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da: Comune di Ferrara

Mercoledì 3 agosto 2016, alle 11, nella sala mostre del Museo del Risorgimento e della Resistenza (corso Ercole I d’Este 19) si terrà la presentazione della mostra ‘Rough Skin’ (Pellagra) a cura di David Gentilcore, testi di David Gentilcore ed Egidio Priani. Alla presentazione sarà presente Egidio Priani, Università di Leicester, introdurrà Antonella Guarnieri.
Tra la seconda metà del 1700 e i primi del 1800 venne introdotta nelle campagne italiane la coltura del mais. Tale introduzione trasformò gradualmente ma in modo irreversibile la fisionomia delle nostre campagne. Ciò che inizialmente apparve un cambiamento rivoluzionario ed estremamente promettente, grazie alla grande resa di questa coltivazione e alla sua capacità di sfamare larghi strati di popolazione, comportò tuttavia nel lungo termine effetti estremamente negativi. La coltivazione del mais alterò radicalmente i tradizionali modelli di agricoltura. Le condizioni di vita dei contadini e le loro abitudini alimentari vennero profondamente trasformate e subirono un epocale peggioramento. Tutto ciò si tradusse in fenomeni come l’ emigrazione di massa e la diffusione della pellagra.
L’iniziativa copre un arco temporale che va dal 1850 al 1900. Questa periodizzazione trae giustificazione, da un lato con l’inizio della massiccia manicomializzazione dei pellagrosi, in particolare negli asili veneziani; dall’altro, con il declinare della malattia in Italia.
La ricerca, culminata nella mostra e nel seminario che si terrà sempre al Museo del Risorgimento e della Resistenza mercoledì 10 agosto alle 18.30, ricostruisce ed analizza gli effetti più deleteri dell’introduzione del mais, in particolare quelli collegati alla pellagra, alla sua diffusione, alle sue conseguenze medico-sociali. Tra queste, la mostra si focalizza in particolare sulla “Mania Pellagrosa”, un disturbo mentale caratteristico della fase avanzata della pellagra, che fu la causa di numerosi ricoveri nei manicomi del nord est. Infatti, mediamente un terzo dei ricoverati nei manicomi veneti nella seconda metà dell’800 erano pellagrosi. Alla mostra si accompagnerà la proiezione di un breve filmato-documentario di circa 15 minuti, realizzato dalla documentarista londinese Martha Rosa McAlpine, con immagini e commenti dell’epoca, oltre a ricostruzioni di storie di vita.
La mostra risulta arricchita da cinque pannelli, frutto del prosieguo della ricerca delle studiose Mara Guerra e Magda Beltrami, già autrici del volume “Legate mani e piedi con rozze funi”…il volume pubblicato per i tipi di Tresogni nel 2015, all’interno della collana del Museo, che raccontano la storia del manicomio ferrarese e di alcuni degli internati pellagrosi.

La mostra sarà visitabile dal 3 agosto 2016 al 31 agosto 2016, dal mar. alla dom. :9,30-13 e 15- 18

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COMUNE DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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