decisione della Corte Europea di questi giorni rinnova il dolore e l’amarezza. Con questa decisione, definitiva, la Corte afferma che la Commissione Europea commise un “errore di diritto” nel considerare “aiuti di Stato” quelli concessi dal Fitd a Tercas. Ricordo che lì una pronuncia della Commissaria europea ci fu, ed infatti è stato possibile impugnarla. Nel caso di Carife, come sopra descritto, ci fu addirittura il contrario: l’Europa indicò una strada, ma il Governo italiano decise di non seguirla, e di fare pulizia della banca dissestata drenando il denaro dei risparmiatori: pensionati, dipendenti, artigiani, piccoli imprenditori, dipendenti della banca, loro amici e parenti che ne misero in dubbio la buonafede. Un massacro esistenziale, non solo sociale, del quale Ferrara pagherà il prezzo per decenni. Perché adesso si parla di risarcimenti per i danneggiati, ma aldilà delle perplessità per le possibili basi giuridiche di un simile ricorso se riferito a Ferrara, la storia non si è fermata e soprattutto non è possibile riavvolgerne il nastro.
Non ci meritavamo i Murolo, i commissari, Renzi e i suoi silenziosi accoliti locali, però li abbiamo avuti e li abbiamo subiti tutti, fino in fondo. Non so dire se questa sia la nemesi per una qualche colpa collettiva di cui ci siamo macchiati. Di sicuro i terremoti sono stati tanti, da quello fisico a quello economico, e hanno scavato ancora più nel profondo quella ‘busa’ nella quale viviamo.
Ci resta la bellezza malinconica delle emergenze urbanistiche, come certi sprazzi dell’Addizione Erculea, che dal Castello ci precipita nella piena campagna attraverso pochi passi che risuonano silenziosi sull’acciottolato più struggente d’Europa. Non è un patrimonio di poco conto, a pensarci bene.

In copertina:  Ferrara: corso Ercole I d’Este (foto Ferrara Terra e acqua)

 

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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