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Ogni sistema vivente utilizza un proprio specifico linguaggio per comunicare. Il nostro corpo comunica continuamente attraverso la gestualità, la postura e il dolore. Anche quando non parliamo, il nostro corpo “spiffera” continuamente quello che pensiamo o proviamo. Non c’è parte di noi che non comunichi qualcosa: perfino la direzione dei piedi o il colorito dell’addome possono dare dei messaggi. Certamente ci sono parti più espressive, prima tra tutte il volto che attraverso la mimica esprime messaggi non verbali: una miriade di muscoli possono animarsi per dare luogo ad un’espressione e segnalare le più’ sottili sfumature di un’emozione. La comunicazione umana è infatti composta solo per il 7% dal linguaggio verbale e per ben il 55% dal linguaggio non verbale. Dopo il viso, le mani sono la seconda parte del nostro corpo più espressiva e vengono utilizzate inconsciamente per comunicare. Coprirsi la bocca è il gesto tipico di chi, inconsciamente, usa un bavaglio per evitare di dire il vero.
Alcuni di noi sono più consapevoli di quello che comunicano con il corpo, altri meno: per esempio, le donne hanno una discreta familiarità con i segnali che esprimono; lo stesso vale per gli attori o per chi, per motivi di lavoro (come i caricaturisti, i pittori in genere, i venditori, ecc.), deve sviluppare un particolare intuito per questa dimensione della comunicazione. La nostra espressività corporea dipende anche dalla personalità e dal proprio stato d’animo: c’è chi è di suo piuttosto freddo, analitico e ‘asettico’, i messaggi non verbali di questo tipo di persona sono piuttosto ridotti, proprio perché dispone di un alto autocontrollo. Sull’altro versante ci sono le persone emotive, che appaiono come ‘libri aperti’ e non riescono a frenarsi, nemmeno volendo. Certamente, incide molto anche lo stato d’animo: se le nostre emozioni sono molto intense, facciamo fatica a trattenerle. Se siamo in ansia, ad esempio, il nostro corpo ‘intona’ una vera e propria e sinfonia: abbiamo tic involontari al volto, la nostra vena giugulare sul collo si ingrossa e sembra un martello pneumatico, le nostre mani artigliano l’aria, cambiamo spesso posizione del corpo e saltelliamo con i piedi.
Possiamo anche mentire senza darlo a vedere. Alcuni individui particolarmente calcolatori o allenati riescono perfino a imbrogliare la cosiddetta “macchina della verità” che registra variazioni corporee veramente sottili.
Le tensioni, le posture, i malesseri del corpo ci indicano con chiarezza ciò che non va dentro di noi. Indipendentemente dalle parole utilizzate, le emozioni e i sentimenti più profondi vengono riflessi dai movimenti del nostro corpo. Ecco perché, proprio iniziando ad ascoltare i messaggi del corpo, possiamo guarire i nostri disagi, anche quelli più profondi. Saper decodificare questi segnali, conoscere le tecniche del linguaggio non verbale è un vantaggio enorme per riuscire a comunicare con efficacia. Il corpo è infatti lo spazio in cui si manifestano i segni più vistosi del nostro inconscio, la memoria di un passato più o meno felice o doloroso, in ogni caso mai sepolto. Eppure, proprio oggi, la civiltà dell’immagine sembra aver perso la capacità di prestare attenzione a quello che il corpo ha da dirci. Ma la comunicazione non verbale non è impossibile da controllare, ci sono una serie di gesti e atteggiamenti, posture e toni che possono trarre in inganno se utilizzati con bravura; in n una certa misura e in rapporto al nostro sesso, al nostro carattere e alle condizioni emotive, siamo in grado di esercitare una vigilanza su quello che esprimiamo.

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Nuccio Russo

È osteopata ed esperto in tecniche ergonomiche e posturali, studioso e ricercatore in anatomia craniale per lo studio delle cefalee. E’ nato e risiede in Sicilia, opera come consulente in diverse città fra le quali Ferrara, ed è conferenziere internazionale in Biofisica informazionale. Ama lo sport e la cucina macrobiotica.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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