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La pandemia pare abbia fatto della razionalità una funzione misteriosa, a volte ingombrante, addirittura considerata pericolosa o per lo meno limitante. Non avere esercitato la nostra mente alla razionalità può comportare però di essere facilmente vittime della scissione fra i due sistemi cognitivi resi famosi da Kahneman [Qui], psicologo israeliano premio nobel per l’economia, con il suo libro Pensieri lenti e veloci.

Non si tratta di due componenti anatomiche del cervello, ma di due modalità operative: il Sistema 1 consiste nei giudizi istantanei; il Sistema 2 nel pensarci due volte.

Il nostro barcamenarci per i mondi poco conosciuti, con cui l’aggressione della malattia ci ha costretto a confrontarci, ha fatto emergere quanto le persone abbiano difficoltà a misurarsi con i parametri della razionalità.

Questo dovrebbe essere un obiettivo dell’istruzione: padroneggiare gli strumenti intellettuali di un corretto ragionamento. Logica, pensiero critico, i modi ottimali per adeguare le nostre convinzioni e prendere decisioni, strumenti di ragionamento indispensabili per evitare la follia nella nostra vita personale e nelle politiche pubbliche.

Francesco Bacone [Qui] scrisse di un uomo al quale, condotto in una chiesa, era stato mostrato un dipinto che raffigurava dei marinai scampati a un naufragio grazie a un voto: «E dove sono dipinti» chiese l’uomo «quelli che, dopo aver fatto il voto, sono periti ugualmente?».

La razionalità non va di moda. Secondo un recente luogo comune vivremmo nell’era della “postverità”. Come dire che siamo al paradosso, considerato che l’affermazione non può essere vera. Se lo fosse affermerebbe qualcosa di vero sull’epoca in cui viviamo.

Insomma, la razionalità ci scarseggia, l’istruzione non ci aiuta. A ben vedere la nostra cultura umanistica riesce con straordinario equilibrismo a tenere insieme razionale e irrazionale, fisico e metafisico, dio, santi, madonne e miracoli con la fisica dei quanti.

Perché allora stupirsi se la pandemia da Covid-19 ha dato la stura al delirio nazional-fascio-populista della dittatura sanitaria, delle teorie del complotto, della malattia come arma biologica messa a punto dal nemico sinico, un trucco di Bill Gates per impiantare microchip tracciabili nei corpi delle persone, il complotto di una cricca di élite globali per controllare l’economia mondiale. La fiera della ciarlataneria e della cialtroneria  avallata da celebrità, filosofi e politici.

Inquietante. Ma ormai tutto si beve, come se intorno a noi fosse esplosa una grande maionese impazzita, che non risparmia i suoi schizzi né a destra né a sinistra. Sottomettere tutte le proprie credenze al tribunale della ragione e delle prove è una capacità innaturale, come saper leggere, scrivere e fare di conto, e, quindi, va appresa e coltivata.

È a questo che servono le scuole e le altre istituzioni, che hanno il compito di rendere le persone più razionali. Sviluppare la razionalità con cui nasciamo e cresciamo, il nostro buonsenso, la nostra capacità di cavarcela, usando gli strumenti di ragionamento più potenti messi a punto dai migliori pensatori nel corso dei millenni. Kahneman ha osservato che gli esseri umani non sono mai così irrazionali come quando proteggono le loro idee predilette.

Come conciliare la razionalità, che ha permesso alla nostra specie di cavarsela nelle diverse epoche, con i nostri sbandamenti, ossia i nostri bias, vale a dire pregiudizi, illusioni e fallacie cognitive? Come la nostra specie possa essere così intelligente e, tuttavia, venire tanto facilmente illusa?

Per quanto il nostro sistema cognitivo sia eccellente, nel mondo della complessità, delle conoscenze ancora sconosciute dobbiamo sapere quando ignorarlo e affidare il nostro ragionamento agli strumenti della logica, della probabilità e del pensiero critico, che estendono le facoltà della nostra ragione al di là di ciò che ci è stato dato dalla natura.

Nel XXI secolo, se pensiamo di basarci sul nostro istinto, sulla fiducia in noi stessi, assisteremo, come del resto sta già accadendo, al concreto rischio di mandare oltre le persone anche la nostra democrazia al cimitero.

Nonostante tutte le conquiste della scienza, i progressi tecnologici, l’affermarsi sempre più del principio di realtà, la mentalità mitologica occupa ancora vasti territori nel continente delle credenze mainstream. L’esempio ovvio sono le religioni. A vent’anni dall’inizio del terzo millennio  i “nuovi atei”, Sam Harris, Daniel Dennett, Christopher Hitchens e Richard Dawkins, sono ancora vituperati.

Principi base, per esempio che l’universo, per quanto riguarda gli esseri umani, non ha alcuno scopo, che tutte le interazioni fisiche sono governate da poche forze fondamentali, che i corpi viventi sono complesse macchine molecolari e che la mente è l’attività di elaborazione delle informazioni del cervello, non vengono mai spiegati, forse per timore di offendere sensibilità religiose e morali. Non deve sorprendere, quindi, che ciò che la gente ricava dall’istruzione scientifica sia un guazzabuglio sincretico, in cui gravità ed elettromagnetismo convivono con karma e poteri curativi dei cristalli.

Del resto nelle nostre scuole d’infanzia pubbliche è permesso inculcare per un’ora e mezza alla settimana a bambini di tre anni l’idea di dio e i principi di una religione, quella cattolica. Per poi continuare negli altri gradi di istruzione, con un’insistenza oraria soprattutto quando le menti dei piccoli sono più malleabili, vedi le due ore nella scuola primaria.

Pretendere di educare le intelligenze alla razionalità e alla logica quando si chiedono atti di fede è un paradosso, che però noi coltiviamo nell’assoluta indifferenza generale. La stessa con la quale siamo sedotti dalle sirene dei reduci del latino e dalla inossidabilità dei licei classici, dove ancora la matematica è insegnata per due ore alla settimana contro le diciannove riservate alle materie umanistiche.

Non dovremmo dunque neppure meravigliarci delle emozioni stupide ed illogiche degli esseri umani, quelle che fanno dire al signor Spock di Star Trek, che per lui sono una costante causa di irritazione e per questo non gli è mai piaciuto lavorare a contatto con gli umani.

Dall’assalto alla CGIL alle manifestazioni di piazza dei no-vax e dei no-pass, a nessuno dotato di razionalità piacerebbe lavorare a contatto di queste persone. La lezione che ci viene da questi due anni di aggressione del virus riguarda prima di tutto la razionalità, come recuperarla, come difenderla, come farla crescere.

Un’altra questione  che investe la scuola, contenuti, qualità e contraddizioni della nostra istruzione, della formazione che vendiamo, in cambio del loro tempo, a bambine e bambini, a ragazzi e ragazze.

Invece di inventarci nuove giornate da celebrare a scuola, nuovi format di educazione civica, la prima educazione è quella di far funzionare i cervelli, di allenarli alla ragione, alla logica, al pensiero critico, da subito, anziché indottrinarli con materie di fede. Allenarli almeno ogni giorno per le trentatré settimane di scuola di ogni anno.

C’è l’ecosistema del pianeta da salvare, ma se non curiamo prima l’ecosistema dei nostri cervelli  sarà difficile pensare per il futuro ad una esistenza sostenibile.

Per leggere gli altri articoli di Giovanni Fioravanti della sua rubrica La città della conoscenza clicca [Qui]

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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