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Il tuo amore è sceso su di me come un dono divino, inatteso, improvviso, dopo tanta stanchezza e disperazione. (Fëdor Dostoevskij)

Oggi è il 14 febbraio, si festeggia un pò ovunque il giorno di San Valentino, la ricorrenza degli innamorati, delle loro tenerezze, dei loro baci, abbracci, parole dolci, sospiri, carezze.

Si celebra “un po’ ovunque”, dicevamo, perché non tutti possono farlo liberamente. Non è permesso in Arabia Saudita, dove è vietato da un’interpretazione restrittiva della legge islamica, in Iran, in Malesia, in Uzbekistan e a Belgorod, città sul fiume Donec, a circa 700 km a sud-ovest di Mosca. Qui, nel 2011, il Governatorato della provincia e la Chiesa ortodossa hanno emesso, di concerto, una “raccomandazione” a tutte le scuole e ai locali pubblici perché non si parli del giorno di san Valentino (indicazione, peraltro, estesa a Halloween). La festa degli innamorati è considerata una minaccia alla “sicurezza spirituale”, promotrice di promiscuità e di sensualità più ché di amore…

Qualcuno ha scritto che tale bando sarebbe riferito, piuttosto, al fatto che la festività è di origine “cattolica” e “contraria alla cultura russa”. Ma questo è legato alle sue stesse origini misteriose. Leggende e tradizioni popolari narrano dell’esistenza di almeno tre martiri cristiani dal nome Valentino; si sa, poi, che il culto di san Valentino (da Terni) fu istituito, nel 496 d.C. da Papa Gelasio I per sostituire i Lupercalia, festa pagana omaggio a fertilità, erotismo e amore carnale.

La pratica moderna di celebrazione della festa, invece, centrata sullo scambio di messaggi d’amore e regali fra innamorati, risale probabilmente all’alto Medioevo e potrebbe essere riconducibile al circolo di Geoffrey Chaucer in cui prese forma la tradizione dell’amor cortese. Ma il giorno di San Valentino s’iniziò a festeggiare diffusamente nel XIX secolo negli Stati Uniti, evento che divenne presto commerciale e volto a incoraggiare l’acquisto e lo scambio di regali.

Il giorno russo degli innamorati sarebbe ben altro, l’8 luglio. Ricorre quando la Chiesa russa festeggia la memoria dei santi Petr di Murom e Fevronija, da novizi Davide ed Efrosinia, protettori della felicità familiare, dell’amore e della fedeltà, portatori di valori di forte legame e complicità. I russi si sono innamorati di questa nuova festa, il cui simbolo è il delicato fiore di Camomilla (Romàshka), istituita nel 2008 per promuovere i valori della famiglia, e sempre più coppie vogliono legalizzare la propria unione in estate e non d’inverno. D’altronde in estate tutto sboccia.

Prima della rivoluzione, l’8 luglio era la festa del Principe Petr di Murom (città della regione di Vladimir, a 300 km da Mosca) e della sua sposa, Fevronija, divenuti più tardi santi e simbolo delle fedeltà coniugale. I due sposi vissero a Murom fra il XII e XIII secolo, e Petr aveva voluto sposare la giovane di umili natali, che l’aveva guarito dalla lebbra con un unguento speciale, nonostante i notabili della città fossero contrari. Questi ultimi cacciarono i coniugi dalla città, ma la punizione divina non tardò e, dopo aver chiesto loro perdono, li pregarono di tornare a governare. Petr e Fevronija si guadagnarono l’affetto del popolo con la loro saggia amministrazione, volta al sostegno di poveri e deboli. Fevronjia dedicò la sua vita alla cura degli infermi. In vecchiaia i due coniugi, di comune accordo, pronunciarono i voti e vissero separati nei rispettivi monasteri fino alla fine dei loro giorni, chiedendo a Dio la grazia di poter morire lo stesso giorno. La loro preghiera fu esaudita. Le spoglie dei due principi, deceduti entrambi l’8 luglio 1228, furono esposte separatamente in due diverse chiese della città, ma la mattina successiva le salme furono ritrovate miracolosamente insieme in una bara a due posti che i coniugi avevano fatto costruire ancora in vita. Miracolo dell’amore. Per questo, gli abitanti di Mouron hanno chiesto di far rinascere la tradizione, celebrando l’8 luglio come la festa di Famiglia, Amore e Fedeltà. E così fu, cosi è, dal 2008.

Ci sarà pure chi, a Mosca, festeggerà questo 14 Febbraio, partecipando a concerti, cene, feste o eventi, tipo il festival dei cuori del Parco Sokolniki, i balli mascherati del giardino Hermitage, il tradizionale lancio delle lanterne volanti alla metro VDNkh, la più grande cartolina di San Valentino della città siberiana di Tjumen’, oppure chi si scambierà fiori colorati, regali-peluche-cioccolatini a forma di cuore e teneri ricamati bigliettini; ma noi preferiamo rimandare il tutto all’8 luglio e, in quel momento, farci gentilmente chiamare Fevronija, almeno per un giorno.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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