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da: Obsoleta Teatro

Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile. E.H.

Il collettivo Obsoleta Teatro presenta Luce nell’ombra, atto unico ispirato a I diari di Etty Hillesum.
I diari riportano il percorso interiore della giovane ebrea olandese che nel 1942 scelse di unirsi ai prigionieri nel campo di smistamento di Westerbork, ultima tappa prima di Auschwitz.
Due anni di ricerca sul testo sono stati fondamentali per il collettivo Obsoleta Teatro per metterre in scena i pensieri di questo personaggio equilibrando nella drammaturgia parole, coreografie, canto, musica dal vivo e linguaggi audiovisivi.
Abbiamo preferito non raccontare una biografia, ma trasformare i pensieri di questo personaggio in luci, ombre, paesaggi sonori e visivi.
La ricostruzione scenica è un luogo-non luogo deputato alla reclusione, alla punizione, al controllo, ma è anche la stanza della rievocazione, dove affiorano odori, sentimenti, ricordi e dubbi.
È tempo di guerra e nelle parole di Etty Hillesum continuano a vivere desideri, utopie e speranze.
Diversi personaggi attraversano la scena, talvolta si esprimono in una lingua comune come parti di una stessa intimità, altre volte raccontano aspetti complementari della loro personalità.
Le tre figure sembrano lottare contro un’opposizione forzata dettata principalmente dal contesto in cui sono inserite, più che dalla volontà stessa dei personaggi.

La Hillesum traccia nel suo diario un racconto parallelo, fatto di immagini legate alla natura e al
paesaggio: fiori, boschi, fango, nebbia, cieli, strade cittadine riflettono stati d’animo, presagi, sogni,
ricordi. «Spesso il paesaggio esterno è per me lo specchio di quello interno in me c’è la grande immobile alba grigia, in me scorrono i fiumi e si innalzano le montagne (…)».

La scena prende spessore anche grazie alla tessitura sonora di Luca Ciriegi, eseguita dal vivo, che accompagna il riaffiorare di ricordi e pulsioni conferendo tridimensionalità alla narrazione.

La drammaturgia viene a comporsi di diversi strati, che corrispondono ad altrettante letture dei testi lasciati dalla scrittrice: la dimensione più intima e il poetico rapporto con Dio, il contesto storico, la forza dell’ironia, la lucidità con cui affronta il presente. Ritroviamo tra le pagine di questo diario le nostre stesse domande sulla vita e la morte, sul senso della guerra, sulle basi dell’essere umani.

Sviluppo del progetto teatrale

Il primo studio di Natasha Czertok su Esther “Etty” Hillesum risale al monologo In Khaim, corto teatrale finalista al premio Donna Mostra Donna di Roma 2011, e presentato al Festival dei Diritti di Ferrara 2011.
Dall’incontro con Greta Marzano e Chiara Galdiolo nasce lo spettacolo Luce nell’ombra, ispirato ai Diari e alle Lettere della Hillesum, selezionato al Premio Scenario per Ustica 2013.
Un importante punto di riferimento per una corretta filologia e per il rispetto del pensiero della scrittrice è stata la collaborazione tra Natasha Czertok e Roberto Cazzola, germanista ed editor di Adelphi che ha curato la nuova edizione delle Lettere di Etty Hillesum uscita nel novembre 2013.

Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile. E.H.

Sabato 5 Aprile 2014 ore 21

Teatro Julio Cortazar

via ricostruzione, 40

Pontelagoscuro – FE –

Obsoleta Teatro presenta “Luce nell’ombra”

Regia: Natasha Czertok
liberamente ispirato da I Diari di Etty Hillesum

Con: Natasha Czertok, Greta Marzano, Chiara Galdiolo

Musiche: Luca Ciriegi

Contributi video: Marinella Rescigno, Massimo Alì Mohammad e Monia Finessi

Luci: Giulia Generali

Fotografie di scena: Daniele Mantovani, Claudia Lo Presti

Organizzazione Samantha Biferale, Paola Leuci

Con il sostegno di Teatro Nucleo, Comune di Ferrara Assessorato alla Cultura, Festa del Libro Ebraico di Ferrara/Fondazione Meis

Con l’amichevole contributo di Roberto Cazzola (Adelphi Editore)

video promo: http://youtu.be/XszvelTyw9k

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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